Altre 5 cose importanti per lavorare a Google
Le spiega Thomas L. Friedman sul New York Times parlandone con il vicepresidente delle risorse umane di Google
Alla fine di febbrario, Thomas L. Friedman, famoso editorialista statunitense che abitualmente si occupa di esteri per il New York Times, aveva domandato a Laszlo Bock, il vicepresidente delle risorse umane di Google come si fa ad ottenere un lavoro a Google. Ne era uscito un elenco di cinque cose che Google cerca in un suo dipendente: umiltà e responsabilità, esperienza, ma prima di tutto capacità di imparare e una tipo particolare di leadership. Pochi giorni fa Friedman ha pubblicato una nuova intervista in cui chiede a Bock altri consigli, questa volta per essere assunti non solo a Google, ma in qualsiasi altra società.
Vale la pena laurearsi?
Secondo Bock prendere una laurea non è inutile. Molte persone, però, non riflettono abbastanza sulla scelta della facoltà e su quello che sperano di ottenere dal loro percorso di studi. La cosa più importante, dice Bock «è essere chiari e decisi nel prendere le decisioni su quello che vogliamo ottenere dal nostro investimento nell’educazione, che è molto grande in termini di tempo, sforzi e denaro. Le persone dovrebbero pensare molto attentamente a cosa otterranno in cambio del loro impegno».
Una volta scelta una facoltà è importante non solo ampliare le proprie conoscenze con lo studio, ma anche cercare di migliorare le proprie abilità che avranno una qualche utilità sul posto di lavoro. Una di queste è la “grinta”. Bock racconta che : «Ero in un campus e parlavo con uno studente con una doppia specializzazione in scienze e matematica che stava pensando di passare a un corso di economia perché l’informatica era troppo difficile. Gli ho detto che è molto meglio essere uno studente da B in informatica piuttosto che uno studente da A+ in inglese. Studiare informatica dimostra rigore nel metodo di pensare, ma dimostra anche grinta per aver scelto un percorso di studi difficile»
La creatività è importante?
Tutti gli esseri umani sono per loro natura creativi, dice Bock, ma non tutti sono dotati di un modo di pensare logico-analitico, un’abilità che invece va appresa. Va bene essere creativi, oppure pensare in maniera molto analitica, ma è ancora più importante cercare di essere uno dei pochi che hanno entrambe le abilità.
Gli studi umanistici e le scienze sociali sono utili?
«Straordinariamente», dice Bock, soprattutto se abbinati ad un’altra disciplina, come ad esempio l’economia comportamentale che mette insieme economia e diverse scienze sociali. Secondo Bock, alcune delle cose più interessanti degli ultimi anni stanno accadendo proprio nel terreno dove si incrociano i due campi: hard science e scienze umanistiche. Bisogna cercare di diventare esperti di entrambe le discipline, ad esempio imparando sia l’economia che la psicologia, oppure la statistica e la fisica. Costruire questo bilanciamento è difficile, spiega Bock, ma sono questo tipo di persone che fanno grande una società o un’organizzazione.
Come si scrive un buon curriculum?
Secondo Bock, il punto fondamentale è cercare di scrivere cose come: «Ho ottenuto X, che è connesso a Y, facendo Z». La maggior parte dei CV, invece, sono scritti in una maniera simile a: “Ho scritto editoriali per il New York Times“. Sarebbe molto meglio scrivere invece cose come: “Ho scritto 50 editoriali sul New York Times, a confronto di una media di 6 editoriali scritti dagli altri commentatori: ho ottenuto questo risultato grazie alla mia profonda conoscenza dei seguenti campi”.
Qual è il tuo consiglio migliore per un colloquio di lavoro?
Anche qui, secondo Bock, la chiave è cercare di essere pratici: spiegare cosa si sa fare e perché. Quel che bisognerebbe dire è qualcosa di simile a: «Ecco l’abilità che voglio dimostrare, ecco la storia che lo dimostra, ecco perché questa storia dimostra questo mio attributo». Quest’ultima parte è molto importante, dice Bock. Il problema è che molte persone nei colloqui danno per scontati i processi mentali dietro il “come” e il “perché” hanno fatto qualcosa e anche se riescono a raccontare una storia interessante non riescono a spiegare il processo mentale che c’è dietro.