Pensieri su Motta Visconti
Adriano Sofri sulla terribile storia della famiglia sterminata nel paese "che, come ogni altro, non meritava di farsi un nome così"
Le informazioni diffuse dai giornali sul triplo omicidio nel paese di Motta Visconti, in Lombardia, sono un’aggiunta terribile alla terribile storia di un uomo che uccide la moglie e i due bambini: sulla confessione e sui modi di quella strage ha scritto su Repubblica Adriano Sofri.
Benchè la scena del crimine fosse meticolosamente costruita in modo da far pensare a una rapina “andata a male”, come si dice, era inverosimile che dei rapinatori si prendessero la briga di uccidere un bambino di venti mesi, che non avrebbe potuto testimoniare contro di loro. Questa ragionevole osservazione, pressoché universalmente avanzata, ha una conseguenza: che se è inverosimile che dei rapinatori sgozzino, oltre a una giovane madre e alla figlioletta di cinque anni, il piccolo di venti mesi, è verosimile che lo faccia il loro uomo, marito e padre. Da lui non era ragionevole aspettarsi che risparmiasse nessuno: doveva liberarsi della sua famiglia, dunque di sua moglie e delle due creature che da lei erano venute e con lei dovevano andare. Logica e morale hanno il loro banco di prova in fatti di cronaca nerissima come questo: non è del tutto vero dunque che siano incomprensibili, inconcepibili, pazzeschi.
Il caso è stato risolto rapidamente, come aveva auspicato il capo della procura pavese: nel giorno stesso in cui è stato risolto, a quasi quattro anni di distanza, un altro caso orribile, quello che aveva avuto per vittima Yara Gambirasio. Nel giorno e mezzo che è durato il mistero sul triplice assassinio di Motta Visconti, abbiamo fatto in tempo a sentire un gran numero di testimoni accorati assicurare che quella era una famiglia felice, esemplarmente felice. Ecco un’altra nozione che la cronaca nera dichiara sospetta se non losca: la famiglia felice. Viene voglia di correggere Tolstoj così, che tutte le famiglie felici sono infelici a loro modo. Non è così, naturalmente, e ci sono davvero famiglie felici o semplicemente affettuose, pazienti, rispettose, altruiste. È Dostoevskij, e non Tolstoj, a render conto di un avvenimento come quello del sabato notte di Motta Visconti, la notte di Italia-Inghilterra.
(continua a leggere sulla rassegna stampa del sito di Manuela Ghizzoni)