Cos’è il DASPO?
Le informazioni minime per capire una delle cose di cui parliamo da sabato sera, e perché a molti non piace
DASPO è un acronimo. Vuol dire Divieto di Accedere alle manifestazioni SPOrtive. Viene deciso dalla questura e le persone contro cui viene disposto non possono più entrare in luoghi e strutture in cui si svolgono determinate manifestazioni sportive. Può avere durata da uno a cinque anni e in alcuni casi può essere accompagnato dall’obbligo di presentarsi a un ufficio di polizia durante ogni manifestazione sportiva vietata, per fornire prova della propria presenza lontano dalla struttura.
Il fatto che il DASPO sia deciso dalla questura sulla base di una denuncia e a volte nemmeno di quella, e non necessariamente dopo un processo e una condanna, ha generato negli anni grandi proteste da parte dei gruppi ultras e dalla tifoseria organizzata. Nel 2002 la Corte Costituzionale ha stabilito che il DASPO è una misura di prevenzione, e non punitiva, che può quindi essere amministrata in attesa del processo alle persone – scrive il ministero dell’Interno – “che versino in situazioni sintomatiche della loro pericolosità per l’ordine e la sicurezza pubblica con riferimento ai luoghi in cui si svolgono determinate manifestazioni sportive”.
Il provvedimento può essere disposto anche per le manifestazioni sportive che si svolgono all’estero e anche contro i minorenni, purché abbiano compiuto 14 anni. Il sito del ministero dell’Interno lo definisce “una misura di prevenzione atipica”. Il ministro dell’Interno Angelino Alfano, dopo gli scontri di Roma, ha detto di stare “seriamente pensando” all’introduzione di un DASPO a vita. Lunedì la questura di Roma ha emesso un DASPO valido per cinque anni nei confronti di Gennaro De Tommaso, l’ultras del Napoli soprannominato “Genny ‘a carogna” che sabato sera aveva discusso con le forze dell’ordine prima dell’inizio della finale di Coppa Italia (era quello con la maglietta “Speziale libero”, per capirci).