Che fine farà la dinastia Gandhi
Sonia Gandhi non sta bene e la sua grandissima popolarità è in declino, suo figlio Rahul è incerto e poco carismatico: è la fine di un pezzo di storia dell'India?
di Annie Gowen - Washington Post
Quando vent’anni fa Sonia Gandhi – nata Antonia Edvige Albina Maino – arrivò per la prima volta in questo angolo polveroso dell’India, a migliaia si voltarono per vedere questa bellissima donna, nata in Italia, vedova di un ex primo ministro, e la implorarono di entrare in politica e salvare l’India.
Da allora, Gandhi è diventata la donna più potente dell’India e presidente del partito più antico del paese. Poche settimane fa tuttavia, in un piovoso pomeriggio di primavera, quando Sonia Gandhi è tornata nella roccaforte della sua famiglia nello stato di Uttar Pradesh per un comizio elettorale, la folla ad accoglierla era piccola e silenziosa.
Mentre le lunghe procedure elettorali entrano nella loro fase finale, il partito di Sonia Gandhi è indietro in quasi tutti i sondaggi. Ormai in condizioni di salute precarie, Sonia Gandhi ha annunciato la sua intenzione di ritirarsi dalla vita pubblica entro pochi anni. Suo figlio, il 43enne Rahul, non ha mostrato particolare interesse nel prendere il suo posto.
La decrescente popolarità del partito mette a rischio l’influenza politica della dinastia che ha dominato la politica indiana dai tempi dell’indipendenza: da quando Jawaharlal Nehru, il nonno di Rahul, venne eletto primo ministro. Da allora i Gandhi, grazie al loro lavoro per migliorare le condizioni di vita delle masse povere del paese, si sono guadagnati la lealtà di ampie fasce della popolazione. La nascente classe media delle grandi città, tuttavia, ha negli anni sviluppato una certa ostilità nei confronti della corruzione al governo e chiedono che ci si occupi più di creare posti di lavoro che di politiche di welfare.
Sonia Gandhi, ormai 67enne, è arrivata con tre ore di ritardo per il discorso elettorale a Amethi, il distretto elettorale di suo figlio. Quando finalmente è salita sul palchetto, ha presentato le elezioni come una scelta netta tra il suo partito – laico e secolare – e il principale partito di opposizione, guidato da Narendra Modi, un nazionalista indù. Parlando con un perfetto accento hindi e indossando un sari di alta sartoria, Gandhi ha accusato l’opposizione di voler “dividere il paese in base a religione, casta e credo”, mentre “gli obiettivi del nostro partito uniranno il paese, facendolo progredire”.
Ha parlato per meno di 15 minuti, ma prima che avesse finito il pubblico aveva già cominciato ad andarsene.
Quando poche settimane fa Modi era passato in città per un comizio, decine di migliaia di persone erano arrivate per ascoltarlo attaccare la famiglia Gandhi. “Nessuno potrà salvare questo governo dinastico!” ha detto Modi tra i boati della folla.
Da quando nel 1998 ha preso il comando del partito del Congresso Nazionale Indiano, Sonia Gandhi ha esercitato un’enorme e ingombrante influenza nel paese. Forbes l’ha collocata al nono posto nella classifica delle donne più potenti del mondo, appena dietro Hillary Rodham Clinton ma davanti a Oprah Winfrey. Per molti versi, però, Sonia Gandhi rimane un enigma: evita la vita mondana, si fida solo dei suoi stretti collaboratori e dei suoi figli, non concede interviste quasi mai.
Rasheed Kidwai, autore di una biografia di Sonia Gandhi, sostiene che proprio il silenzio sia la sua forza e che le sue apparizioni pubbliche sono così poche e ben congegnate da farla sembrare una specie di regina, soprattutto se comparata al resto del rumoroso scenario politico indiano.
Gandhi ha guidato il partito e i suoi alleati alle vittorie elettorali del 2004 e del 2009. Nel 2004 rifiutò la possibilità di diventare primo ministro temendo che, in un paese ancora ferito da anni di dominazioni straniere, il fatto di essere cresciuta all’estero avrebbe potuto costituire un ostacolo al governo. Per prendere il suo posto alla guida del paese scelse il moderato economista Manmohan Singh.
Nonostante questo, Sonia Gandhi è stata la vera forza dietro la creazione dei numerosi programmi sociali degli ultimi anni. Il suo potere è discreto ma molto esteso: anche se l’accusa è stata negata, in un recente libro pubblicato da un ex consigliere del primo ministro si dice che Sonia Gandhi scegliesse i ministri senza neanche consultare Manmohan Singh.
Cresciuta in condizioni modeste in una piccola città del nord Italia, figlia di un muratore, pochi si aspettavano che Sonia sarebbe stata l’erede della potente dinastia Gandhi. Negli anni Sessanta, poco dopo aver finito il liceo, si trasferì in Inghilterra per studiare l’inglese e lì conobbe uno studente dell’università di Cambridge: Rajiv Gandhi, nipote di Nehru, figlio del potente primo ministro indiano Indira Gandhi (e in nessun modo imparentato col Mahatma Gandhi).
I due si sposarono nel 1968 e si trasferirono nella residenza del primo ministro. Il cambiamento non fu facile all’inizio, in casa la suocera insisteva che si parlasse solo hindi. Alla fine Sonia Gandhi decise di rinunciare alla sua cittadinanza italiana: “Mi sono trasferita qui perché io e mio marito eravamo pazzamente innamorati – ha detto in una rara intervista del 2004 – avrei fatto qualsiasi cosa”.
Rahul nacque nel 1970, Priyanka nel 1972.
Nonostante Sonia Gandhi avesse deciso di diventare la “perfetta moglie”, una serie di tragedie cambiarono la sua vita. Nel 1984 la suocera fu uccisa dalla sua guardia del corpo di origini Sikh. Sonia implorò il marito di non accettare il posto di primo ministro, temendo per la sua vita, ma lui lo fece comunque per una legislatura. Venne ucciso nel 1991 mentre tentava un ritorno in politica.
A quel punto il partito chiese a Sonia di raccogliere l’eredità del marito. All’inizio lei era riluttante, ma quando accettò ed entrò in politica, non c’era nulla che potesse fermarla. Proiettava un’immagine materna e rassicurante che riuscì a unire un partito tradizionalmente piuttosto frammentato.
Negli ultimi anni, però, Sonia Gandhi, che era conosciuta per la sua grande energia in campagna elettorale, ha affrontato alcuni problemi: nel 2011 è stata operata negli Stati Uniti, anche se non si sa per cosa, e durante gli ultimi comizi è apparsa pallida e stanca. Dal partito hanno fatto sapere che non si tratta di nulla di serio, ma lei ha dovuto cancellare alcuni eventi elettorali.
La transizione di potere tra lei e suo figlio è stata piuttosto difficile. Lo scorso anno, quando il giovane Gandhi è stato nominato vice segretario del partito, la notizia era stata accolta con molto entusiasmo, ma da allora Rahul si è dimostrato piuttosto riluttante nel dire se voleva davvero diventare il nuovo leader del partito. I suoi critici lo accusano di non avere il carisma e la capacità di stare con le persone che avevano sua madre e sua nonna. E lui è meno apprezzato e popolare di sua sorella Priyanka, che non è candidata alle elezioni ma ha preso parte con vigore alla campagna elettorale.
Rahul Gandhi ha lavorato per cambiare e ringiovanire il partito, dicono i suoi sostenitori. Ma in molti, soprattutto nelle grandi città, lo vedono come un candidato delle élite. Di certo non aiuta il fatto che, in un paese martoriato dagli scandali di corruzione, la ricchezza della famiglia Gandhi sembra essere aumentata negli ultimi anni. Il mese scorso il Wall Street Journal ha scritto che il genero di Sonia Gandhi ha accumulato proprietà immobiliari per 42 milioni di dollari (30 milioni di euro). Sua moglie Priyanka ha detto che si tratta di diffamazione.
Nonostante il momento negativo del partito dei Gandhi e la crescita dei partiti di opposizione, potrebbe essere presto per sentenziare la fine della dinastia Gandhi, comunque vadano a finire le elezioni il 16 di maggio. Gran parte del paese crede ancora molto nella famiglia Gandhi e segue ogni sua mossa come se si trattasse di star del cinema. Anche la politica dinastica ed ereditaria non è vista come un problema in un paese ancora largamente patriarcale: circa un terzo dei membri della camera bassa del Parlamento provengono da famiglie con lunghe tradizioni di vita politica.
Poche settimane fa Sonia Gandhi ha fatto una breve apparizione pubblica nel suo distretto elettorale di Rae Bareli nel nord del paese: doveva consegnare i documenti relativi alla sua candidatura. In quella zona, una delle più povere del paese, Sonia Gandhi ha portato lavoro e investimenti; in molti la considerano un’eroina. Quando è arrivata all’ufficio elettorale una folla festante la ha accolta con canti e tamburi, lanciando petali di rosa sul suo cammino. Lei si è fermata per un momento davanti alle telecamere: “le persone di Rae Bareli – ha detto – mi hanno accettato con molto amore e spero che mi eleggeranno di nuovo”. Poi suo figlio le ha messo un braccio intorno alle spalle, quasi a volerla proteggere, e come era arrivata Sonia Gandhi se ne era già andata.
© 2014 – The Washington Post