Le foto della Mostra di Architettura della Biennale di Venezia
Edifici governativi in 3D e grandi stampanti ad aghi che disegnano sulla sabbia, tra le opere più notevoli della mostra che apre oggi e ospita artisti di tutto il mondo
Sabato 7 giugno è cominciata la 14esima Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia, che resterà aperta al pubblico dal 7 giugno al 23 novembre. Quella di quest’anno è la prima edizione che durerà sei mesi invece che tre, avrà cioè la stessa lunghezza (giugno-novembre) della mostra dedicata all’arte. Il direttore della mostra, l’architetto olandese Rem Koolhaas – che aveva ricevuto la nomina a gennaio del 2013 – ha detto che la sua ambizione è quella di “modernizzare la storia dell’architettura, perché questa Biennale parla proprio dell’effetto della modernizzazione sui paesi e sull’architettura”.
Koolhaas è il fondatore dello studio OMA (Office for Metropolitan Architecture), uno dei più noti studi di architettura al mondo. Nel 2000 ha vinto il Pritzker Prize, il più importante riconoscimento internazionale per l’architettura, quello che quest’anno è stato vinto dal giapponese Shigeru Ban.
Ciascuno dei padiglioni allestiti per la mostra è dedicato all’opera di artisti provenienti da 65 paesi diversi (l’anno scorso i padiglioni invece erano 57). Lungo i corridoi del padiglione austriaco – curato dagli artisti Christian Kühn e Harald Trapp e intitolato “Plenum. Places of Power” – sono esposte 196 stampe 3D in scala 1:500, che riproducono diversi edifici governativi europei, incollate alle pareti. Nel padiglione del Regno Unito è stata installata un’opera definita dal curatore Sam Jacob nello stesso tempo “futuristica” e “archeologica”: si tratta di una grande struttura conica di plastica riempita di terra.
È stata molto apprezzata anche l’opera installata nel padiglione israeliano, “The Urburb”, creata dagli artisti Ori Scialom, Roy Brand e Keren Yeala-Golan: è una specie di grande stampante ad aghi che traccia su un pavimento di sabbia una serie di cerchi e punti che somigliano alla pianta di una città. Poi cancella tutto e ricomincia. Per i curatori dell’opera è un riferimento al cosiddetto “piano Sharon”, un piano urbanistico commissionato nel 1948 dal primo presidente israeliano David Ben-Gurion all’artista israeliano Arieh Sharon per far fronte alle massicce migrazioni seguite alla nascita dello stato di Israele.