Ci sono novità su Michael Schumacher?
No, e non va bene, spiega Massimo Calandri su Repubblica: dopo i «piccoli, importanti progressi» di marzo le sue condizioni sono rimaste stabili
Massimo Calandri su Repubblica racconta le condizioni di Michael Schumacher, il famoso ex grande pilota di Formula 1 che dal 29 dicembre 2013 è ricoverato in coma farmacologico all’ospedale di Grenoble, in Francia, a causa di una brutta caduta sugli sci che gli ha causato alcune lesioni cerebrali. Calandri dice che da quando, all’inizio di marzo, la portavoce del pilota Sabrina Kehm disse che Michael era «nella fase di risveglio», non ci sono state più notizie riguardo la sua condizione. Cosa che ha fatto scrivere a Gary Harstein, ex delegato medico per la Formula 1 della FIA, la federazione che ne organizza le gare, che «le possibilità di risveglio diminuiscono con il passare delle settimane e diventano minime dopo sei mesi: nessuna persona in stato vegetativo per un anno può riprendere conoscenza». Calandri racconta che Schumacher viene visitato ogni giorno per «sei ore precise» dalla moglie e che a suo parere il trasferimento di Schumacher in una clinica privata «accadrà presto», vista l’assenza di progressi.
Al quinto piano c’è un grande salone di monitor, telecamere, cavi aggrovigliati, pulsanti e spie luminose che al principio ti sembra d’essere nella sala controllo di una stazione aerospaziale. Invece, dodici letti. Sottili pareti divisorie, tende. Camici, mascherine. Il silenzio. Ma facendo più attenzione arriva l’eco di qualche beep: un rumore leggero, cadenzato. I gesti senza fretta di medici e parenti. Oggi sono 167 giorni, sembrano tutti uguali, cinque mesi e mezzo che Michael Schumacher è in coma al centro neurochirurgico dell’ospedale di Grenoble: la caduta con gli sci e subito era cosciente però dopo qualche ora no, era già tutto finito. Due operazioni al cervello, il buio. Quel silenzio.
«Stato vegetativo» lo chiamano, ma a marzo ha mosso due volte le palpebre e parlavano di «piccoli, importanti progressi». Poi più niente. Adesso pesa 50 chili, perché i muscoli si sono tutti ritirati. Pochi pazienti restano così a lungo nel reparto, che è uno dei più attrezzati di tutta la Francia ed ogni anno ospita una media di trenta persone. Così qualcuno sta già pensando al trasferimento del campione in una clinica privata, svizzera o tedesca. Accadrà presto — giorni, forse settimane: al quinto piano il tempo è un concetto relativo —, accadrà perché nel salone dei monitor arriveranno altri come lui. Da curare, sperando subito in un miracolo che per Schumi non è arrivato, non ancora, e allora è giusto dare a tutti un’opportunità.
Corinna Betsch Halver, la moglie, tutte le mattine parcheggia una Mercedes 4×4 nera a ridosso del padiglione Belledonne, in una strada stretta alle spalle del gabbiotto dei custodi. Esce dall’auto di fretta, anche se i giornalisti hanno smesso da mesi di assediare l’ingresso e la curiosità della gente ha lasciato spazio all’indifferenza, all’abitudine. A volte qualche fotografo testardo si sistema dietro alle macchine sul piazzale, scatta col teleobiettivo ma senza troppa convinzione. Nei primi mesi con la moglie venivano anche i figli, ora solo nel fine-settimana. Come il fratello di lui, Ralf, e come il padre, che all’inizio giurava «Mio figlio è un lottatore », poi però ha perso la voglia di parlare. Corinna invece c’è sempre e lotta, chiude la portiera e istintivamente guarda in alto — verso il quinto piano —, supera la porta a vetri protetta dal personale della vigilanza. Resta sei ore, sei ore precise, tutti i giorni.
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foto: Mark Thompson/Getty Images