Elena Cattaneo critica il tribunale di Pesaro su Stamina
Ha definito la decisione di far proseguire il controverso trattamento su un bambino di tre anni «un impazzimento giudiziario senza precedenti»
La ricercatrice e senatrice a vita Elena Cattaneo, una dei massimi esperti di cellule staminali in Italia, ha criticato molto – in un’intervista pubblicata sulla Stampa – la recente decisione del tribunale di Pesaro di nominare commissario agli Spedali Civili di Brescia il vicepresidente di Stamina Foundation Marino Andolina, allo scopo di trovare medici disposti a proseguire le infusioni del controverso trattamento Stamina a un bambino di 3 anni e mezzo.
Cattaneo ha spiegato che considera l’atto «un impazzimento giudiziario senza precedenti» e ha definito Andolina «un medico senza alcuna competenza in materia di malattie neurologiche o staminali». Sabato 7 giugno Andolina ha compiuto una nuova infusione sul bambino, come comunicato su Twitter dal fondatore di Stamina Foundation Davide Vannoni poco dopo. Andolina è indagato dalla procura di Torino per truffa e somministrazione pericolosa di farmaci nell’ambito dell’inchiesta sul trattamento Stamina, insieme con Vannoni e decine di altre persone, tra cui alcuni medici che eseguirono le infusioni agli Spedali Civili di Brescia.
Senatrice Elena Cattaneo, cosa ha pensato quando ha visto un giudice del lavoro di Pesaro resuscitare Stamina?
A un impazzimento giudiziario senza precedenti. Non so come il Csm e il Ministero della Giustizia possano spiegarlo ai cittadini. Marino Andolina, un medico senza alcuna competenza in materia di malattie neurologiche o staminali, per giunta indagato da un magistrato per truffa e somministrazione pericolosa di farmaci, grazie ad un altro magistrato è stato messo nelle condizioni di diventare l’esecutore materiale dello stesso reato. Perché proprio questo è presumibile che sia successo, sabato, agli Spedali Civili di Brescia: la reiterazione di un reato su mandato di un giudice».[…]
Il giudice di Pesaro ha detto di non sapere che Andolina fosse indagato. Le sembra plausibile?
No. Non può un giudice che deve disporre che sia continuata in un bambino una pratica tribale, già compiuta in precedenza, non informarsi sulle persone su cui sta decidendo. Sono giustificazioni di lana caprina, nessuna persona intelligente può accettarle.
(L’intervista completa nella rassegna stampa dell’Istituto Treccani)
foto: Stefano De Grandis/Lapresse