La Bosnia ed Erzegovina ai Mondiali
Diciottesima puntata della guida del Post: una squadra che partecipa al Mondiale per la prima volta, ed è una gran storia
La Bosnia ed Erzegovina partecipa al Mondiale di calcio per la prima volta nella sua storia, e in questa edizione è l’unica squadra esordiente del torneo. Ha ottenuto la qualificazione arrivando al primo posto nel girone G dell’UEFA in cui c’erano anche Grecia, Slovacchia, Lituania, Lettonia e Liechtenstein: in quella fase la Bosnia ed Erzegovina ha vinto otto partite su dieci, giocando molto bene e segnando parecchio (30 gol fatti e 6 subiti). Della sua lunga e per molti versi affascinante storia – del cammino verso il Mondiale in Brasile, delle possibilità di venirne fuori con un buon risultato, e del modo di giocare – si è occupato Francesco Costa su Ultimo Uomo. Al Mondiale in Brasile la Bosnia ed Erzegovina è capitata nel gruppo F con Argentina, Iran e Nigeria.
A un certo punto avevo pensato di dare a questo articolo la struttura di una di quelle liste virali di Buzzfeed, una cosa tipo: “48 Motivi Per Cui Quest’Estate Non Potrete Che Tifare Bosnia”. Poi ho desistito, anche per non giocarmi in eterno ogni possibilità di collaborazione con l’Ultimo Uomo, ma avevo delle buone ragioni—non so se sono proprio 48, ma era per rendere l’idea. La Bosnia ed Erzegovina è l’unica squadra esordiente a questi Mondiali di calcio: un tempo ce lo saremmo fatto bastare. È anche la squadra di una nazione giovanissima nata al termine di una guerra che è finita l’altro ieri e che ha coinvolto direttamente—da una parte e dall’altra—molti dei suoi giocatori e delle loro famiglie. Basta, no? Comprati a vita. Forza Bosnia. Vogliamo la favola. Invece c’è molto altro.
UN GROVIGLIO DI PRESIDENTI E SPAREGGI COL PORTOGALLO
Tra le altre cose, gli accordi di Dayton che misero fine alla guerra civile degli anni Novanta divisero la Bosnia in due entità – la Federazione di Bosnia ed Erzegovina, popolata soprattutto da bosgnacchi e musulmani croati, e la Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina, popolata soprattutto da serbi – più il distretto autonomo di Brčko, un pezzetto di terra popolato per la maggior parte da bosgnacchi e ancora sotto la supervisione della comunità internazionale. Dato che le persone avevano smesso di ammazzarsi appena un attimo prima, si stabilì che venissero eletti a suffragio universale non uno ma tre presidenti della Repubblica e che ogni “regione” avesse un suo Parlamento locale. Anche la federazione calcistica nazionale fino a qualche tempo fa aveva tre presidenti—li avrebbe tutt’ora, non fosse intervenuta duramente la FIFA qualche anno fa.In questo contesto di convivenza delicata e forzata, nel 1995 nasce la Nazionale di calcio. Comincia dalle qualificazioni ai Mondiali del 1998: finisce nel girone con la Croazia e per evitare guai si decide di giocare una delle due partite in campo neutro, a Bologna: quarto posto, niente fase finale. Poi le qualificazioni agli Europei del 2000: terzo posto, niente fase finale. Poi le qualificazioni ai Mondiali del 2002: quarto posto, niente fase finale. Cambiano un paio di allenatori, qualcosa comincia a muoversi. Qualificazioni agli Europei del 2004: quarto posto ma a due punti dal primo e a un punto dai playoff. Qualificazioni ai Mondiali del 2006: ancora quarti, ma incontrando due volte la Spagna senza perdere mai. Intanto qualcosa cambia ancora, su un altro fronte: nel 2007, meno di dieci anni dopo la partita di Bologna, si gioca un’amichevole contro la Croazia: stavolta a Sarajevo. Però la Bosnia arriva quarta di nuovo, anche alle qualificazioni per gli Europei del 2008.
Si cambia allenatore di nuovo, iniziano a venir fuori alcuni promettenti giocatori che avevano fatto parte di una divertente Nazionale bosniaca Under 21. La Bosnia arriva a giocarsi la qualificazione ai Mondiali del 2010 in uno spareggio contro il Portogallo, ma perde 1-0 sia all’andata che al ritorno. Due anni dopo la storia si ripete: di nuovo uno spareggio contro il Portogallo, stavolta per arrivare alla fase finale degli Europei del 2012. All’andata la Bosnia pareggia in casa 0-0 ma al ritorno il Portogallo passa 6-2. Bisogna aspettare altri due anni perché la Bosnia riesca a qualificarsi per la prima volta a un grande torneo internazionale, i Mondiali del Brasile, stavolta senza passare dagli spareggi e con dei numeroni: primo posto nel gruppo G, 25 punti in 10 partite, 30 gol fatti e 6 subiti. È nata una squadra e non si è capito se ci è voluto tanto o se ci è voluto poco.
SAFET SUŠIĆ, IL MIGLIORE
L’allenatore della Bosnia si chiama Safet Sušić, se avete più di trent’anni probabilmente lo conoscete: negli anni Ottanta fu un fortissimo trequartista del Paris Saint-Germain. Giocò a Parigi 343 partite e segnò 172 gol, da trequartista; non vinse niente però nel 2010 i lettori di France Football lo scelsero come miglior calciatore della storia del Paris Saint-Germain—meglio anche di Weah e Ronaldinho—e in patria lo considerano il miglior calciatore bosniaco degli ultimi cinquant’anni. In Bosnia è una specie di leggenda vivente, nonostante non abbia fatto moltissimo dopo aver smesso di giocare: ha allenato soprattutto cinque mediocri squadre turche, passando da un esonero all’altro e durando di solito non più di 10-15 giornate. La Bosnia però gli è venuta bene.CHE SQUADRA
È Sušić ha cambiato più volte idea su come far giocare la Bosnia. Fino al primo spareggio contro il Portogallo preferiva usare un 4-2-3-1 con Edin Dzeko unica punta davanti a Miralem Pjanić (a destra), Zvjezdan Misimović (al centro) e Senad Lulić (a sinistra). Durante il secondo spareggio contro il Portogallo fece una cosa mai vista: tra il primo e il secondo tempo cambiò la posizione in campo di otto giocatori, tutti esclusi Pjanić, Dzeko e il portiere. La svolta è arrivata col passaggio a un modulo più offensivo, che ha dato i suoi frutti: un 4-1-3-2 con i terzini molto aggressivi, che quando gli avversari hanno la palla si trasforma in un 4-3-1-2. È una squadra coraggiosa e divertente da vedere, ma paga la carenza della rosa in alcuni ruoli—è imbottita di centrocampisti con i piedi buoni ma le manca un vero mediano—e una certa disorganizzazione nella fase difensiva, che ogni tanto sembra quasi improvvisare.
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Foto: AP Photo/Amel Emric
Il Post pubblica un articolo al giorno dedicato a ciascuna delle squadre che parteciperanno ai Mondiali. L’archivio degli articoli precedenti di questa serie lo trovate qui.