Tutti i nomi dell’inchiesta sul Mose

Dopo Galan e Orsoni gli interrogati accusano Matteoli ma citano anche entrambi i Letta: cosa c’è di concreto e cosa di molto vago

A una settimana dai 35 arresti disposti dalla procura di Venezia per corruzione e presunte tangenti intorno ai lavori del MOSE, l’ambizioso e costoso progetto per mettere in sicurezza la laguna dall’acqua alta, circolano nuovi elementi e soprattutto molti nomi di persone che sembrano essere coinvolte direttamente o indirettamente nella vicenda. Oltre a citare il sindaco di Venezia Giorgio Orsoni, agli arresti domiciliari, e l’ex governatore del Veneto ora parlamentare di Forza Italia Giancarlo Galan, per il quale c’è una richiesta di arresto su cui si dovrà esprimere la Camera, i documenti dell’inchiesta hanno riferimenti a politici, imprenditori e funzionari dello stato di vario livello.

Nella maggior parte dei casi si tratta di persone non indagate, di cui si parla in seguito alle dichiarazioni rese ai magistrati dai principali protagonisti della vicenda giudiziaria come Giovanni Mazzacurati, per lungo tempo presidente del Consorzio Venezia Nuova, il gruppo composto da grandi imprese di costruzioni, cooperative e piccole aziende locali cui sono affidati la costruzione del MOSE e tutti gli altri interventi necessari per tutelare Venezia dal problema ricorrente dell’acqua alta. Altri nomi sono stati fatti dai collaboratori più stretti di Mazzacurati, come Roberto Pravatà, ex vicedirettore generale del Consorzio Venezia Nuova, che ha tenuto i conti in una sorta di diario, secretato dai magistrati, del presunto sistema di tangenti.

È bene ricordare che le notizie su altre persone che potrebbero essere coinvolte a vario titolo nella vicenda MOSE sono basate quasi esclusivamente sulle dichiarazioni rese dagli interrogati ai magistrati, e che le loro affermazioni dovranno essere ulteriormente verificate. Inoltre, fino a ora ci sono solo tesi della procura, con le relative accuse, e non ancora sentenze.

Enrico Letta
Il 22 luglio 2013 Pravatà riferì ai magistrati di avere ricevuto da Mazzacurati la richiesta di partecipare tramite il Consorzio alle “spese elettorali dell’onorevole Enrico Letta, che si candidava per un turno elettorale attorno al 2007”. Si parlò di attivare un finanziamento intorno ai 150mila euro, da ottenere tramite l’assegnazione di un incarico fittizio legato all’arsenale di Venezia. È l’unico riferimento trovato finora che riguarda Letta, che ai giornali e poi su Twitter ha smentito categoricamente qualsiasi suo coinvolgimento nelle vicende del MOSE.

 

Gianni Letta
Sempre secondo Pravatà, l’ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta avrebbe avuto un ruolo importante nelle vicende del MOSE, occupandosi personalmente di seguire diverse pratiche per l’avanzamento del progetto ed evitare che subisse ulteriori ritardi. Pravatà l’anno scorso spiegò ai magistrati che Letta tutelò il Consorzio quando furono messi in dubbio alcuni meccanismi che lo regolavano dall’Unione Europea, e che fece da tramite con Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti “per quanto riguarda il flusso dei finanziamenti per la continuità del MOSE”. Secondo l’ex segretaria di Giancarlo Galan, Claudia Minutillo, Mazzacurati avrebbe destinato somme di denaro a Gianni Letta per il suo interessamento.

Pietro Lunardi
Nel 2006 la Corte dei Conti stabilì che l’allora ministro dei Trasporti, Pietro Lunardi, dovesse pagare personalmente all’ANAS un risarcimento danni per avere versato una buonuscita di 1,5 milioni di euro per allontanare un dirigente poco gradito. Stando alla versione di Pravatà, Gianni Letta sarebbe intervenuto chiedendo che fosse attivato un intervento per aiutare Lunardi a pagare la sanzione: “Mazzacurati decise di provvedere, dividendo l’onere tra la Fincosit e Condotte. Le due società presentarono due riserve fittizie redatte dall’ingegner Neri. Il Consorzio le pagò al 50 per cento, le due società riversarono importi a società fittizie di Lunardi, in questo modo circa 3 o 4 milioni di euro complessivamente”.

Marco Milanese
Stando alla versione di Mazzacurati, nel 2009 il Consorzio ebbe la necessità di trovare nuovi referenti politici perché quello principale, il senatore Ugo Martinat con incarichi al ministero dei Trasporti era morto. Mazzacurati racconta che tramite un imprenditore si fece mettere in contatto con Marco Milanese, deputato e stretto collaboratore dell’allora ministro dell’Economia Giulio Tremonti. Milanese “avrebbe assicurato la concessione dei finanziamenti richiesti di volta in volta con positivo parere del ministero dell’Economia solo se gli fosse stata assicurata la disponibilità di una somma di 500mila euro. Tale dazione avveniva nel corso dell’anno 2010 a Milano”. In seguito, spiega Mazzacurati, divenne evidente che Milanese “non aveva particolare influenza” per quanto riguardava i finanziamenti, una “sensazione” sorta quando si era reso conto che “erano state rese disponibili ulteriori risorse senza che io versassi alcuna somma di denaro”.

Andrea Monorchio
Nei documenti dell’inchiesta si parla anche di Andrea Monorchio, Ragioniere dello stato dal 1989 al 2002, che secondo Pravatà diede “un contributo importante” dandosi da fare affinché fossero inseriti nelle finanziarie le risorse necessarie per proseguire i lavori del MOSE e tutelare Venezia: “Mi risulta che siano stati assicurati al dottor Monorchio alcuni viaggi in Scozia, Romania, sul Danubio, sempre a spese del Consorzio”.

Mario Valducci
Pravatà sostiene che viaggi all’estero fossero pagati anche ad altri “esponenti politici a livello nazionale”. Viene fatto il nome di Mario Valducci, ex dirigente Fininvest, diventato poi parlamentare di Forza Italia, sottosegretario allo Sviluppo economico tra il 2001 e il 2006 in uno dei governi Berlusconi e presidente della commissione Trasporti della Camera dal 2008 al 2013.

Niccolò Ghedini
L’ex segretaria di Galan, Claudia Minutillo, ha spiegato ai magistrati di avere incontrato William Colombelli della BMC di San Marino, una delle società coinvolte nella prima fase dell’inchiesta dello scorso anno sul presunto sistema di fatture false – a casa di Niccolò Ghedini, ora senatore e all’epoca coordinatore per il Veneto del Popolo della Libertà. Secondo Minutillo “Ghedini disse a Galan che avrebbe potuto sfruttare la ditta del Colombelli anche per finanziare le campagne elettorali in Veneto. Si riferiva alla possibilità che la BMC emettesse fatture false nei confornti delle ditte che poi andavano a corrispondere le somme di denaro a Galan”. Ghedini ha smentito categoricamente qualsiasi tipo di coinvolgimento parlando di ricostruzioni “completamente avulse dalla realtà e dagli atti di indagine” e di intenti diffamatori.

Giuseppe Stefanel
Giancarlo Galan secondo la sua ex segretaria Minutillo, aveva rapporti e riceveva finanziamenti non solo dallo stretto giro del sistema MOSE. Scrivono Gianluca Paolucci e Fabio Poletti sulla Stampa facendo riferimento a fatti risalenti al 2005: “Giuseppe Stefanel, il re delle maglie, avrebbe avuto come socio occulto in una finanziaria lo stesso Galan, secondo i finanzieri. Si tratta della Amigdala, una finanziaria dalla quale gli Stefanel escono nel marzo scorso. Serviva per finanziare una start-up partita nel 2009, con Galan in Regione. Il cui primo azionista è Veneto Sviluppo, la finanziaria regionale”.

Altero Matteoli
Nel suo memoriale di 15 pagine sulla vicenda del MOSE, Mazzacurati dice di avere contribuito al finanziamento di diversi politici: “Per le campagne elettorali, mi pare del 2010 e 2013, ho versato dei denari all’onorevole Altero Matteoli, consegnandoli presso la sua abitazione in Toscana”.

Flavio Tosi
Il sindaco di Verona, avrebbe ricevuto come “finanziamento regolare” circa 15mila euro da Piergiorgio Baita, l’ex amministratore delegato della Mantovani, una delle aziende più coinvolte nella vicenda del MOSE.

Massimo Cacciari
Mazzacurati ha sostenuto di avere avuto contatti anche con l’ex sindaco di Venezia Massimo Cacciari: “Mentre era sindaco mi ha chiesto di aiutare un’impresa che si chiamava Marinese. Cacciari mi ha chiesto una sponsorizzazione di 300mila euro per la squadra di calcio, però, insomma, una roba così”. Cacciari ha spiegato di avere chiesto “molto spesso interventi e non favori” al Consorzio e ad altre aziende per aiutare “imprese in difficoltà ed evitare licenziamenti”: “Un sindaco chiede quotidianamente decine e decine di interventi, e lo chiede a chi ne ha disponibilità. Non l’ho fatto due, tre o quattro volte, ma decine di volte al giorno e per cose che ritenevo utili per la città”.