La lettera di Cicchitto e Quagliariello a Berlusconi
«Un cupio dissolvi si è impadronito di lui», scrivono i due ex esponenti del PdL
Lo Huffington Post ha pubblicato una lettera scritta da Fabrizio Cicchitto e Gaetano Quagliariello e indirizzata a Silvio Berlusconi. I due esponenti del Nuovo Centrodestra, già del Popolo della Libertà e di Forza Italia, sono intervenuti dopo le dichiarazioni degli ultimi giorni di Berlusconi sul tema della mancata grazia da parte del presidente Giorgio Napolitano e contro i “traditori” del centrodestra. Cicchitto e Quagliariello scrivono di continuare a considerare «ingiuste» sia la sentenza Mediaset che l’applicazione retroattiva della legge Severino, rivendicando, in quei mesi, «di aver combattuto una battaglia interna all’allora PdL nella convinzione che il bene dell’Italia coincidesse con il bene del centrodestra e con il bene dello stesso presidente Berlusconi».
Non ci si è riusciti, perché un cupio dissolvi si è impadronito di colui che vent’anni prima aveva fatto nascere il centrodestra in Italia e vent’anni dopo ha preferito perdersi dietro a leggende metropolitane, queste sì da “profondo rosso”, su colui che ancora a maggio aveva implorato di restare controvoglia al Quirinale. Avevamo sempre ritenuto che la più grave responsabilità del disastro fosse da imputare non al presidente Berlusconi ma a quanti quelle leggende metropolitane gliele avevano raccontate, gettando consapevolmente sale sulle ferite di una persona provata da una persecuzione giudiziaria senza precedenti.
Sempre sul tema della grazia, Fabrizio Cicchitto, in un’intervista alla Stampa del novembre 2013, aveva spiegato con chiarezza quali due soluzioni in quel momento fossero secondo lui possibili e che furono poi affondate dagli atteggiamenti di una parte del PdL: «Berlusconi poteva dimettersi spontaneamente, creando così le condizioni per un intervento “motu proprio” di Napolitano, che gli avrebbe potuto concedere la grazia, e così, sia pure con enormi difficoltà, avrebbe conservato un certo spazio di agibilità politica. Oppure Berlusconi avrebbe potuto non dimettersi, criticando aspramente la sentenza, ma lasciando che i figli, i quali ne erano prontissimi, fossero loro a presentare, oppure gli avvocati, la richiesta di grazia».