In Afghanistan si va al ballottaggio?
Nessuno dei due candidati più votati ha raggiunto il 50 per cento dei voti, ma si potrebbe evitare il secondo turno con una grande alleanza
Sabato 26 aprile sono stati resi pubblici i risultati preliminari delle elezioni presidenziali afghane che si sono svolte il 5 aprile scorso (qui avevamo raccolto alcune delle foto più belle di quel giorno). Nessuno dei candidati ha raggiunto il 50 per cento dei voti. L’ex ministro degli Esteri Abdullah Abdullah ha ottenuto la percentuale più alta di voti, il 44.9%, mentre l’ex economista della Banca Mondiale Ashraf Ghani è arrivato secondo con il 31,5 per cento. Abdullah e Ghani possono decidere ora se allearsi oppure se andare al ballottaggio. La data per un’eventuale seconda tornata elettorale sarà decisa soltanto dopo la diffusione dei risultati definitivi, il prossimo 14 maggio, quando una commissione competente avrà preso in considerazione tutti i reclami e le contestazioni.
I risultati preliminari sono stati diffusi con due giorni di ritardo, provocando accuse di brogli e frodi da parte di tutte le forze politiche. In teoria, il ballottaggio dovrebbe essere l’eventualità più probabile. In campagna elettorale Abdullah e Ghani avevano promesso che non si sarebbero alleati nel caso in cui fossero stati i due candidati più votati. Giovedì 24 aprile Abdullah ha ripetuto che non sono in corso trattative per formare un governo di coalizione.
L’attuale presidente Hamid Karzai non si è potuto candidare alle elezioni perché ha già completato i due mandati concessi dalla Costituzione. In molti temevano che Karzai riuscisse comunque a mantenere un forte controllo sull’attuale governo riuscendo a portare al ballottaggio un candidato a lui vicino. A quanto sembra, né Abdullah né Ghani sono però particolarmente vicini a Karzai (entrambi erano tra i più quotati candidati alle elezioni presidenziali del 2009, e furono sconfitti da Karzai). Zalmai Rassoul, il candidato considerato più vicino a Karzai, secondo i risultati preliminari ha ottenuto un numero di voti molto inferiore rispetto a Abdullah e Ghani.
Alle elezioni hanno partecipato in tutto undici candidati, tra cui un gruppo piuttosto folto di influenti “signori della guerra” che esercitano già oggi un certo potere nelle zone di territorio che si trovano sotto il loro controllo. Una delle chiavi di lettura delle elezioni è quella etnica, anche se non è per niente esauriente nel caso afghano. Il gruppo maggioritario nel paese è quello dei pashtun – il più grande gruppo etnico dell’Afghanistan – che negli ultimi cent’anni hanno espresso praticamente tutti i leader del paese. Abdullah Abdullah dovrebbe aver ottenuto il voto dei non-pashtun del nord del paese. Ashraf Ghani, che è stato anche ministro delle Finanze tra il 2002 al 2004, dovrebbe aver ottenuto gran parte del voto dell’etnia pashtun ed è considerato molto vicino agli Stati Uniti.
Tra le sfide più difficili che dovrà affrontare il prossimo presidente c’è quella della sicurezza: alcune parti del paese sono ancora sotto il controllo dei talebani, e in generale il governo di Kabul fatica molto a esercitare il potere nelle zone più remote. Il problema diventerà probabilmente ancora più difficile da gestire quando, entro la fine dell’anno, le forze internazionali ancora presenti in Afghanistan abbandoneranno il paese.