La sentenza di massa in Cina
55 detenuti di etnia uigura sono stati condannati per reati legati al terrorismo in uno stadio dello Xinjiang, alla presenza di 7mila persone
Martedì 27 maggio, nella regione occidentale cinese dello Xinjiang, 55 persone sono state condannate per vari reati legati al terrorismo, separatismo e omicidi. Tre di loro sono stati condannati a morte. La lettura della sentenza, al termine di un processo che si è tenuto contro membri dell’etnia uigura (musulmani), si è svolta all’interno di uno stadio a Yili, vicino al confine cinese con il Kazhakistan, alla presenza di circa 7mila spettatori. I detenuti sono arrivati a bordo di furgoni scoperti, col volto chinato verso il basso, indossando delle divise arancioni.
Secondo Associated Press la sentenza è stata letta pubblicamente e resa accessibile alla popolazione locale per mostrare la fermezza del governo cinese nel combattere quello che definisce “terrorismo” separatista. Nelle ultime settimane, infatti, gli attacchi compiuti da membri dell’etnia uigura in Cina sembrano essere in aumento, anche se è difficile dirlo con precisione, vista la riluttanza del governo cinese a far trapelare informazioni su attacchi ed episodi di terrorismo. La lettura pubblica delle sentenze era comunque piuttosto frequente in tempi passati, ma col passare degli anni è stata limitata principalmente alle regioni dello Xinjiang e del Tibet, dove sono più forti i movimenti separatisti.
Genericamente si può dire che gli uiguri non accettino la presenza dei cinesi han nella regione, in costante afflusso, e denunciano da tempo le repressioni e le discriminazioni subite per mano del governo. Le proteste degli uiguri sarebbero comunque una reazione: per loro la questione centrale è quella delle restrizioni religiose. Gli uiguri devono utilizzare una versione del Corano approvata dal governo, le moschee sono gestite dal governo, gli uomini che vogliono incarichi nell’amministrazione pubblica sono costretti a radersi la barba e alle donne è vietato indossare il velo.