Il Messico ai Mondiali
Ventiduesima puntata della guida del Post su una squadra così così, che ha uno slogan che dice tutto: «giochiamo meglio che mai, perdiamo come sempre»
La nazionale di calcio messicana ha rischiato seriamente di non qualificarsi a questa edizione del Mondiale, dopo che nelle ultime cinque edizioni, dal 1994 al 2010, era arrivata fino agli ottavi di finale. Il Messico ha vinto lo spareggio contro la Nuova Zelanda, dopo aver finito al quarto posto il girone finale della CONCACAF, la confederazione calcistica di Nord America, Centroamerica e Caraibi (l’equivalente della UEFA in Europa): ed è stato un risultato piuttosto sorprendente, considerando che prima del Messico si sono classificati Costa Rica e Honduras, due squadre considerate piuttosto scarse. Il Messico, pur senza aver mai ottenuto risultati internazionali notevoli, ha invece una lunga tradizione ai Mondiali con 14 partecipazioni in totale.
Ai Mondiali brasiliani sembra molto improbabile che il Messico possa superare la fase a gironi, visto che è capitato nel gruppo A con Brasile, Croazia e Camerun. A parte il primo posto, che sembra fuori discussione per l’evidente supremazia del Brasile, ci sarà probabilmente competizione per il secondo posto, anche se la Croazia sembra leggermente superiore rispetto alle altre due squadre. Il Messico ha perso entrambe le ultime partite amichevoli giocate prima dell’inizio del Mondiale, contro la Bosnia ed Erzegovina e contro il Portogallo.
Quella volta che incontrò l’Italia ai Mondiali del 1994
Il Messico capitò nello stesso gruppo dell’Italia nella fase a gironi del Mondiale statunitense del 1994. All’epoca era una buona squadra, con caratteristiche sostanzialmente simili al Messico degli ultimi vent’anni: più che forte, era una squadra brava a far giocare male gli altri, nel senso che gli lasciava il possesso palla e difendeva molto bene. Avevano un portiere piuttosto piccolo di statura, non tra i più apprezzati in assoluto ma certamente tra i più noti in circolazione, Jorge Campos, che era famoso soprattutto per due cose: perché all’inizio della carriera aveva giocato anche da attaccante, con risultati più che discreti (34 gol in partite ufficiali); e perché indossava delle divise notevoli, che in alcuni casi disegnava lui stesso.
In virtù del suo passato da centravanti, era più bravo nelle uscite che tra i pali, e spesso giocava fuori dall’area di rigore facendo correre diversi rischi alla sua squadra. In quegli anni Campos era talmente famoso tra gli appassionati di calcio che la Nike chiamò anche lui – insieme a grandi campioni come Luis Figo, Eric Cantona, Ronaldo e Paolo Maldini – per recitare in uno degli spot più celebri di sempre: una squadra di brutti e cattivi, capitanati da un demone alato, sfidava a pallone un all-star team di calciatori buoni e leali (e vincevano i buoni, chiaramente). Campos era il portiere dei buoni.
Il Messico incontrò l’Italia nella terza e ultima partita della fase a gironi, in un gruppo equilibratissimo in cui c’erano anche Norvegia e Irlanda. Alla fine di quella prima parte del torneo – giocata piuttosto male dall’Italia – tutte e quattro le squadre si ritrovarono con 4 punti in classifica, ma passarono Messico e Irlanda come prima e seconda per via dei migliori risultati negli scontri diretti e del maggior numero di gol segnati. L’Italia fu “ripescata” tra le migliori terze e riuscì comunque a qualificarsi per gli ottavi (dove poi avrebbe incontrato e battuto la Nigeria). Contro il Messico fu una brutta partita. Al terzo minuto del secondo tempo Daniele Massaro – entrato al posto di Pierluigi Casiraghi – riuscì a segnare un gol a Campos, sfruttando un bel lancio di Demetrio Albertini, suo compagno di squadra anche nel Milan. Dieci minuti più tardi il Messico riuscì a pareggiarla con un gran bel tiro da fuori area del centrocampista Marcelino Bernal. Poi agli ottavi il Messico incontrò la Bulgaria e perse soltanto ai calci di rigore dopo aver pareggiato 1-1 nei tempi regolamentari: quel Messico era una squadra bruttina ma rognosa, molto difficile da battere.
E il Messico di oggi?
Negli ultimi anni i tifosi messicani hanno preso piuttosto male il fatto che anche la nazionale degli Stati Uniti – storica rivale calcistica – abbia cominciato a giocare meglio del Messico, e di fatto sia oggi più completa e più forte. Juan Villoro, scrittore messicano esperto di cose di calcio, ha raccontato al New York Times che “ogni nazionale dei Mondiali di calcio riflette il modello sociale del proprio paese” e che la nazionale del Messico oggi “è un insieme di cose promesse e non ancora del tutto mantenute, e che forse non saranno mai mantenute”. In effetti è un discorso che si potrebbe applicare benissimo a un paio di giocatori largamente ritenuti “eterne promesse” mai mantenute (ci arriviamo).
A un certo punto in Messico è cominciata a circolare un’espressione che racchiude piuttosto efficacemente questo senso di frustrazione, ossia l’impressione che le buone prestazioni non siano mai abbastanza buone, che i bravi giocatori non lo siano mai abbastanza, e che anche giocando bene si finisca per perdere sempre: “Jugamos como nunca, perdimos como siempre” (“giochiamo meglio che mai, perdiamo come sempre”). Negli ultimi anni, comunque, il Messico ha giocato decisamente male.
Le fasi di qualificazione al Mondiale sono state talmente deludenti e noiose che la federazione messicana ha deciso, prima degli spareggi, di cambiare allenatore: a ottobre scorso Miguel Herrera ha preso il posto di Víctor Manuel Vucetich, che peraltro è stato allenatore del Messico solo per poche settimane (era subentrato a Luis Fernando Tena, che era a sua volta subentrato a José Manuel de la Torre, e il tutto nel giro di pochi mesi, con grandissima confusione). Herrera è stato un difensore della nazionale, e prima di diventare allenatore del Messico ha allenato il Club América, una squadra di Città del Messico, con cui ha vinto il campionato messicano nel 2013.
Un episodio curioso, capitato in un’amichevole recente
Pare che in una recente partita amichevole giocata e persa 1-0 dal Messico contro la Bosnia ed Erzegovina, mercoledì 4 giugno, Herrera se la sia presa molto per il fatto che la Bosnia abbia mandato in campo una squadra diversa rispetto a quella annunciata ufficialmente prima dell’inizio della partita. Herrera ha trovato la cosa scorretta e ha protestato contro l’arbitro, facendo notare che tra i giocatori in campo c’era ad esempio il forte attaccante Edin Dzeko, la cui presenza non era stata annunciata.
Herrera ha detto che l’arbitro – il guatemalteco Oscar Reyna Moller – gli ha risposto: «non li conosco, sono un gruppetto di ragazzi europei». Ed Herrera di nuovo: «Se non sai chi è Dzeko, mi sa che allora dovresti provare a vendere gomme da masticare, non fare l’arbitro della FIFA». Alcuni commentatori ritengono che Herrera abbia cercato più che altro di distogliere l’attenzione dal fatto più importante della serata, e cioè che il Messico abbia giocato molto male, senza proporre alcun tipo di gioco, e subendo quello dell’avversario per tutta la partita.
Come gioca il Messico
Herrera utilizza un 3-5-2 che sfrutta molto le fasce, ma purtroppo nelle ultime settimane ha perso per infortunio due centrocampisti abbastanza importanti, Juan Carlos Medina e Luis Montes. Montes in particolare ha subito un grave infortunio durante l’amichevole di sabato 31 maggio vinta dal Messico 3-1 contro l’Ecuador: dopo aver segnato il gol dell’1-0, si è fratturato tibia e perone della gamba destra in un contrasto molto duro con Segundo Castillo, centrocampista dell’Ecuador (anche Castillo si è fatto male seriamente, e probabilmente salterà il Mondiale).
Questo potrebbe rendere ancora più complicato il Mondiale del Messico, che peraltro a centrocampo non stava messo benissimo già da prima. I giocatori più forti del Messico sono probabilmente i due attaccanti, di cui si parla ormai da un sacco di tempo come “giovani promettenti”, se non fosse che non sono mai veramente diventati dei grandi calciatori, e che intanto non sono neanche più così giovani.
I calciatori forti
Javier Hernández, detto “Chicharito”
Ha 26 anni ed è un buon attaccante del Manchester United, che lo acquistò quattro anni fa direttamente dal Guadalajara, squadra del campionato messicano. Nel Manchester non è mai stato titolare, ma in molti gli riconoscono da tempo un certo talento: oltre che tecnicamente bravo, è uno di quelli che fanno gol in tutti i modi e che si trova sempre nell’area di rigore degli avversari al momento giusto. Ma anche Hernández, come diversi giocatori importanti del Manchester United (Rooney, Evra, Carrick, Antonio Valencia, Vidić), viene da una stagione piuttosto negativa in cui non ha giocato moltissimo (è riuscito comunque a segnare in totale 9 gol, tra campionato e coppa). Con il Messico ha segnato complessivamente 35 gol in 57 presenze ed è il terzo miglior marcatore della nazionale messicana.
Giovani Dos Santos
Ha 25 anni ed è una seconda punta del Villarreal, una specie di “fantasista” alla Ronaldinho, ma è un tipo particolarmente discontinuo: a volte gioca benissimo e fa dei gran gol, ma altre volte – più frequenti – va davvero molto male. Il Villarreal si aspettava moltissimo da lui quando lo ha acquistato dal Maiorca all’inizio della scorsa stagione: lui i suoi gol li ha anche fatti (11, e 8 assist), ma proprio per la sua discontinuità in nessun momento della stagione ha dato l’impressione di poter diventare un punto di riferimento per la squadra. Di lui si cominciò a parlare fin da quando giocava nel Barcellona, all’inizio della sua carriera: segnò anche un gol in amichevole contro l’Inter, nel 2006, e considerando che a 17 anni giocava già in una delle più forti squadre al mondo, in molti pensavano che fosse destinato a diventare un grandissimo campione.
Non diventò un grandissimo campione: passò al Tottenham, che non lo fece giocare praticamente mai e lo rigirò in prestito sperando che l’esperienza con altre squadre potesse farlo crescere agonisticamente. E invece, pur segnando dei gran bei gol ogni tanto, non giocò con regolarità neppure in quelle squadre. In pratica Santos ha giocato da titolare soltanto nelle scorse due stagioni della sua carriera sportiva, con Maiorca e Villarreal. Con il Messico, invece, solitamente ha giocato meglio: nella finale della CONCACAF Gold Cup del 2011, la più importante competizione calcistica del Nord e Centro America, il Messico batté gli Stati Uniti 4-2 e Santos segnò un gol meraviglioso.
Andrés Guardado
Ha 27 anni ed è un terzino sinistro del Bayer Leverkusen, in prestito dal Valencia, con una lunga esperienza nel calcio spagnolo, dove è da tempo soprannominato “Principito”. Ha giocato nel Deportivo La Coruña dal 2007 al 2012, prima di passare al Valencia. Di positivo – oltre che una buona tecnica di base – Guardado ha che è uno dei pochi giocatori tatticamente duttili del Messico, una qualità che probabilmente tornerà molto utile a Herrera, dato che mezzo centrocampo titolare si è infortunato e Guardado può giocare bene anche come esterno di centrocampo. Anche lui faceva già parte del Messico nella vittoria della CONCACAF Gold Cup nel 2011.
Speranze
Intorno al Messico c’è un certo ottimismo riguardo la possibilità di superare la fase a gironi, anche se sarà comunque molto difficile, visto che la Croazia è probabilmente superiore, soprattutto per qualità della rosa. Se anche dovesse farcela a qualificarsi, negli ottavi incontrerebbe una tra Spagna, Olanda o Cile, tutte squadre di gran lunga più forti.
Foto: Copertina (YURI CORTEZ/AFP/Getty Images), Campos (AP Photo/Doug Mills), Hernandez (VANDERLEI ALMEIDA – ALFREDO ESTR/AFP/Getty Images), Dos Santos (Jamie Sabau/Getty Images), Guardado (Jamie Sabau/Getty Images)
Il Post pubblica un articolo al giorno dedicato a ciascuna delle squadre che parteciperanno ai Mondiali. L’archivio degli articoli precedenti di questa serie lo trovate qui.