La morte di Massimo Vignelli, grande designer

Disegnò una mappa della metropolitana di New York, il logo di American Airlines e un sacco di altre cose: è morto a 83 anni a New York, dove viveva dal 1960

di Emily Langer – Washington Post

Il designer e grafico italiano Massimo Vignelli è morto martedì 27 maggio a New York a 83 anni. Vignelli era famoso per aver disegnato la segnaletica e la mappa della metropolitana di New York, per i suoi loghi aziendali, per le borse da shopping, i mobili e i servizi da tavolo: i suoi lavori sono diventati punti di riferimento e metro di paragone per il design moderno. A confermare la notizia della morte è stato Carl Nolan, che lavorava da lungo tempo con Vignelli. Le cause della morte non sono ancora state rese note, ma Vignelli era malato da molto tempo.

Vignelli aveva studiato a Milano prima di trasferirsi negli Stati Uniti insieme con sua moglie Lella, nel 1960. Con lei formò uno dei più apprezzati e celebrati sodalizi del design dal Dopoguerra. David Lasker, un’autorità nel campo del design, una volta ha detto: «Praticamente chiunque viva nel mondo occidentale, a un certo punto della sua giornata, si imbatterà in uno dei lavori di Vignelli».

I lavori di Vignelli erano famosi per il modo in cui coniugavano bellezza e utilità. Tra quelli più importanti ci sono il logo di American Airlines [della cui storia avevamo parlato anche qui], i famosi sacchetti di carta marroni di Bloomingdale, i depliant per i parchi nazionali americani, riconoscibili per la riga nera che li adorna, e la copertina dorata per i libri di viaggio della Fodor. Il suo lavoro più noto, tuttavia, è probabilmente il design di una mappa della metropolitana di New York che fu usata per un breve periodo negli anni Settanta.

«Ci piace che i nostri lavori di design abbiano un impatto sulla vita di milioni di persone», aveva detto Vignelli una volta.

Introdotta nel 1972, la mappa della metropolitana aveva districato il complicato groviglio di binari e gallerie che attraversano New York: le linee erano state “raddrizzate” e a ognuna era stata assegnata un colore in modo da rendere più facile la lettura. La mappa fu ritirata nel 1979 a causa delle proteste che la accusavano di distorcere la topografia di superficie della città.

mappa-vignelli-1972

Nonostante fosse stata molto contestata dal punto di vista cartografico (Vignelli si era rifiutato di colorare i parchi di verde e l’acqua di blu, per esempio), la mappa era stata inclusa nella collezione del MoMA e continua ad essere ammirata come oggetto di design modernista. Negli ultimi anni, poi, la mappa di Vignelli era stata riutilizzata per una guida online per il servizio della metropolitana di New York nel fine settimana.

I lavori di Vignelli sono spesso descritti come puliti e funzionali. La sua famosa sedia Handkerchief, chiamata così per la sua somiglianza a un fazzoletto, la si poteva vedere praticamente in tutti i luoghi pubblici. «Quelle sedie sono impilabili, facilmente lavabili, virtualmente indistruttibili e, nel loro modo minimalista, assolutamente bellissime», ha detto la critica del Washington Post Linda Hales dopo aver trovato alcuni esemplari della Handkerchief nella sala d’attesa dell’aeroporto di Washington. Le forme della sedia, ha spiegato Hales, «sono studiate in modo da accogliere comodamente persone di corporature diverse e i materiali sono elastici e curvati nel modo giusto per rendere la seduta più comoda possibile».

Per Vignelli, nel design, era centrale la funzionalità dell’oggetto piuttosto che l’aspetto più modaiolo: per esempio disegnò una serie di piatti che grazie al loro bordo molto alto permettevano di essere impilati e nascondere gli avanzi tra una portata e l’altra.

In una sorta di manifesto del suo lavoro, intitolato il Canone Vignelli, c’è scritto: «Disprezziamo la cultura dell’obsolescenza, la cultura dello spreco e il culto dell’effimero. Detestiamo la richiesta di soluzioni temporanee, lo spreco di energie e capitale al solo fine della novità. Siamo per un design che duri, che risponda ai bisogni e ai desideri delle persone».

Massimo Vignelli era nato a Milano, la capitale europea del design, il 10 gennaio del 1931. Lì, da giovane, aveva lavorato come disegnatore tecnico e aveva poi studiato architettura. Su quegli anni, Vignelli disse che gli avevano insegnato che «un architetto deve essere in grado di progettare qualsiasi cosa, da un cucchiaio a una città».

Vignelli studiò all’Accademia di belle arti di Brera, al Politecnico di Milano e all’Università di Venezia, prima di spostarsi negli Stati Uniti. Nei primi anni negli Stati Uniti lavorò per lo studio di design Unimark International, poi aprì uno studio con sua moglie Lella Valle Vignelli, che aveva sposato nel 1957 e che lui considerava la sua collaboratrice più importante.

A parte sua moglie, Vignelli lascia due figli, Luca e Valentina, e tre nipoti.

Negli anni Vignelli ha lavorato per Gillette, Ford, Xerox e IBM. Un cliente che non riuscì mai a ottenere, disse una volta, è il Vaticano. Al New York Times Vignelli aveva spiegato cosa avrebbe detto al papa: «Sua santità: il logo è OK, ma tutto il resto deve essere eliminato.»

Vignelli dava molte lezioni sul design e, spesso, esprimeva la sua impazienza con quella che lui definiva una mediocrità rampante nel campo. Una volta, al St. Louis Post, disse: «Ci sono troppe persone senza nessuna preparazione che si occupano di graphic design. E siccome hanno un computer, non c’è limite alle cose che possono creare: newsletter, segnaletica e così via. È inquinamento! Non hanno la minima idea della dignità della professione. Se fossero case farmaceutiche saremmo tutti avvelenati. Ma siamo avvelenati comunque, visivamente».

Tra i principi che promuoveva c’era il creare cose senza tempo. «Quando tutti fanno molto rumore – disse Vignelli una volta – si nota di più chi fa meno rumore.»

© Washington Post, 2014