Tina Modotti, attrice, fotografa e attivista
Modella e militante di sinistra in Messico, fu accusata per un attentato (ingiustamente) e Neruda le dedicò una poesia: le sue opere sono esposte in questi giorni a Torino
Dal primo maggio al 5 ottobre Palazzo Madama a Torino ospiterà una retrospettiva della fotografa Tina Modotti, famosa per il suo impegno politico e la sua personalità eclettica. Tina Modotti nacque a Udine nel 1896 da una famiglia piuttosto povera (il padre era meccanico, la madre sarta), a 12 anni aveva iniziato a lavorare, a 16 emigrò negli Stati Uniti per raggiungere il padre a San Francisco: lì iniziò a recitare a teatro e in film muti, e a posare come modella per pittori e fotografi. Nel 1918 iniziò una relazione con l’artista Roubaix “Robo” de l’Abrie Richey e si trasferì con lui a Los Angeles per iniziare a lavorare nel cinema. Qui conobbe il fotografo Edward Weston: ne divenne la modella preferita e poi l’amante.
Nel 1921 il compagno Robo si trasferì in Messico; Modotti lo raggiunse, ma arrivò due giorni dopo la sua morte per vaiolo. Qualche anno più tardi aprì a Città del Messico uno studio di ritratti fotografici insieme a Weston: i due ebbero, tra le altre cose, l’incarico di fotografare il paese per il libro Idols Behind Altars della scrittrice Anita Brenner, che raccontava la storia e l’arte contemporanea del Messico. Nello stesso tempo Modotti divenne la fotografa di riferimento del movimento murale messicano, e documentò le opere di José Clemente Orozco e Diego Rivera. Il suo stile maturò in questo periodo: fece molti esperimenti fotografando interni, nature morte e paesaggi urbani, e iniziò a ritrarre sempre più spesso contadini e operai. Il momento più importante della sua carriera fotografica arrivò nel 1929, con una retrospettiva al Museo nacional de arte di Città del Messico: era presentata come «la prima mostra fotografica rivoluzionaria in Messico». Modotti spiegava:
«Sempre, quando le parole “arte” e “artistico” vengono applicate al mio lavoro fotografico, io mi sento in disaccordo… Mi considero una fotografa, niente di più. Se le mie foto si differenziano da ciò che viene fatto di solito in questo campo, è precisamente perché io cerco di produrre non arte, ma oneste fotografie, senza distorsioni o manipolazioni.»
(Tina Modotti. Sulla fotografia sovversiva, Bertelli Pino)
Negli stessi anni Modotti aveva conosciuto molti personaggi politici radicali e comunisti, come Julio Antonio Mella e Vittorio Vidali. Nel 1927 si iscrisse al Partito comunista: da allora il suo lavoro fu sempre più politicizzato e pubblicò su molti giornali di sinistra, compreso El Machete, l’organo ufficiale del Partito comunista messicano. Era tenuta sott’occhio dalla polizia segreta italiana e messicana e quando nel 1929 ci fu un fallito attentato al presidente messicano Pascual Ortiz Rubio, Modotti venne subito interrogata dalla polizia. Si ritrovò nel mezzo di una campagna mediatica anti-comunista e xenofoba che la dipinse come «fiera e sanguinaria».
Nonostante la sua innocenza (per l’attentato venne condannato un estremista cattolico, Daniel Luis Flores) nel 1930 venne espulsa dal Messico e imbarcata su una nave diretta a Rotterdam. In Europa visse a Berlino, poi si trasferì a Mosca – dove lavorò per la polizia segreta sovietica – e nel 1936 andò a combattere insieme a Vittorio Vidali nella Guerra civile spagnola. Restò nel paese fino al 1939, quando ritornò in Messico con uno pseudonimo. Morì nel 1942, a 45 anni, per un infarto. Il pittore messicano Diego Rivera accusò Vidali di averla assassinata perché era al corrente di crimini e esecuzioni che aveva ordinato durante la guerra civile, ma molti amici di Modotti respinsero le accuse. Tra loro, il poeta cileno Pablo Neruda, che le dedicò una poesia, parzialmente scolpita sulla sua tomba nel Panteón de Dolores a Città del Messico.
La retrospettiva a Palazzo Madama racconta la storia, la personalità, e il lavoro di Modotti come modella, attrice, fotografa e attivista politica. Mostra l’evoluzione stilistica delle sue fotografie, caratterizzate da un’impostazione geometrica e posata, con tagli prospettici inusuali e bianchi e neri pastosi, e progressivamente incentrata sulla figura umana: marce di contadini, operai, bambine al lavoro nei campi e nelle fattorie. La mostra presenta anche ritratti di Modotti realizzati da anonimi o dal compagno Edward Weston, e le sue ultime e poco conosciute fotografie che scattò a Berlino, quando – come spiegava – non era più in grado di lavorare con gli strumenti tecnici più avanzati dell’epoca.