La Spagna ai Mondiali
Ventiquattresima puntata della guida del Post: cinque cose che forse non sapete su una delle principali favorite (anche stavolta)
La Spagna arriva ai prossimi Mondiali di calcio da inevitabile favorita: ha una delle squadre più forti in circolazione (qualcuno sostiene: di sempre), è campione in carica e non perde una partita in un Europeo o un Mondiale dalla prima dei Mondiali del 2010 contro la Svizzera. Una serie di fattori, però, ha contribuito a rendere questo ruolo da favorita più sfumato, e persino a metterlo in discussione: alcune delle colonne della squadra sono ormai relativamente anziane (Xavi ha 34 anni, Fernando Torres 30, Xabi Alonso quasi 33), il tipo di gioco con cui ha vinto tutto è ormai noto a chiunque e qualche osservatore ha parlato del rischio che il gruppo storico, dopo una serie incredibile di vittorie, sia sazio e abbia meno stimoli.
L’osservazione, però, potrebbe anche essere ribaltata: i Mondiali del Brasile sono probabilmente l’ultima occasione per gente come Xavi, Torres e Xabi Alonso di disputare il torneo da titolari e favoriti prima di un inevitabile declino. Inoltre a un gruppo di giocatori già incredibilmente forte si sono aggiunti l’attaccante Diego Costa (ne avrete sentito parlare, ha tutta una sua storia dietro: è brasiliano ma ha scelto da poco di giocare con la Spagna) e il duttile centrocampista Koke, entrambi fondamentali per la sorprendente vittoria della Liga da parte dell’Atletico Madrid.
Proprio perché la nazionale della Spagna è quella di cui più si è parlato negli ultimi anni – anche per via dei vari incroci con la Nazionale italiana: 4-0 nella finale degli Europei 2012 e 7-6 ai rigori nella semifinale di Confederations Cup 2013, sempre per loro – abbiamo scelto di mettere insieme alcune cose non scontate con cui imbastire una conversazione dalle basi più solide, da tenere pronte per quando gioca (la prima partita è in programma contro l’Olanda venerdì 13 giugno alle 21 italiane). Ah, a rendere ancora più interessanti le cose ha un girone piuttosto complicato: giocherà contro Olanda, Cile e Australia.
1) Quello che è stato acquistato da una squadra che non c’è
David Villa, 32enne forte attaccante convocato per i Mondiali, ha giocato l’ultima stagione nell’Atletico Madrid, dopo aver giocato per tre anni nel Barcellona e per cinque nel Valencia, segnando sempre moltissimo. Pochi giorni fa ha annunciato in una conferenza stampa di essere stato acquistato dalla squadra americana dei New York City FC: la cosa strana è che per ora è l’unico giocatore a farne parte. La squadra, infatti, è stata fondata un anno fa ed è di proprietà al 75 per cento del Manchester City (posseduto a sua volta dal potente imprenditore e politico degli Emirati Arabi Uniti Khaldoon Al Mubarak) e del 25 per cento dei New York Yankees, la storica squadra di baseball della città. Giocherà nello stadio degli Yankees (che dovrà essere adattato allo scopo) ma non potrà partecipare alla MLS, il principale campionato americano, prima della stagione 2015, che inizierà in marzo. Nel frattempo, Villa verrà prestato al Melbourne City, squadra che disputa la A-League, il maggiore campionato australiano, dove giocherà dall’ottobre al dicembre del 2014 (anche il Melbourne City è di proprietà del Manchester City).
2) La fine del tiki-taka, forse
Generalmente si tende a pensare che il tipo di gioco della Spagna sia in sostanza quello espresso dal Barcellona degli ultimi anni, una delle squadre più forti di sempre: un possesso palla estenuante, per gli avversari soprattutto. Non è del tutto vero, intanto perché – pur utilizzando un modulo di gioco improntato a quello utilizzato da Josep Guardiola nel Barcellona – la Spagna deve fare a meno di alcuni giocatori non-spagnoli del Barcellona, banalmente, come Messi. E poi perché l’allenatore della Spagna Vicente del Bosque utilizza ormai da diversi anni una soluzione tattica relativamente estranea al Barcellona: il doppio mediano davanti alla difesa (Busquets e Xabi Alonso). Questo comporta che il cosiddetto “tiki-taka” della Spagna – il possesso palla fatto di passaggi corti e molto rapidi – sia molto diverso da quello del Barcellona: più difensivo che offensivo – e già quello del Barcellona, a dirla tutta, ci mette parecchio ad arrivare nella porta avversaria. Sintetizza tutto molto chiaramente Valentino Tola in un articolo sull’Ultimo Uomo: “Talvolta senza meccanismi riconoscibili, altre volte con una distribuzione sul campo persino illogica, i giocatori dove capitano si limitano a non perdere mai la palla e aspettare che arrivi l’occasione”.
A questo giro, però, la presenza di un nuovo attaccante come Diego Costa – e una certa ormai comprovata prevedibilità del tiki-taka – potrebbe indurre del Bosque a scegliere un tipo di gioco diverso, più simile a quello utilizzato dalla Spagna allenata da Luis Aragonés nel 2008, quando schierava in attacco due punte larghe, Fernando Torres e David Villa (che ci sono anche a questo giro). In pratica si tratterebbe innanzitutto di sfruttare un po’ meglio e un po’ più spesso il gioco in verticale di Xabi Alonso, uno più bravo nei passaggi precisi in profondità che non nelle triangolazioni negli spazi stretti; e poi affiancare uno fra Torres e Villa a Diego Costa, uno che “ti spinge avanti di qualche metro senza dover per forza aspettare il passaggio fatto col righello che smarchi X o Y tra le linee”. Sarebbe peraltro un modo di sparigliare le carte e rendersi più imprevedibili agli avversari che sanno come neutralizzare il tiki-taka.
3) La fortissima Spagna Under-21
La Spagna non si è limitata a vincere tutto con la nazionale maggiore. La sua nazionale Under 21 è infatti campione in carica degli Europei di categoria, giocati in Israele fra il 5 e il 18 giugno 2013. Nella fase a gironi, nella quale giocò con Olanda, Germania e Russia, vinse tutte e tre le partite senza subire gol; in semifinale distrusse la Norvegia battendola 3-0. Giocò la finale con l’Italia, e fu una bella partita che finì 4-2 per loro (quelli segnati dall’Italia furono gli unici gol subiti dalla Spagna in tutto il torneo). Per la Spagna segnarono tre gol Thiago Alcantara e un gol Isco; per l’Italia Ciro Immobile e Fabio Borini. Alcuni giocatori presenti nella squadra che vinse il titolo sono ancora nel giro della nazionale spagnola: per i prossimi Mondiali, però, gli unici a essere stati convocati sono Koke e il portiere David de Gea.
4) Una Spagna recente non-così-forte
Per quanto sia distante nel tempo e difficile da immaginare oggi, nella storia recente della Spagna c’è stato un periodo piuttosto lungo in cui se la passavano male. L’Italia incontrò la Spagna nei quarti di finale del Mondiale del 1994 negli Stati Uniti. Fu una partita abbastanza complicata e anche fallosa: per capirci, fu quella della gomitata del difensore italiano Mauro Tassotti a Luis Enrique (Tassotti fu poi squalificato per otto partite). Dopo un gran gol di Dino Baggio – un tiro notevole da fuori aerea – arrivò il pareggio della Spagna grazie a un gol del centrocampista José Caminero. Poi, a tre minuti dalla fine della partita, risolse tutto Roberto Baggio: una cosa piuttosto ricorrente per l’Italia in quel Mondiale.
In seguito, dall’edizione del Mondiale successiva fino a quella del 2006, la Spagna ha attraversato un periodaccio in cui non ha vinto niente e non ha ottenuto risultati meritevoli. Quello del 1998 fu il suo peggior Mondiale di sempre: capitò nel gruppo con Nigeria, Paraguay e Bulgaria, e uscì nella fase a gironi (era la Spagna di Raúl e Fernando Morientes). Poi cambiò allenatore – Javier Clemente, in carica dal 1992, fu sostituito da Antonio Camacho – e le cose sembrarono andare un po’ meglio: agli Europei del 2000 arrivò ai quarti ma fu sconfitta 2-1 dalla Francia di Zidane e Djorkaeff, il gruppo che aveva vinto il Mondiale due anni prima e che poi avrebbe vinto anche quell’Europeo (in quella partita dei quarti Raúl sbagliò un calcio di rigore nei minuti finali).
Al Mondiale del 2002 la Spagna era già una squadra molto forte, a essere onesti, ma come altre squadre di quel Mondiale ebbe la sfortuna di incontrare la Corea del Sud, che in un modo o nell’altro – intendiamoci: era una buona squadra – era anche spesso favorita da decisioni arbitrali poco discutibili, nel senso che non c’era niente da discutere: erano decisioni sbagliate, punto. Dopo aver eliminato l’Italia agli ottavi di finale, e sappiamo come andarono le cose, nei quarti la Corea del Sud eliminò la Spagna ai rigori dopo che la partita era finita 0-0 nei tempi regolamentari e anche nei supplementari. Peccato che la Spagna avesse segnato due gol regolari, inspiegabilmente annullati dall’arbitro (il quotidiano spagnolo AS titolò “Rapina! L’Italia aveva ragione”). Dopo quel Mondiale la Spagna sostituì Camacho con Iñaki Sáez – che aveva allenato la Spagna Under-23 medaglia d’argento alle Olimpiadi di Sydney del 2000 – e arrivò agli Europei del 2004 come una delle principali favorite: fu eliminata nella fase a gironi, superata in classifica da Portogallo e Grecia (che poi avrebbe vinto quell’Europeo). Sáez fu esonerato e sostituito da Luis Aragonés, che portò la Spagna a vincere l’Europeo del 2008 e che di fatto cominciò a dare forma a una nazionale spagnola più simile a quella che conosciamo oggi.
5) Chi non c’è rispetto agli Europei del 2012
La Spagna ha vinto in successione l’Europeo del 2008, il Mondiale del 2010 e l’Europeo del 2012, e dal 2009 è stabilmente prima nel ranking FIFA delle nazionali più forti (eccetto che in tre mesi nel 2010, in cui primo fu il Brasile). Rispetto alla nazionale che vinse l’Europeo nel 2012 mancano alcuni giocatori che non sono stati convocati, per scelta tecnica. Non c’è Álvaro Arbeloa, difensore del Real Madrid, che in questa stagione non ha giocato molto e di fatto non è titolare neppure nel Real Madrid, pur essendo molto utile e versatile (Ancelotti lo usa quando manca un centrale o un terzino). Non c’è neppure Jesús Navas, esterno destro del Manchester City: in quel ruolo del Bosque ha preferito portare una riserva più giovane, il 21enne Gerard Deulofeu, che è del Barcellona ma quest’anno ha giocato in prestito all’Everton. In attacco, infine, non sono stati convocati né Álvaro Negredo del Manchester City né Fernando Llorente della Juventus, probabilmente ritenuto non adatto – troppo statico – per il tipo di gioco (da questo punto di vista, Negredo già poteva tornare più utile).
Foto: copertina (PAUL J. RICHARDS/AFP/Getty Images), David Villa (David Ramos/Getty Images), Diego Costa (David Ramos/Getty Images)
Il Post pubblica un articolo al giorno dedicato a ciascuna delle squadre che parteciperanno ai Mondiali. L’archivio degli articoli precedenti di questa serie lo trovate qui.