Continuano i massacri in Sud Sudan
Centinaia di persone sono state uccise da milizie armate a Bentiu, ha detto l'ONU, ma il portavoce dei ribelli ha negato ogni responsabilità e dato la colpa al governo
Lunedì 21 aprile i funzionari della Nazioni Unite in Sud Sudan hanno annunciato che la scorsa settimana, tra il 15 e il 16 aprile, alcune centinaia di persone sono state massacrate da milizie armate ribelli per ragioni di appartenenza etnica dopo che i ribelli avevano conquistato Bentiu, capitale del governatorato dell’Unità e una delle zone più ricche di petrolio di tutto il Sud Sudan, da tempo contesa da ribelli e forze militari governative. Secondo alcune informazioni confermate da Associated Press, in questi giorni migliaia di persone si stanno rifugiando in un centro di accoglienza dell’ONU a Bentiu per timore di ulteriori violenze: attualmente il centro ospita circa 25mila persone, ma non ha sufficienti risorse per offrire assistenza a tutti i rifugiati.
Il portavoce dei ribelli, Lul Ruai Koang, ha negato la responsabilità delle violenze sostenendo che l’attacco è stato condotto dal governo e che le accuse contro i ribelli fanno parte di un piano di propaganda. Venerdì scorso l’ONU aveva annunciato un altro attacco da parte di circa 350 uomini armati contro uno dei suoi centri nella città di Bor, che aveva provocato la morte di 58 persone e il ferimento di altre 350. Il centro ONU allestito a Bor ospita circa 5mila rifugiati.
Le ragioni degli scontri in Sud Sudan – lo stato più giovane del mondo – sono riconducibili alla lotta di potere tra le forze del presidente sud sudanese Salva Kiir e quelle dell’ex vicepresidente e attuale leader dei ribelli Riek Machar. L’opposizione è alimentata anche da antiche divisioni etniche, e cioè dall’inimicizia tra i Dinka, il gruppo etnico di Kiir e il più numeroso del paese, e i Nuer, a cui invece appartiene l’ex vicepresidente Machar, cacciato da Kiir a fine luglio 2013. I territori del Sud Sudan sono contesi anche per ragioni legate alla gestione delle risorse petrolifere: l’80 per cento del petrolio di tutto il vecchio Sudan unitario – lo Stato risalente a prima della secessione del 2011 – si trova nel sud, mentre gli oleodotti che ne permettono la vendita e l’esportazione attraversano il nord, dato che le regioni meridionali non hanno sbocchi sul mare.
Il Sud Sudan è uno dei paesi più poveri del mondo: ha circa 8 milioni di abitanti, ha il peggior tasso mondiale di mortalità delle donne a causa del parto, l’84 per cento delle donne è analfabeta, la maggior parte dei bambini sotto i 13 anni non va a scuola, e un bambino su sette muore prima di compiere cinque anni.
Foto: Ivan Lieman/AFP/Getty Images