La terra di nessuno
In senso letterale: la storia di un pezzo di terra al confine tra Egitto e Sudan che nessuno stato al mondo reclama come suo
Prendete una mappa dell’Africa (tipo questa) e date un’occhiata ai confini che separano i paesi che si affacciano sul Mediterraneo con i loro vicini a sud. È un insieme di linee rette, e c’è un motivo: i confini di questi paesi cadono in mezzo al deserto del Sahara dove in pratica non c’è nulla a parte la sabbia. All’epoca delle colonie, quando arrivò il momento di decidere i confini di questi paesi, i capi degli Stati europei si riunirono a Londra, Parigi o Berlino e li disegnarono con squadra e righello.
Guardando un po’ più da vicino l’angolo nord orientale della regione, dove l’Egitto si incontra con il Sudan, si vede che la linea precisa che separa i due paesi – che altro non è che il 22° parallelo – ha una specie di rientranza verso nord. Si tratta di un’area chiamata il “triangolo di Hala’ib”, grande 20 mila chilometri quadrati, più o meno quanto l’Emilia Romagna. In molte mappe l’area è tratteggiata, perché i suoi confini sono disputati da più di cinquant’anni tra Egitto e Sudan. Ma non è finita, perché lì c’è anche un’altra area tratteggiata. È un piccolo fazzoletto di terra chiamato il “triangolo di Bir Tawil”, anche se ha una forma trapezoidale. Bir Tawil, che in arabo significa “pozzo alto” o “lungo” ed è grande un decimo di Hala’ib, è l’unica parte del pianeta Terra – ad eccezione di una zona dell’Antartide – che non è rivendicato da alcuno Stato.
Jake Howry ha raccontato su The Gate, blog di analisi politica dell’università di Chicago, la storia di questa curiosa anomalia della storia. Tutto è cominciato alla fine dell’Ottocento, al culmine dell’età dell’imperialismo. All’epoca il Regno Unito controllava di fatto l’Egitto, anche se questo paese aveva, in teoria, un’amministrazione indipendente. Dopo una serie di traversie – tra cui un profeta pazzo, un’insurrezione delle tribù sudanesi, l’assassinio di un eroe di guerra inglese e una spedizione punitiva a cui partecipò anche il giovane Winston Churchill – il Regno Unito si trovò nella situazione di dover gestire anche il Sudan, il grande Stato che confinava a sud con l’Egitto e che formalmente ne aveva sempre fatto parte.
All’epoca l’equilibrio tra le grandi potenze del mondo era piuttosto delicato. Ad ogni ingrandimento territoriale che un qualche paese riusciva ad ottenere, corrispondeva puntualmente la richiesta delle altre potenze ad ingrandirsi di altrettanto spazio da qualche parte nel mondo. Era una situazione che a volte portava a complicate acrobazie formali per nascondere le conquiste territoriali. Un esempio è il caso del Sudan: nel 1899 il Regno Unito scelse la formula della “cogestione”, nella quale il nuovo stato, ribattezzato Sudan Anglo-egiziano, era amministrato contemporaneamente dai due paesi. In pratica gli inglesi tirarono una linea retta lungo il 22° parallelo e stabilirono che a nord governava formalmente l’Egitto (anche se con una forte influenza inglese, come abbiamo visto), mentre a sud governava un inviato egiziano, scelto con il consenso inglese. Cioè, di fatto, governavano gli inglesi.
Questa era la situazione a livello politico, ma a livello amministrativo le cose erano ancora più complicate. Per gestire più semplicemente le varie tribù che vivevano nell’area (e i cui territori non rispettavano con precisione la divisione politica lungo il 22° parallelo) fu deciso, nel 1902, che il Sudan avrebbe gestito una grande area al confine con il mare e a nord del 22° parallelo, il “triangolo di Hala’ib”, mentre l’Egitto avrebbe gestito un piccolo territorio a sud dello stesso, il “trapezio” di Bir Tawil. L’intricata situazione non presentò problemi fino a che il Regno Unito gestì, più o meno di fatto, entrambi i paesi. Quando nel 1956 Egitto e Sudan si resero indipendenti anche di fatto, le cose cominciarono a complicarsi.
Il problema fu che nel “triangolo di Hala’ib” venne scoperto prima l’oro, e poi dei giacimenti di gas a largo delle sue coste – anche se non è ancora chiarissimo quanto entrambe le risorse siano consistenti. I due paesi cominciarono così a sostenere di avere il diritto legittimo ad occupare e sfruttare il triangolo. L’Egitto (come si può vedere nelle mappe ufficiali) sostiene che il confine tra i due paesi è la linea retta che corre lungo il 22° parallelo, cioè la divisione politica tra i due paesi stabilita nel 1899. Secondo il Sudan, invece, il confine che conta è quello amministrativo, stabilito nel 1902. Il risultato di queste due opposte rivendicazioni e che nessuno dei due paesi rivendica Bir Tawil. Ovviamente Bir Tawil non interesse a nessuno anche perché non ha nulla, a parte roccia e sabbia. Non ci sono strade, né insediamenti. Il suo nome significa “pozzo d’acqua”, ma dove questo pozzo si trovi (e se sia mai esistito) è tuttora un mistero.
Mentre la situazione formale è ancora incerta, di fatto Hala’ib e le sue potenziali risorse naturali sono da più di 20 anni nelle mani del governo egiziano. All’inizio degli anni Novanta, infatti, il governo sudanese cercò di vendere i diritti per sfruttare i giacimenti di gas a largo della costa a una compagnia canadese. In risposta, gli egiziani occuparono militarmente l’area e le loro truppe si trovano ancora lì, dove esiste un unico insediamento di qualche centinaio di abitanti e una sola strada principale. Un conflitto tra i due paesi è difficile da immaginare, visto che l’Egitto ha un’economia cinque volte più grande di quella sudanese e un esercito molto più forte. Dal 1992 ad oggi, il Sudan ha però denunciato ogni anno l’Egitto per l’occupazione del triangolo. In questa situazione legalmente incerta è difficile che grandi compagnie petrolifere decidano di investire nell’area, almeno fino a quando la disputa non sarà risolta. È probabile comunque che entrambi gli Stati continuino a sostenere che Hala’ib appartiene a loro: ed è altrettanto probabile che Bir Tawil continuerà a rimanere terra di nessuno.