Altre 8 ragazze rapite in Nigeria
Intanto in un video il capo del gruppo terrorista islamico Boko Haram ha detto che venderà le 223 ragazze rapite tre settimane fa, "perché così comanda Allah"
Altre 8 ragazze tra i 12 e i 15 anni sono state rapite nel nord della Nigeria, probabilmente ancora dal gruppo terrorista islamico Boko Haram. Il rapimento è avvenuto domenica, la notizia è arrivata solo oggi a causa delle grandi difficoltà di comunicazione con la zona: i miliziani sono arrivati su due camion nel paese di Warabe e hanno rubato anche cibo e animali. Lunedì il capo di Boko Haram, Abubakar Shekau, aveva confermato in un video di aver rapito – e di avere intenzione di vendere – le oltre 200 ragazze rapite a scuola lo scorso 14 aprile.
Nel video, che dura circa un’ora, il leader di Boko Haram – vestito in uniforme militare di fronte a dei veicoli corazzati con altri militanti armati e a volto coperto – parla in lingua hausa e dice: «Ho rapito le vostre figlie, le venderò in nome di Allah». Spiega, ridacchiando, di aver sequestrato le studentesse per «fermare l’educazione occidentale» e che le prigioniere saranno «trattate come schiave», «vendute» o «sposate a forza». «Allah mi comanda di vendere le donne e io le venderò», dice ancora Shekau rivolgendosi soprattutto al governo della Nigeria, al quale il gruppo chiede da tempo di chiudere il sistema d’istruzione alle donne. Dice infine: «Mi sposerò con una donna di 12 anni e con una ragazza di 9 anni».
Intanto nel paese continuano le proteste contro il governo e il presidente Goodluck Jonathan, accusati di un generale disinteresse alla vicenda. Le operazioni di ricerca infatti sono andate molto a rilento e non hanno portato ad alcun risultato. Per questo le famiglie delle ragazze rapite si sono organizzate in modo autonomo: sono state fatte delle collette per pagare la benzina per le moto e gli uomini sono partiti per battute di ricerca nella foresta (dicendo anche di non aver incontrato soldati dell’esercito nigeriano nelle zone che avevano attraversato). Le donne stanno nel frattempo organizzando cortei quotidiani di protesta nelle città della Nigeria e soprattutto ad Abuja, la capitale. Dopo un primo generale disinteresse anche da parte della stampa internazionale, il caso sta ricevendo sempre più attenzione e spazio anche in vista del Forum Economico Mondiale (WEF), in programma la prossima settimana ad Abuja. Il rapimento delle studentesse rischia di mettere in crisi l’immagine della Nigeria, divenuta la maggiore economia del continente.
(Il ruolo della stampa internazionale sulle ragazze rapite in Nigeria)
Probabilmente in questo contesto si inserisce un’altra notizia diffusa ieri, lunedì 5 maggio. La moglie del presidente, Patience Jonathan, avrebbe infatti ordinato l’arresto di due attiviste, Saratu Angus Ndirpaya e Naomi Mutah Nyadar, che avevano organizzato ad Abuja un corteo di protesta per la liberazione delle studentesse, arrivando a sostenere che il rapimento non è mai avvenuto, che le donne – che non sono tra le madri delle ragazze sequestrate – farebbero parte, in realtà, del gruppo di islamisti di Boko Haram e che con le loro azioni vorrebbero solo infangare il nome del presidente. Secondo quando riporta Al Jazeera, le donne, fermate domenica, sarebbero state rilasciate dopo poche ore. Gli arresti sono avvenuti dopo un incontro che le due attiviste hanno avuto, insieme ad altre, con la first lady Patience Jonathan per chiedere al governo una maggiore collaborazione e impegno nelle ricerche. Anche oggi ad Abuja sono previste manifestazioni di protesta contro il governo.