Com’era Ronald Reagan
Uno dei presidenti statunitensi più famosi, popolari, controversi, venerati e fotogenici di sempre morì oggi dieci anni fa
Che aveva fatto l’attore è una delle prime cose che tutt’ora si dice di Ronald Reagan, anche adesso che sono passati dieci anni esatti dalla sua morte e venticinque dalla fine del suo secondo mandato alla presidenza degli Stati Uniti. Ed effettivamente la sua straordinaria fotogenia è una delle prime cose che si notano scorrendo queste fotografie della sua vita, anche precedenti al suo arrivo alla Casa Bianca. Poi, naturalmente, Reagan fu moltissime cose diverse e più importanti di un semplice leader affascinante e carismatico: tagliò radicalmente le tasse per stimolare l’economia (ottenendo però anche un grosso aumento del debito pubblico), si beccò un proiettile al petto (e fu il primo presidente in carica a sopravvivere a un tentativo di assassinio), fu confermato alla presidenza in una delle elezioni americane dal risultato più netto di sempre, accompagnò – e secondo moltissimi storici favorì – il deterioramento finale dell’Unione Sovietica (si ricorda ancora il famoso “Tear down this wall!” davanti alla Porta di Brandeburgo, a Berlino).
Oggi è praticamente venerato dalla destra americana, e come ogni personaggio venerato ha finito per subire qualche trasformazione caricaturale. Ma è vero che Reagan disse cose come «il governo non è la soluzione ai nostri problemi: il governo è il problema»: per questo i Tea Party lo adorano; sempre per questo, ogni volta che il partito repubblicano cerca una persona da candidare alla Casa Bianca, si finisce a discutere di quanto Tizio apprezzi Reagan, di cosa Caio pensi di Reagan, di cosa direbbe Reagan di Sempronio se fosse ancora vivo. Implicando naturalmente che Reagan oggi direbbe le stesse cose che disse trent’anni fa, quando fu l’uomo più anziano ad arrivare alla Casa Bianca. Cosa tutt’altro che scontata, come ha detto una volta Barack Obama, uno che sta nel partito rivale di quello che venera Reagan:
«Penso che Ronald Reagan ha cambiato la traiettoria degli Stati Uniti in un modo che nemmeno Richard Nixon e Bill Clinton sono riusciti a fare. Ci ha messi su una strada radicalmente diversa dalla precedente, ma solo perché il paese era pronto per cambiare. All’epoca le persone percepivano che dopo gli eccessi degli anni Sessanta e Settanta il governo era diventato sempre più grande, sempre più grande, ma non era cresciuta insieme l’esigenza di rendere conto dei propri comportamenti, di assumersi le responsabilità delle scelte politiche. Reagan catalizzò e intercettò quello che le persone pensavano già, e cioè: vogliamo chiarezza, vogliamo ottimismo, vogliamo tornare a quel senso di dinamismo e avventura che oggi ci manca. È un po’ quello che fece Kennedy vent’anni prima: portò il paese in una nuova e diversa direzione. Quindi penso che molto abbia a che vedere con il contesto dell’epoca».