Altri 683 condannati a morte in Egitto
Tra cui il capo dei Fratelli Musulmani, il movimento che da mesi subisce la durissima repressione del nuovo governo
Un tribunale di Minya, a sud del Cairo, in Egitto, ha condannato a morte 683 militanti islamisti, membri o sostenitori del movimento politico-religioso dei Fratelli Musulmani: tra loro c’è anche Mohammed Badie, a capo dell’organizzazione dichiarata fuori legge lo scorso dicembre. Il sistema giudiziario egiziano prevede che le condanne a morte debbano essere ratificate dal gran mufti, l’autorità giudiziaria suprema, fase che è però considerata solo una formalità.
I 683 militanti hanno preso parte al più grande processo di massa nella storia recente del paese, secondo le Nazioni Unite, e sono state accusati di vari reati (tra cui incitamento alla violenza e omicidio) commessi durante le proteste che si sono svolte a Minya lo scorso 14 agosto, quando era stata assaltata una stazione di polizia e ucciso il vice-comandante del distretto del posto. L’attacco era stato compiuto come risposta all’intervento delle forze di sicurezza egiziane nei due sit-in permanenti al Cairo messi in piedi dai sostenitori dei Fratelli Musulmani, che aveva provocato la morte di circa 700 sostenitori dell’ex presidente islamista Mohamed Morsi.
A marzo il tribunale di Minya aveva già condannato a morte per lo stesso episodio altri 529 sostenitori di Morsi, commutando però la pena in ergastolo per 492 di loro. Il primo verdetto era stato considerato contrario al diritto internazionale dall’Alto Commissario per i Diritti Umani delle Nazioni Unite, secondo il quale la pena capitale può essere inflitta solo dopo un processo equo e regolare. La sentenza era invece arrivata al termine di un processo molto rapido (due sole udienze), che era iniziato solo tre giorni prima e durante il quale gli avvocati difensori avevano detto di non avere avuto il tempo di presentare una linea di difesa.
La condanna a morte in Egitto è molto frequente: diversi tribunali egiziani hanno emesso almeno 109 condanne capitali nel 2013; 91 nel 2012 e 123 nel 2011, secondo i dati di Amnesty International. L’ultima esecuzione nota all’organizzazione risale al mese di ottobre 2011, quando un uomo accusato di aver ucciso sei cristiani copti e un poliziotto era stato impiccato. Da diversi mesi, però, i processi e le condanne sono in aumento: i Fratelli Musulmani sono infatti presi di mira con misure particolarmente dure adottate dal governo ad interim, quello che si è formato dopo il colpo di stato del 3 luglio 2013 e controllato di fatto dai militari. Nel dicembre scorso il governo aveva dichiarato i Fratelli Musulmani un “gruppo terroristico” e aveva arrestato centinaia di suoi membri con l’accusa di avere organizzato o essere in qualche modo legati a diversi attacchi esplosivi compiuti in alcune stazioni di polizia nel paese. Un processo delle dimensioni di quello di Minya conferma la volontà del governo egiziano di voler eliminare il principale partito islamico del paese, a cui apparteneva anche il presidente Morsi, deposto dal colpo di stato militare.
Foto: il capo dei Fratelli Musulmani Mohamed Badie (AHMED GAMIL/AFP/Getty Images)