Medellín è cambiata
La città colombiana simbolo del narcotraffico, della violenza e della povertà, è diventata più bella e sicura grazie a un sistema di urbanistica sociale e al "corporativismo cattolico"
«Fino a pochi anni fa, nessun estraneo avrebbe osato mettere piede in Comuna n.13, un tempo il quartiere più pericoloso di Medellín, seconda città della Colombia. Ora le agenzie di viaggio offrono tour per osservare i tanti murales del quartiere o per risalire sulla lunga scala mobile i ripidi crinali della valle dove si trova la città». Così scrive l’Economist per spiegare come Medellín sia diventata un modello di sviluppo urbano per l’intera Colombia – e non solo.
Medellín è il capoluogo del dipartimento di Antioquia: si trova in una valle della cordigliera andina ed è il principale centro commerciale di una regione agricola e mineraria. Fu fondata nel 1675 ma conobbe un rapido sviluppo solo nel corso del Diciannovesimo secolo, dopo la costruzione della ferrovia. Nel corso del Novecento Medellín è stata considerata la città simbolo di un potente cartello di trafficanti (quello di Pablo Emilio Escobar), di violenza e povertà. Ma ora la situazione è cambiata, soprattutto grazie a una ristrutturazione urbana radicale che l’Economist definisce “redistributiva” e che gli urbanisti chiamano di “pianificazione sociale”. La pianificazione sociale si basa sostanzialmente sullo sviluppo di infrastrutture nei quartieri più marginali per garantire a tutti l’accessibilità alle risorse che la città offre e per integrare tutti gli abitanti indipendentemente dalla loro condizione sociale.
Questi interventi hanno portato nel tempo a un miglioramento della qualità della vita e a una riduzione del crimine, anche se i problemi di Medellín restano gravi: permangono un altissimo divario tra i più poveri e i più ricchi e forti contrasti. El Poblado, il quartiere abitato dalle persone più benestanti, assomiglia a Singapore; la Comuna popular, il quartiere più umile, ricorda invece le periferie di Dacca, in Bangladesh. Ma negli ultimi anni la povertà è diminuita: il 19,2 per cento dei residenti ora vive sotto la soglia di povertà, sotto anche alla media delle altre aree metropolitane della Colombia; il tasso di omicidi, che era di 381 ogni 100 mila abitanti nel 1991, è sceso a meno di 50.
Le opere principali che hanno permesso questo miglioramento sono diverse e, precisa l’Economist, «sono molto più che semplici infrastrutture di trasporto». C’è per esempio la metropolitana: perfettamente pulita, con sistemi di sorveglianza in ogni stazione, con biblioteche o sale da concerto e che, quando venne aperta nel 1995, metteva in comunicazione soprattutto il nord e il sud della città. Per collegare i quartieri più poveri, che si trovano ai lati della valle, è stato dunque costruito un sistema di lunghe scale mobili esterne e, nel 2004, un sistema di cabinovie chiamato Metrocable, che collega le zone più popolari sulle colline al centro abbreviando il tragitto di circa due ore: trasporta circa 30 mila persone ogni giorno, funziona come un mezzo di trasporto di massa con diverse linee ed è stato replicato anche in molte altre città: a La Paz in Bolivia, a Caracas in Venezuela, a Rio in Brasile, e c’è un progetto simile anche a Lima, in Perù e in due città del Messico. A Medellín, lungo il percorso del Metrocable, sono state costruite inoltre librerie e centri culturali. Questo vale anche per il resto della città, dove sono state aperte nuove scuole, ponti, parchi dove sono state installate sculture, biblioteche pubbliche, centri culturali. Molti progetti sono tuttora in costruzione, come la Biblioteca España, un parco fluviale e un “distretto dell’innovazione” che ha come obiettivo quello di diventare una specie di Silicon Valley.
La trasformazione di Medellín è stata in gran parte dovuta a due fattori. In primo luogo la città ha una grande disponibilità di denaro, che ha per la maggior parte finanziato la ristrutturazione urbanistica. L’Empresas Públicas de Medellín (EPM) è una delle aziende pubbliche di servizi «meglio gestite del Sud America», dice l’Economist. Nel 2013 ha prodotto circa 869 milioni di dollari di profitti su un fatturato totale di 6,9 miliardi di dollari, la maggior parte dei quali sono finiti direttamente nelle casse della città. Negli ultimi dieci anni EPM ha versato circa 3,2 miliardi di dollari al comune, circa il 25 per cento del bilancio totale.
La seconda ragione è che la città si basa sulla cultura politica ed economica del “corporativismo cattolico”, il cui principio fondamentale è quello della collaborazione tra le diverse classi e categorie sociali (in opposizione alla società liberale nata invece dalla rivoluzione industriale). Il corporativismo cattolico deriva a sua volta da due elementi: dal carattere delle prime ondate di immigrati arrivati a Medellín (gesuiti e baschi) e dal fatto che trovandosi Medellín in una valle isolata, in una delle regioni più montuose del Sud America, ed essendo in eterna competizione con Bogotà (la capitale del paese), anche le élites hanno collaborato per renderla più prospera. Questo anche in tempi recenti: dagli anni Novanta, i rappresentanti del mondo imprenditoriale, il comune, le ong, i sindacati e le università si incontrano infatti regolarmente per discutere insieme il futuro della loro città.