Il primo ministro sudcoreano si è dimesso
Chung Hong-won si è preso la responsabilità per le mancanze nella gestione dei soccorsi per l'affondamento della nave Sewol
Domenica 27 aprile il primo ministro sudcoreano Chung Hong-won ha dato le sue dimissioni a causa dell’affondamento della nave Sewol, avvenuto al largo delle coste della Corea del Sud mercoledì 16 aprile. Nei giorni scorsi il governo era stato duramente criticato per alcune gravi mancanze nelle misure di sicurezza della nave – e una normativa nazionale piuttosto carente a riguardo – emerse dalle indagini che stanno cercando di spiegare i motivi dell’affondamento. Le dimissioni di Chung sono state accettate dal presidente Park Geun-hye.
Durante una conferenza stampa trasmessa anche in televisione, Chung si è scusato con la popolazione sudcoreana, dicendo: «Quando ho visto la rabbia e la tristezza del popolo, ho pensato che fosse naturale per me fare un passo indietro offrendo delle scuse». Chung ha aggiunto: «A nome del governo, mi scuso per i molti problemi legati alle mancanze sulla prevenzione dell’incidente e alla prima gestione dell’emergenza. Ci sono state così tante irregolarità portate avanti in ogni angolo della nostra società e procedure che sono andate storte.. Spero che questi mali profondi vengano corretti e che questi tipi di incidenti non accadano più».
In Corea del Sud la figura di primo ministro non ha grandissimi poteri: si tratta di un incarico largamente cerimoniale – il potere esecutivo è concentrato nelle mani del presidente – anche se diverse volte in passato il primo ministro è stato usato come il capro espiatorio di scandali o fallimenti politici. Chung era stato preso di mira immediatamente dopo la notizia dell’affondamento: il giorno successivo all’incidente, durante una visita ai parenti delle persone a bordo della nave, Chung era stato molto contestato e fischiato (qualcuno era anche riuscito a lanciare una bottiglia d’acqua verso di lui). La notizia delle sue dimissioni è stata commentata anche dal portavoce del partito di opposizione, che ha definito il suo gesto come “completamente irresponsabile” e una “codarda evasione” dalle responsabilità.
La Corea del Sud, scrive il New York Times, è un paese «immerso in un parossismo di dolore e vergogna»: il governo ha vietato il tifo rumoroso negli stadi di baseball, i programmi comici in televisione sono stati sospesi e tutte le scuole hanno annullato le gite che erano già state fissate per il periodo primaverile. Quando sabato sera è iniziata la suggestiva sfilata a Seul per il festival delle lanterne – che si tiene ogni anno in onore della nascita di Buddha, avvenuta 2.558 anni fa – migliaia di monaci e credenti hanno pregato anche per le persone morte e per quelle disperse nell’affondamento della nave Sewol.
A undici giorni dall’affondamento della nave Sewol, le cui cause rimangono ufficialmente ancora sconosciute, il numero dei morti accertati è salito a 187, ma ci sono ancora 115 persone disperse. I sopravvissuti sono 174 (questo numero non è più cambiato dopo i primi soccorsi), e le autorità ritengono che si sarebbero potute salvare molte più persone se il personale di bordo avesse agito in modo più efficiente e non avesse ritardato le operazioni di evacuazione, violando diverse leggi marittime. Secondo quanto riportato dalle autorità, l’ordine di evacuazione sarebbe arrivato con circa mezz’ora di ritardo, quando ormai la nave era troppo inclinata per permettere ai passeggeri di abbandonarla e tentare di mettersi in salvo. Si calcola che la nave sia affondata completamente nel giro di due ore dal momento dell’incidente. Tutti i 15 membri dell’equipaggio che al momento dell’affondamento erano impegnati nelle attività di navigazione si trovano ora in stato di arresto.