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  • Sabato 10 maggio 2014

Michelle Obama e le ragazze rapite in Nigeria

In un messaggio video la first lady si è detta “indignata” e “affranta” per la sorte delle oltre 200 studentesse rapite da Boko Haram, di cui non si sa ancora nulla

Sabato 10 maggio Michelle Obama, la first lady statunitense, ha diffuso un messaggio video in cui ha detto di essere “indignata” e “affranta” per il rapimento avvenuto lo scorso 14 aprile in un dormitorio della scuola di Chibok, nel nord-est dello stato nigeriano di Borno, di oltre 200 ragazze nigeriane. Michelle Obama – che ha parlato nel discorso settimanale della Casa Bianca da sola, per la prima volta (finora era sempre stata affiancata dal marito) – ha detto che «in queste ragazze Barack e io vediamo le nostre figlie. Vediamo le loro speranze, i loro sogni e possiamo solo immaginare la pena che i loro parenti stanno vivendo in questo momento». Il gruppo islamista e terrorista Boko Haram ha rivendicato il rapimento delle ragazze: dallo scorso 14 aprile, tuttavia, di loro non si è saputo più nulla di certo.

Michelle Obama ha detto: «Quello che è successo in Nigeria non è stato un incidente. È una storia che vediamo tutti i giorni quando delle ragazze in giro per il mondo rischiano la vita per seguire le loro ambizioni». Obama ha anche citato Malala Yousafzai, la ragazza pakistana ferita alla testa con un colpo di arma da fuoco dai talebani, dopo che aveva parlato dell’importanza dell’educazione nel suo paese (la stessa Malala si è fatta fotografare per chiedere la liberazione delle ragazze). Già nei giorni scorsi Michelle Obama aveva sostenuto pubblicamente la causa delle ragazze nigeriane, facendosi fotografare con un foglio con scritto l’hashtag usato da mezzo mondo per chiederne la liberazione: #BringBackOurGirls.

michelle

Nei giorni scorsi un piccolo numero di esperti statunitensi e britannici sono arrivati in Nigeria per assistere la polizia locale nella ricerca delle ragazze rapite (tra gli strumenti che verranno usati nelle ricerche potrebbero esserci i droni). Le autorità nigeriane sono state molto criticate sia dai genitori delle ragazze rapite sia da diversi paesi occidentali per le gravi lentezze e mancanze nei soccorsi: venerdì l’organizzazione Amnesty International ha detto che i militari nigeriani sapevano in anticipo che ci sarebbe stato un attacco da parte di Boko Haram, ma non sono riusciti a fermarlo. Non si sa dove si trovino ora le ragazze – secondo alcune ipotesi sarebbero già state fatte uscire dal paese – ma il presidente nigeriano, Goodluck Jonathan, ha detto che potrebbero trovarsi ancora in Nigeria.

Boko Haram significa “L’educazione occidentale è proibita” (anche se il significato reale di “boko” è “falso”). Il vero nome del gruppo è Jama’atu Ahlis Sunna Lidda’awati wal-Jihad, che in arabo sta per “Popolo impegnato nella diffusione degli insegnamenti del Profeta e della Guerra santa”. L’organizzazione è stata fondata nel 2002 dal leader Ustaz Mohammed Yusuf nello stato del Borno, dove l’islamismo è molto radicato. Boko Haram ha ucciso almeno 2.300 persone dal 2010, secondo le stime giornalistiche e i rapporti di Amnesty International. Il suo obiettivo principale è l’applicazione della sharia nell’intera Nigeria, dove in realtà già vige dal 1999 in vari stati del nord del paese. L’organizzazione vieta ogni commistione con lo stile di vita occidentale, dalla cultura all’istruzione, fino a vietare di indossare jeans e t-shirt.