Il difficile restauro della Chiesa della Natività
Come un gruppo di artigiani italiani sta rimettendo in sesto la chiesa di Betlemme vecchia 1700 anni e custodita da tre confessioni diverse e litigiose (e che sta cadendo a pezzi)
di William Booth – Washington Post
Quando domenica scorsa, durante il suo primo viaggio da pontefice in terra santa, Papa Francesco è arrivato a Betlemme, è entrato nella Chiesa della Natività per un momento di raccoglimento e contemplazione della grotta dove si pensa sia nato Gesù Cristo. Papa Francesco potrebbe anche aver notato che la chiesa sta cadendo a pezzi.
La Chiesa della Natività è stata costruita 1.700 anni fa ed è una delle più antiche chiese cristiane esistenti, ma comincia a mostrare i suoi anni: la copertura del tetto perde acqua, gli antichi travetti stanno marcendo e l’acqua gocciola e filtra sui mosaici del XII secolo. Lo stato di decadimento è così noto che nel 2012 la chiesa è stata inclusa dalle Nazioni Unite nella lista dei patrimoni dell’umanità in pericolo.
Ma in una specie di “miracolo dei giorni nostri”, le tre confessioni cristiane che acrimoniosamente condividono la custodia della chiesa – la greca ortodossa, armena apostolica e l’ordine francescano della Chiesa di Roma – sono state convinte dal presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas a permettere a un gruppo di artigiani italiani, che lavoreranno in concomitanza con ingegneri strutturali e esperti di conservazione del legno, di iniziare il primo documentato restauro della chiesa da quando, nel 1479, il tetto venne ricostruito da carpentieri veneziani.
Papa Francesco ha visitato il cantiere per constatare i progressi fatti. Dopo cinque anni di studi e dibattiti, la prima fase dei lavori – riparare le travi imbarcate e sostituire gli infissi sforacchiati dai proiettili – dovrebbe essere completata in tempo per Natale, per un costo complessivo di circa 3 milioni di dollari (2,2 milioni di euro). I soldi sono stati raccolti dalla comunità internazionale e amministrati dai palestinesi, in modo tale che dei tre custodi della chiesa, nessuno possa rivendicare maggiore credito o diritti. Il restauro dei mosaici, delle porte e dei dipinti potrebbe iniziare se verranno trovati ulteriori fondi.
In un’assolata domenica mattina, poche settimane fa, Marcello Piacenti, 53enne figlio di una famiglia di restauratori toscani, si è arrampicato sulle impalcature con le sue scarpe All Star per mostrare a un visitatore le condizioni delle travi di legno, che puzzavano di marcio e incenso.
«Se questa fosse casa mia, rifarei tutto il tetto, senza dubbio. Ma non qui. La struttura di legno è la chiesa stessa», ha spiegato Piacenti. «Dobbiamo ascoltare ogni trave, ogni listello, e capire la storia che ci raccontano. Così tante volte le cose che abbiamo trovato in questo posto ci hanno sorpreso».
Se queste mura potessero parlare
Le sorprese includono un buco lasciato da una bomba lanciata durante la guerra del 1967, così come un sofisticato sistema anti sismico del VI secolo che permette ai muri di “galleggiare” durante un terremoto. E poi: il numero di chiodi di ferro. Ne hanno trovati circa sette tonnellate, certi sono lunghi oltre mezzo metro. Alcuni sono ancora appuntiti come il giorno in cui furono martellati nel legno.
Per persuadere i custodi della chiesa a permettere il restauro, la famiglia Piacenti sta conducendo i lavori mentre la chiesa rimane aperta ai pellegrini. Per la maggior parte del tempo, i carpentieri lavorano di notte.
Della basilica originale, costruita nel IV secolo dall’imperatore Costantino e rasa al suolo durante la rivolta dei Samaritani nell’anno 529, resta solo la pavimentazione a mosaico. La chiesa che esiste oggi è stata costruita durante il regno di Giustiniano, nel VI secolo.
La chiesa è costruita sopra alla grotta che la tradizione vuole essere il posto dove Maria partorì Gesù, e dove lui fu deposto in una mangiatoia poiché non c’era più posto alla locanda. I visitatori che entrano nella chiesa – dopo aver atteso lungamente in fila per entrare in uno dei più popolari luoghi di culto della Terra Santa – vengono condotti sotto terra per inginocchiarsi davanti a un altare e guardare attraverso un buco in un muro di marmo per vedere la grotta.
Nel corso degli anni la chiesa è stata assediata, bruciata, saccheggiata e scossa da terremoti. I crociati la trasformarono in una fortezza dove incoronavano i loro re.
La struttura della chiesa è stata anche consumata dal sole, dal vento, dalla pioggia, da funghi e termiti. Una tempesta di neve il giorno di Natale, lo scorso anno, ha depositato 30 centimetri di neve sul tetto.
Qustandi Shomali, un professore dell’Università di Betlemme, ha di recente pubblicato uno studio sulle condizioni della chiesa, uno dei posti più contesi della Terra Santa. Secondo Shomali «gli effetti della turbolenta storia della chiesa possono essere facilmente letti nel tessuto dell’edificio».
Nel 2002, durante una rivolta dei palestinesi, decine di miliziani si rifugiarono per 39 giorni nella chiesa, per difendersi dall’esercito israeliano. I restauratori hanno trovato fori di proiettili nelle finestre: saranno sostituite da nuove finestre con vetri che riducano i danni dei raggi ultravioletti sui dipinti medievali della chiesa.
Un delicato equilibrio
Piacenti a un certo punto solleva la sezione di una trave del tetto, completamente scavata dalle termiti. Il legno ci racconta la storia, dice.
La trave è fatta di legno di larice. Secondo i ricercatori dell’Istituto per la Valorizzazione del Legno e delle Specie Arboree di Trento, l’albero da cui la trave fu ricavata era stato abbattuto nei boschi d’alta quota delle Alpi orientali tra il 1440 e il 1460 e poi trasportato via fiume fino a Venezia. Qui era stato imbarcato su una nave veneziana in partenza per quello che oggi è il porto di Jaffa, in Israele, e poi trasportato fino a Betlemme.
Quella fu l’ultima opera di restauro completamente documentata. Filippo III di Borgogna pagò per i lavori, la Repubblica di Venezia fornì il legno e i carpentieri e Edoardo IV di Inghilterra donò il piombo per la copertura del tetto. I restauratori hanno anche trovato prove di alcuni lavori più recenti, eseguiti da carpentieri greci intorno al 1679 e da operai Ottomani dopo il terremoto del 1834.
Piacenti ha spiegato che ogni pezzo o frammento di legno viene esaminato al microscopio per valutarne lo stato di deterioramento. Ogni intervento di riparazione richiede una riunione tra ingegneri, archeologi e specialisti del legno. Gli artigiani vogliono rimpiazzare il minimo possibile ma vogliono anche che il loro lavoro possa durare a lungo.
Quanto a lungo?
«Senza infiltrazioni d’acqua questo legno potrebbe durare per sempre», dice Piacenti. «L’acqua è vita, naturalmente, ma per il tetto della chiesa è la morte: con l’acqua il legno torna in vita e vita significa anche decadimento».
Per sostituire le travi di larice, i restauratori hanno sorvegliato il mercato dei legni antichi – una nicchia per specialisti – cercando travi di epoca simile recuperate da monasteri e posti del genere. «Abbiamo acquistato circa 400 pezzi, ma solo 50 sono esattamente quello che cercavamo», ha spiegato Piacenti.
Per riparare una trave i restauratori posizionano una sezione di legno nuovo sopra a quello vecchio, come un guanto, e rinforzano il lavoro con componenti di acciaio, come se stessero riparando un osso spezzato. Tutto il lavoro è fatto manualmente, usando gli stessi strumenti e tecniche usati da carpentieri del 1500. Recuperano chiodi di 500 anni fa e li riusano.
Piacenti ha detto che inizialmente era preoccupato che i monaci che lavorano come custodi della chiesa avrebbero osteggiato i lavori di restauro. È noto che una volta scoppiò una rissa tra i monaci perché quelli ortodossi spostarono una scala nello spazio degli armeni mentre pulivano un candeliere: una violazione dell’antico accordo di preservare lo status quo e fare qualsiasi cosa come è sempre stata fatta.
Piacenti e i suoi operai sono stati molto attenti a non sollevare troppa polvere.
©2014 – The Washington Post