Già, ma il volo MH370?
I segnali delle settimane scorse non hanno portato a niente, si indagano rottami sulla costa australiana, e si fanno progetti per continuare a cercare l'aereo perduto da sei settimane
Mercoledì 23 aprile i responsabili delle ricerche del volo MH370 di Malaysia Airlines, scomparso l’8 marzo scorso mentre era in viaggio da Kuala Lumpur (Malesia) a Pechino (Cina), hanno annunciato di avere iniziato le analisi di alcuni rottami trovati su una spiaggia dell’Australia Occidentale. La presenza dei pezzi di metallo su una spiaggia di Augusta, a circa 300 chilometri a sud di Perth, è stata segnalata da un abitante del luogo. Martin Dolan dell’Australian Transport Safety Bureau (ATSB) ha detto che alcuni funzionari si stanno occupando di una serie di foto dei rottami ricevute fino a ora, ma che “più approfondiamo, più ne rimaniamo meno entusiasti”, facendo intuire che probabilmente i pezzi di metallo non hanno nulla a che fare con il volo MH370.
Negli ultimi giorni sono intanto proseguite le ricerche nel tratto di mare dell’Oceano Indiano dove si pensa sia precipitato l’aeroplano, al largo delle coste dell’Australia Occidentale. Il drone sottomarino Bluefin-21 con i suoi ripetuti viaggi sul fondale a una profondità di circa 4.500 metri ha coperto circa l’80 per cento dell’area dove potrebbe essere caduto il volo MH370, ma senza trovare alcun indizio sull’incidente. Nella zona erano stati rilevati segnali compatibili con quelli che emettono le scatole nere montate a bordo degli aeroplani quando si trovano sott’acqua.
Le ricerche proseguiranno nel restante 20 per cento dell’area non ancora esplorato, ma le autorità australiane che stanno coordinando le operazioni sembrano essere scettiche sulla probabilità di trovare qualcosa. Nei due ultimi giorni il brutto tempo ha inoltre impedito agli aerei di ricognizione di proseguire le ricerche dall’alto, cosa che ha rallentato ulteriormente le operazioni sull’oceano. Tempo permettendo, sono di solito 10 gli aeroplani impegnati nelle ricognizioni, mentre sull’acqua si muovono una dozzina di navi. All’operazione partecipano una ventina di paesi, compresa la Malesia, il paese della compagnia aerea che gestiva il volo MH370.
A bordo del Boeing 777 decollato nella notte tra il 7 e l’8 marzo c’erano 239 persone. Dopo circa un’ora di volo, l’aeroplano ha smesso di comunicare a terra mentre stava sorvolando il Golfo di Thailandia. Successive analisi dei radar militari e dei dati raccolti di un satellite hanno permesso di scoprire che l’aereo cambiò rotta, andando prima verso ovest e poi verso sud arrivando a sorvolare parte dell’Oceano Indiano. Da allora si cercano invano detriti o altre tracce in mare che possano portare all’identificazione del punto in cui è caduto l’aereo, e al ritrovamento delle scatole nere che potrebbero aiutare a comprendere che cosa accadde a bordo prima dell’incidente.
Se, come sembra, il drone sottomarino non troverà nulla sul fondale, i responsabili delle ricerche cambieranno strategia. Il ministro della Difesa australiano, David Johnston, ha detto che per la fase successiva è previsto l’utilizzo di sonar più potenti, strumenti montanti sulle navi che inviano onde sonore e che rilevano il modo in cui tornano indietro dopo essere state riflesse dal fondale: in questo modo si può rilevare la presenza di qualcosa di anomalo sul fondo. Il governo australiano continuerà a concentrare le ricerche in un’area del fondale lunga circa 700 chilometri e larga 80.
Il Wall Street Journal riferisce intanto che i governi della Malesia e dell’Australia stanno perfezionando un accordo, secondo il quale agli australiani spetterà il compito di scaricare e analizzare i dati delle scatole nere del Boeing 777, ammesso siano mai trovate. Altre parti dell’accordo riguardano il recupero e le modalità di gestione dei corpi dei 239 passeggeri. I parenti delle persone a bordo attendono da sei settimane di potere avere almeno i corpi dei loro familiari e, più volte, hanno protestato contro il governo malese e criticato i responsabili delle ricerche per avere dato informazioni discordanti e non avere ottenuto alcun risultato nella ricerca dell’aereo.
Il governo malese ha anche annunciato che sarà creato un “gruppo di indagine internazionale” per capire che cosa sia successo al volo MH370. Lo scopo dell’iniziativa, ha spiegato il ministro dei trasporti malese, è di “capire e determinare le effettive cause dell’incidente per evitare che si possano ripetere simili incidenti in futuro”.