Un nuovo tipo di guerra
Non è fatta di carri armati e artiglieria, ma di inganni e controinformazione: in russo si chiama maskirovka, e si sta combattendo in Ucraina
di Anne Applebaum - Slate
Nella concezione occidentale, i termini “guerra” e “invasione” hanno connotazioni molto chiare. Dai libri, dai film e dalla televisione, abbiamo imparato che parlare di guerra significa parlare di carri armati, aeroplani, artiglieria, soldati in uniforme, armi avanzate e comunicazioni sofisticate. Le guerre hanno l’aspetto dell’invasione dell’Iraq o, tornando un bel po’ indietro nel tempo, dello sbarco in Normandia.
Finora l’invasione russa dell’Ucraina orientale non sembra avvicinarsi nemmeno lontanamente a una di queste battaglie. È una guerra che non coinvolge propriamente i soldati, ma piuttosto delinquenti locali e bande criminali: alcuni sono legati all’ex presidente ucraino Viktor Yanukovych, sfiduciato lo scorso 22 febbraio dal parlamento di Kiev; altri pensano genuinamente – ma sbagliando – che potrebbero ottenere una qualche forma di autonomia locale. Sono guidati non da ufficiali in uniforme, ma da uomini dell’intelligence militare russa e delle forze speciali: alcuni indossano divise mimetiche senza segni di riconoscimenti, altri comunicano con gli “attivisti” per telefono. Ricevono rifornimenti dalla Russia e sono muniti di pochi tipi di armi automatiche russe, ma non di carri armati o aerei. Non c’è una campagna aerea di grande impatto, ma solo attacchi sistematici alle stazioni di polizia, ai consigli cittadini e agli aeroporti.
A differenza di coloro che pianificarono lo sbarco in Normandia o l’operazione militare in Iraq, i russi si sono posti obiettivi flessibili per l’invasione dell’Ucraina. Sono preparati ad adattare la loro strategia alle diverse situazioni, a seconda di quanta resistenza incontrano. Nel lungo termine, la Russia spera chiaramente di annettere a sé il sud e l’est dell’Ucraina. Allo stesso tempo, comunque, il Cremlino potrebbe avere come obiettivo “distruggere” le elezioni presidenziali ucraine fissate per il 25 maggio, o destabilizzare il traballante governo di Kiev, forzando magari un crollo dell’economia ucraina. I russi potrebbero sperare di provocare una guerra civile, o qualcosa che appaia come una guerra civile, in grado di richiedere una “missione di peacekeeping” russa sul territorio.
Ma il Ventunesimo secolo non è il Ventesimo secolo. Quando i comunisti polacchi, sostenuti dai comunisti sovietici, falsificarono i risultati del referendum nazionale nel 1946, non c’erano molti osservatori internazionali a lamentarsi delle irregolarità. Negli ultimi giorni, al contrario, su Internet sono circolate fotografie di “attivisti filorussi”, di lanciarazzi di fabbricazione russa e anche video di ordini impartiti da ufficiali russi. L’effetto di queste rivelazioni, comunque, è stato incoraggiare i russi a mentire in maniera ancora più sfacciata e aggressiva. La televisione russa – guardata anche da molti ucraini dell’est – continua a denunciare violenze che non esistono da parte dei “fascisti di Kiev” e trasmette previsioni del tempo “politicizzate”: nubi scure che si addensano su Kiev e il sole in Crimea, per esempio. Questi giochi di parole e campagne di disinformazione sono ancora più sofisticate rispetto a quando a produrle era l’Unione Sovietica.
Questa combinazione – il vecchio stile sovietico unito a sistemi mediatici più recenti – è del tutto nuova, tanto che si può dire che siamo di fronte a un nuovo tipo di guerra, e un nuovo tipo di invasione. Tredici anni fa, sulla scia dell’11 settembre, gli Stati Uniti improvvisamente dovettero riadattare il loro pensiero alla guerra asimmetrica, un tipo di battaglia in cui piccoli terroristi competono con potenze militari molto superiori. In Iraq abbiamo riscoperto le tattiche di controinsurrezione. Ora l’Europa, gli Stati Uniti, ma soprattutto l’Ucraina, devono imparare ad affrontare quella che in russo si chiama maskirovka – cioè un inganno militare che si ottiene soprattutto con la guerra psicologica e d’informazione – che è pensata per confondere non solo gli oppositori, ma anche i potenziali alleati degli oppositori. L’Occidente ha bisogno di ripensare la sua strategia militare, energetica e finanziaria verso la Russia: ma soprattutto le nuove politiche dovranno sapere opporsi alla maskirovka che potrebbe seguire in Moldavia – dove rimane il problema della Transnistria, territorio che si è autoproclamato indipendente dal governo moldavo e che vorrebbe unirsi alla Russia – e, col passare del tempo, anche negli stati baltici.
Americani ed europei dovrebbero iniziare ora a pensare come finanziare e gestire le nostre emittenti internazionali in modo che possano contrastare questa nuova guerra di parole. Dovremmo anche iniziare a rinforzare le polizie locali degli stati ai confine con il nuovo impero russo: gli F-16 della NATO non possono combattere contro dei teppisti che hanno assaltato un edificio cittadino. Non si tratta solo di spendere soldi. Abbiamo bisogno di più forze in grado di portare avanti operazioni speciali, più intelligence “umana”, non solo più navi o aerei. Soprattutto abbiamo bisogno di essere preparati, in anticipo, per quello che potrebbe arrivare. È un nuovo mondo quello in cui stiamo entrando, e abbiamo bisogno di nuovi strumenti per poterlo affrontare.
© Slate 2014