Cosa succede con la TASI?
I comuni che non hanno rispettato la scadenza per deliberare l'aliquota hanno ottenuto una contestata proroga da parte del governo
I principali quotidiani di oggi riportano in prima pagina la notizia dello “slittamento” della TASI, la tassa annuale sui servizi che dal 2014 ha sostituito l’IMU sull’abitazione principale. Lunedì 19 maggio il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha infatti pubblicato un comunicato stampa in cui si annuncia che per alcuni comuni il pagamento della prima rata della TASI sarà rinviato da giugno a settembre. La proroga riguarda quei comuni che non hanno ancora fissato l’aliquota dell’imposta: la scadenza era fissata per venerdì 23 maggio. I comuni che invece l’hanno stabilita dovranno esigere la prima rata, come previsto, il 16 giugno. Il risultato – ed è questa la principale critica al governo – è che i cittadini dei comuni che hanno rispettato le regole dovranno pagare subito, mentre gli altri avranno ancora quattro mesi di tempo.
Dopo aver incontrato l’Anci, per venire incontro da un lato alle esigenze determinate dal rinnovo dei consigli comunali, e dall’altro all’esigenza di garantire ai contribuenti certezza sugli adempimenti fiscali, il Governo ha deciso che nei Comuni che entro il 23 maggio non avranno deliberato le aliquote la scadenza per il pagamento della prima rata della Tasi è prorogata da giugno a settembre. Per tutti gli altri Comuni la scadenza per il pagamento della prima rata della Tasi resta il 16 giugno.
Finora solo poco più del 10 per cento dei Comuni ha deliberato sulle aliquote: il Servizio Politiche territoriali della UIL ha calcolato che su un totale di 8.092 comuni, solo 832 hanno deciso quale aliquota applicare e di questi 832 solo 514 hanno reso nota la delibera sul sito del ministero. Una parziale spiegazione del ritardo l’ha data il presidente dell’ANCI (l’associazione dei comuni) Piero Fassino e avrebbe che fare con le elezioni comunali che riguardano più di 4mila comuni: «Quei consigli comunali ad aprile (cioè quando il Parlamento ha approvato le linee guida per l’applicazione della TASI, ndr) erano già sciolti e quindi impossibilitati a deliberare». Fassino però anche detto che il rinvio del pagamento dovrà essere compensato dall’anticipo da parte dello Stato di almeno 2 miliardi, per consentire ai comuni di non trovarsi in crisi di liquidità e di continuare ad erogare i servizi.
La decisione della proroga dovrà essere comunque formalizzata con un decreto legge che potrebbe essere approvato al prossimo Consiglio dei ministri, forse proprio venerdì prossimo, e che dovrebbe chiarire la questione centrale dell’anticipo ai comuni ritardatari.
Che cos’è la TASI, in breve
TASI sta per “Tassa sui Servizi Indivisibili” e serve a finanziare i servizi comunali come ad esempio la manutenzione stradale o l’illuminazione comunale. La TASI è una delle tre parti in cui è divisa la cosiddetta IUC, l’Imposta Unica Comunale: le altre due sono la TARI (la tassa sui rifiuti) e l’eventuale IMU su immobili diversi dalla prima casa di proprietà che resta in vigore (uffici, negozi, capannoni e così via).
Come l’IMU, la TASI si calcola sulla base imponibile della rendita catastale della prima casa di proprietà: il prodotto fra l’ampiezza della casa e una tariffa calcolata dall’Agenzia del Territorio che varia da comune a comune, il tutto moltiplicato per un fattore relativo alla categoria catastale della propria casa. Di conseguenza non viene considerato il valore di mercato degli immobili al momento del pagamento: contano solo l’estensione della casa, il territorio dove è costruita e la sua “categoria catastale”.
Inizialmente il governo aveva stabilito un tetto massimo per le aliquote al 2,5 per mille per la prima casa e al 10,6 per mille per immobili diversi dalla prima casa di proprietà (come somma di TASI e IMU) modificando poi la decisione e stabilendo la possibilità di un incremento che andava dallo 0,1 allo 0,8 e portando di fatto il tetto massimo al 3,3 per mille per la prima casa (l’aliquota di base è invece dell’1 per mille) e all’11,4 per mille per gli immobili diversi dalla prima casa di proprietà. La maggiorazione è vincolata alla concessione delle detrazioni che per l’IMU erano fisse a livello nazionale e che per la TASI dipendono invece dai singoli comuni.
Un discorso a parte va poi fatto per gli immobili di lusso e quelli in affitto. Per le case di lusso (circa 73 mila) si continuerà a pagare l’IMU sulla prima casa, con un’aliquota massima del 6 per mille più la TASI con aliquota massima sempre del 3,3 per mille: ma il totale non potrà superare il 6,8 per mille. Anche per gli immobili in affitto si pagheranno sia l’IMU che la TASI con il limite massimo dell’11,4 per mille. L’IMU verrà pagata interamente dal proprietario, mentre alla TASI l’inquilino dovrà partecipare con una quota variabile fra il 10 e il 30 per cento dell’intera tassa (deciderà il Comune).
Qualche numero
Non è semplice fare un calcolo medio a livello nazionale della nuova tassa perché, come abbiamo visto, ci sono aliquote diverse tra comune e comune, ci sono quelle differenziate tra prime case e altri immobili e c’è la variante delle detrazioni. La Stampa scrive che «si avranno sicuramente 8.092 applicazioni diverse della TASI, ma si rischia di avere oltre 75 mila combinazioni differenti di applicazione dell’imposta».
A fare però qualche calcolo è stato il Servizio politiche territoriali della UIL che ha mostrato come in molti comuni, alla fine, la nuova tassa costerà più dell’IMU: su 32 città capoluogo che hanno deliberato la TASI, in 12 di queste ci sarà l’aumento e sono Ferrara (308 contro 248 di IMU), Bergamo, Genova (439 contro 372), La Spezia, Macerata, Mantova, Milano (430 contro 396), Palermo (154 contro 152), Pistoia, Sassari, Savona e Siracusa.
Ad Aosta, ma non per le case di lusso, l’aliquota è stata fissata al livello base dell’1 per mille e a Pordenone dell’1,25 per mille. In tutti gli altri comuni che hanno rispettato la scadenza le aliquote sono invece aumentate:
11 città (Ancona, Bologna, Cagliari, Cremona, Ferrara, Genova, La Spezia, Piacenza, Reggio Emilia, Torino, Vicenza), sulle aliquote della prima casa, hanno adottato l’addizionale dello 0,8 per mille arrivando al 3,3 per mille, soltanto Milano e Roma hanno deciso di ricorrere all’addizionale suppletiva della TASI sulle seconde case, arrivando in questo caso all’11,4 per mille.
Il Corriere della Sera scrive infine che:
In linea di massima la TASI costerà meno per le rendite catastali elevate, nella maggior parte dei casi sarà uguale a zero per le rendite basse (fino a 300 euro) che però anche con l’IMU non pagavano nulla. C’è poi una grande fascia di mezzo, diciamo tra i 300 e i 900 euro di rendita, dove la TASI può costare di più, almeno dove il Comune non è intervenuto prevedendo detrazioni.
E quindi?
La situazione non è molto chiara tanto che alcuni quotidiani (tra cui ad esempio La Stampa) parlano, per i cittadini, di “versamenti al buio”. Per i proprietari di prima casa la legge dice infatti che in assenza di delibera comunale che specifichi quanto pagare si debba saldare tutto il 16 dicembre. Per le case diverse dalla principale, invece, la situazione è più complicata. La normativa prevede che in assenza di decisioni dei sindaci i proprietari paghino a giugno la metà dell’aliquota base (1 per mille). Ma se i singoli comuni decideranno poi di non far pagare la TASI portando invece al massimo l’aliquota dell’IMU – e possono decidere di farlo – i proprietari si potrebbero ritrovare ad aver versato un acconto superiore o non dovuto.
Il Codacons ha scritto che «il caos che si sta determinando è intollerabile e potrebbe spingere gli utenti a non pagare le tasse con danni pesantissimi per il Fisco». Guglielmo Loy, segretario confederale UIL, ha detto che «tra TASI, TARI (e cioè la nuova tassa sui rifiuti) e addizionali comunali si rischia di neutralizzare il bonus» (quello dei famosi 80 euro) e che «nel caso dei pensionati, esclusi dal bonus fiscale, il rischio è di peggiorare ulteriormente la situazione economica, aumentando il carico fiscale complessivo». Renato Brunetta, capogruppo di Forza Italia alla Camera, ha denunciato un aumento della tassazione che equivale a una «patrimoniale di fatto pari a quasi 30 miliardi di euro».