Gerry Adams, l’IRA e l’Irlanda del Nord
Perché l'arresto del leader di Sinn Fein, il partito indipendentista, mostra che l'Irlanda del Nord non ha fatto i conti con le storie peggiori del suo passato
di Griff Witte – Washington Post
Una settimana dopo che sua madre fu rapita e poi uccisa, Michael McConville, allora undicenne, fu a sua volta rapito e invitato a stare zitto. Quarantadue anni dopo, dice di non aver mai fatto il nome dei membri dell’IRA – l’organizzazione militare indipendentista irlandese – che uccisero sua madre, per paura che così facendo avrebbe lasciato i propri figli senza un padre.
Ma il nome di una delle persone coinvolte nel caso McConville è ora noto a tutti: Gerry Adams.
Quando il capo di Sinn Fein, il partito politico indipendentista irlandese, è stato arrestato la settimana scorsa perché sospettato di avere ordinato nel 1972 l’omicidio di Jean McConville, la madre di Michael, le reazioni scomposte di alcuni e il rischio che ha corso il precario equilibrio politico su cui si regge il paese hanno dimostrato quanto l’Irlanda del Nord sia vulnerabile a causa di alcune vicende del proprio passato.
In molti posti, sarebbe considerato esagerato tenere ancora aperta un’indagine vecchia più di quarant’anni: ma non in Irlanda del Nord, dove i Troubles – “i Disordini”, una specie di guerra civile fra protestanti e cattolici avvenuta fra gli anni Sessanta e gli anni Novanta – continuano a rendere fragile qualsiasi tentativo di pacificazione.
Nonostante sedici anni di relativa pace generati dal Good Friday Agreement – un accordo di pace firmato da diversi partiti del paese nel 1998, su spinta del governo Blair e col patrocinio degli Stati Uniti – la fiducia reciproca tra unionisti e repubblicani è notevolmente fragile, specialmente quando si parla dei 3.600 morti dei Troubles. Entrambe le fazioni si accusano di oscure trame per far tornare l’instabilità politica nel paese. Adams è stato rilasciato domenica e ci sono pochi dubbi riguardo alla piega che avrebbe preso la situazione nel caso in cui fosse stato formalmente accusato. «Ci sarebbero state delle rivolte, ovvio», spiega il 58enne Alfie Butler, che nel 1993 perse sua figlia e sua nipote a causa di una bomba. «È giusto parlare del fatto che la situazione sia migliorata, ma i gruppi paramilitari non se ne sono mai andati. I gangster ci sono ancora, da entrambe le parti».
Butler dice queste cose dal bancone di un pub su Shankill Road, a Belfast: un posto frequentato tradizionalmente da unionisti che si trova nella zona dei nuovi luccicanti uffici del centro di Belfast, ma che in qualche modo è rimasto bloccato in un momento storico più antico e grigio. Come la sua controparte repubblicana, Falls Road, Shankill Road è dominata da negozi con le porte sbarrate da assi di legno, case popolari e monumenti in ricordo dei morti. Questi ultimi sono diventati perenni soggetti per le foto dei turisti che arrivano da molte parti del mondo. Ma tra i residenti è ancora molto presente un sentimento di lutto: i monumenti sono adornati da corone di fiori freschi per onorare i fratelli, i figli e i padri morti durante i combattimenti.
Verso la fine degli anni Sessanta, Falls Road e Shankill Road diventarono il fronte di una guerra che vedeva schierati da una parte la maggioranza protestante nord irlandese e i suoi sostenitori nell’esercito britannico, e dall’altra la minoranza cattolica che voleva staccarsi dal Regno Unito per annettersi all’Irlanda. Ancora oggi quartieri e vie sono divise in due: Union Jack e tricolori irlandesi segnano i confini tra unionisti e repubblicani. Le scuole, i pub e anche il tifo delle squadre di calcio sono strutturati in base a questa stessa divisione.
Dal 1998 regna la pace, e l’Irlanda del Nord ha prosperato. Tuttavia non si è mai trovato un accordo su come trattare la violenza di quegli anni e affrontare i molti omicidi irrisolti.
Quando Adams è stato arrestato, la polizia ha citato nuove prove ottenute da alcune testimonianze fornite da ex membri dell’IRA: intervistati durante una ricerca del Boston College, alcuni di loro hanno fatto il nome di Adams in relazione all’omicidio di McConville. I funzionari della polizia che si sono occupati del caso hanno detto di aver semplicemente seguito le tracce che portavano a Adams, il quale ha sempre strenuamente negato ogni coinvolgimento con la morte di McConville.
Quelli di Sinn Fein, però, si sono fatti un’idea diversa. Uno degli storici leader del movimento, Martin McGuinness, sostiene ci sia una “setta” interna alla polizia che si oppone in ogni modo al processo di pace e che vuole distruggere Sinn Fein. McGuinness ha detto che il suo partito avrebbe delegittimato la polizia e che sarebbero state organizzate diverse manifestazioni di protesta, se le accuse contro Adams non fossero state ritirate.
La minaccia di McGuinness ha ottenuto una certa risonanza nell’Irlanda del Nord, dove Sinn Fein è stato a lungo il fronte politico dell’IRA e dove è ancora la più rilevante forza politica repubblicana. Nonostante il movimento abbia rinnegato la violenza, la prospettiva di vedere i sostenitori di Sinn Fein manifestare nelle strade accusando la polizia di tradimento ha spaventato molti abitanti di Belfast. Peter Robinson, il leader del partito unionista Northern Ireland Assembly, ha detto in un’intervista che il messaggio di Sinn Fein era molto chiaro: «Se la polizia non avesse rinunciato ad accusare Adams, quelli avrebbero distrutto la città»
Robinson ha anche detto che se i repubblicani avessero dato seguito alle loro minacce, lui avrebbe reagito duramente: avrebbe cercato di escludere Sinn Fein dal governo di unità nazionale che al momento regge l’Irlanda del Nord. Una decisione che avrebbe certamente fatto aumentare la tensione. Ma alla fine Adams non è stato accusato. È stato invece liberato domenica sera, dopo 4 giorni passati in custodia. La sera successiva, Sinn Fein gli ha organizzato una calorosa festa di bentornato: 700 attivisti hanno affollato una piccola sala da ballo di Belfast esultando per la sua liberazione.
Nonostante Sinn Fein abbia accusato la polizia di avere motivazioni politiche, sembra che l’arresto di Adams – a poche settimane di distanza dalle elezioni europee e amministrative – abbia galvanizzato i sostenitori del partito, che hanno festeggiato cantando ballate di protesta scritte in qualche tetra cella decine di anni fa. Per un partito che è stato costruito sulla ribellione, la liberazione di Adams è stato il segnale che è possibile ancora farsi valere e farsi sentire. Bobby Storey, un ex militante dell’IRA, ha detto: «quelli che si oppongono al processo di pace hanno provato e fallito una volta di più. Più forti diventiamo noi, con più forza ci proveranno».
Sorridendo e fermandosi a scherzare con la folla, Adams ha definito il suo arresto “una farsa”, ma è stato più conciliante di quanto non fosse stato McGuinness, dicendo comunque che continuavaa fidarsi della polizia. Ha anche detto di voler “aiutare tutte le famiglie” di quelli che sono morti durante i Troubles. «Le questioni irrisolte dovrebbero essere trattate da un’entità indipendente e sovranazionale», ha detto Adams in un’intervista successiva al suo rilascio. «D’altra parte non potete nemmeno aspettarvi che Sinn Fein inizi un processo di riconciliazione storica: saremmo comunque visti come di parte». Robinson, il leader unionista, ha scartato l’ipotesi dicendo che il sistema giudiziario nord irlandese è perfettamente in grado di occuparsi della questione: «Un omicidio è un omicidio, che sia stato commesso ieri o dieci anni fa».
Per Michael McConville, tuttavia, la prospettiva di ottenere giustizia per sua madre è piuttosto remota. Ormai 52enne, McConville si ricorda chiaramente la notte del 1972: la notte che 10 uomini dell’IRA fecero irruzione nella casa dove viveva con la sua famiglia, presero sua madre e la trascinarono via tra le grida dei suoi bambini. L’IRA sospettava che Jean McConville fosse un’informatrice dei britannici ma la cosa non è mai stata provata, nemmeno nelle indagini successive. All’epoca dei fatti Jean McConville aveva 37 anni; questa settimana ne avrebbe compiuti 80.
Michael McConville ha detto di aver riconosciuto nei suoi vicini di casa molti dei rapitori di sua madre, e di averli incontrati in strada in tutti questi anni. Tuttavia non ha mai fatto i loro nomi, temendo conseguenze per lui e la sua famiglia. «Conosco bene il dolore che ho dovuto patire e non voglio che nessun altro lo debba provare. Crescendo durante i Troubles ho visto molte persone morire. Io e la mia famiglia speriamo che non si torni indietro al clima di quei giorni bui».
© 2014 – The Washington Post
Foto: Un murales a Belfast (Peter Morrison/AP)