Le proteste dell’arcidiocesi di Rio de Janeiro contro la Rai
Per uno spot sui Mondiali di calcio in Brasile che mostra la statua del Cristo Redentore con la maglietta numero 10 dell'Italia
A maggio di quest’anno gli avvocati dell’arcidiocesi di Rio de Janeiro, città del Brasile dove si giocherà la finale dei Mondiali di calcio il 13 luglio prossimo, hanno presentato una diffida contro l’emittente italiana RAI per uno spot realizzato in vista dei Mondiali. La contestazione riguarda gli ultimi secondi dello spot, in cui si vede la statua del Cristo Redentore con la maglia numero 10 della Nazionale italiana di calcio (la numero 10 sarà di Antonio Cassano, ma negli spot al posto del nome di Cassano c’è scritto solo “Italia”). I diritti sull’immagine della statua appartengono all’arcidiocesi di Rio de Janeiro che amministra, tra le altre cose, gli introiti del monumento. La stampa brasiliana ha dato notizia ieri di un accordo tra le parti per la rimozione dello spot, aggiungendo che gli avvocati si incontreranno di nuovo settimana prossima in Italia.
Il giornale brasiliano Globo riporta che l’arcidiocesi di Rio de Janeiro si è sentita “oltraggiata”. Alexandro Maria Tirelli, avvocato italiano incaricato dagli avvocati dell’arcidiocesi di inviare la diffida alla Rai, ha detto: «È come se la televisione brasiliana promuovesse la sua programmazione mettendo delle ragazze mulatte a fare i gladiatori al Colosseo di Roma. È un insulto a un simbolo nazionale». Tirelli ha spiegato che l’arcidiocesi è venuta a conoscenza degli spot il 30 aprile scorso, attraverso YouTube, e di avere contattato la redazione della RAI. Il punto, dice Tirelli, è questo:
«Sarebbe bastato chiedere, come hanno fatto altre nazioni. Diversi spot simili s’aggirano per il pianeta, ma legalmente. Non lo stesso ha fatto la Rai. Si tratta di un’appropriazione indebita con l’aggravante della finalità economica dell’utilizzo, che fra l’altro viene duramente repressa dalla normativa vigente nello stato del Brasile.»
Non è ancora chiaro quanto sia il risarcimento chiesto dall’arcidiocesi alla RAI. Tirelli ha spiegato comunque che questi soldi verranno usati per fare delle opere di carità: «Non si tratta di un’azione a scopo di lucro. Un marchio mondiale di articoli sportivi era disposto a pagare all’arcidiocesi la cifra di due milioni di dollari per mettere l’immagine di una loro maglia sul Cristo Redentore, e l’arcidiocesi ha rifiutato». Lo spot era stato criticato pubblicamente lo scorso 28 maggio anche dal direttore di Famiglia Cristiana, don Antonio Sciortino, che rispondendo sul sito della rivista a un’osservazione di un lettore ha scritto:
«Come al solito, anche nella pubblicità si è voluto strafare. Ci siamo appropriati di un simbolo che non ci appartiene, vestendolo con la maglietta azzurra della Nazionale di calcio. Cristo, sì, ci appartiene. Ma quella statua del Corcovado fa parte della storia del Brasile. Noi siamo riusciti a fare un doppio torto: primo, abbiamo ferito la sensibilità di tutti i cristiani per l’uso commerciale di un simbolo religioso; secondo, abbiamo invaso il terreno dei brasiliani.»