Iniziano le elezioni in India
Sono le più grandi della storia della democrazia nel mondo – 815 milioni di elettori – e potrebbero mettere fine al potere del Partito del Congresso: tutte le cose da sapere
Oggi, lunedì 7 aprile, avranno inizio in India le elezioni per il rinnovo della camera bassa del parlamento (Lokh Saba), che si concluderanno il prossimo 12 maggio. La fine del conteggio dei voti è prevista per il 16 maggio, ci sono alcune novità nella modalità del voto e molti elementi in più rispetto al passato che ne condizioneranno l’esito. In ogni caso si tratta di un evento rilevantissimo: non solo perché determinerà il futuro di una delle più importanti ed emergenti economie del mondo – ci si attende un risultato di portata storica, come vedremo – ma anche per l’enorme numero delle persone coinvolte nell’intero processo.
Perché sono importanti
Queste elezioni sono importanti perché potrebbero mettere fine al lungo potere praticamente incontrastato del Partito del Congresso (Indian National Congress, INC), quello della famiglia Gandhi, che fin dall’indipendenza del paese – nel 1947 – è stato quello dominante. L’INC e il suo primo ministro Manmohan Singh sono attualmente al governo, avendo vinto le elezioni del 2004 e del 2009. Alle ultime elezioni locali però, che si sono tenute tra novembre e dicembre 2013, l’INC ha perso in 4 dei 5 stati in cui si è votato.
Allo stesso tempo c’è stato un aumento di consensi per la forza di opposizione più importante del paese, il Partito Popolare Indiano (Bharatiya Janata Party, BJP) di orientamento nazionalista indù e conservatore, guidato da Nerenda Modi, personaggio politico tra i più controversi degli ultimi decenni in India. C’è poi la forza politica più sorprendente degli ultimi mesi, il Partito dell’Uomo Qualunque (Ama Aadmi Party, AAP), che nelle elezioni locali a Delhi, la capitale dell’India, ha superato per preferenze il Partito del Congresso ed è diventato la seconda forza politica in assoluto.
Le elezioni sono importanti anche perché risulterà fondamentale il voto dei musulmani e, soprattutto, quello delle donne, sia in base al loro orientamento di voto sia perché per il vincitore pare sarà decisivo l’appoggio di alcuni partiti regionali che hanno come principali esponenti candidate donne. La questione della violenza di genere è diventata uno dei temi fondamentali e maggiormente discussi negli ultimi tempi in India: ha portato in piazza migliaia di persone e ha contribuito a modificare la legislazione sull’argomento. Diverse attiviste, in vista delle elezioni e per cercare di dare alle tante donne alle urne un orientamento di voto, hanno presentato un manifesto (“Womanifesto”) ai vari leader politici chiedendo conto delle loro posizioni e dei loro progetti futuri per migliorare la rappresentanza femminile nelle istituzioni, introdurre l’educazione di genere nelle scuole e prevenire la violenza.
Il tema centrale di queste elezioni è l’economia. L’India è un paese molto complesso: accanto all’India del miracolo informatico c’è infatti l’India attraversata da pesanti carenze nello sviluppo delle infrastrutture, da gravi problemi nel campo dell’occupazione, dal permanere di gravi diseguaglianze e situazioni di povertà, dall’aumento del disagio sociale e anche dalla presenza, in alcune regioni più povere, di una qualche forma di lotta armata come quella dei naxaliti, il movimento maoista indiano. A tutto questo si deve aggiungere l’aumento dell’inflazione e un tasso di crescita che continua a essere alto (dati che qualsiasi stato europeo sognerebbe) ma che si è quasi dimezzato negli ultimi tempi fermandosi al 5 per cento. Secondo molti commentatori la frenata dell’economia e la corruzione dilagante nella pubblica amministrazione si devono al Partito del Congresso, accusato di immobilismo e di non aver agito su una burocrazia lenta e inefficiente. Ed è proprio su questi elementi e sul rilancio economico che, secondo gli analisti, il suo governo degli ultimi dieci anni verrà giudicato alle urne.
I numeri
Le elezioni nazionali indiane del 2014, le sedicesime dall’indipendenza del paese, saranno anche le più imponenti della storia della democrazia mondiale, per il numero delle persone che saranno chiamate al voto: quasi 815 milioni secondo i dati dell’Electoral Commission (EC), circa 100 milioni in più rispetto al 2009. Oltre 900 mila seggi sono distribuiti in 543 circoscrizioni, corrispondenti al numero dei parlamentari che saranno eletti. I giovani che voteranno per la prima volta sono 23 milioni e corrispondono a quasi il 3 per cento dell’elettorato totale (nel 2009 la percentuale non arrivava all’1 per cento). Le donne sono 387 milioni, gli uomini 426. Ci sono quasi 30 mila votanti registrati come “altro genere” sessuale, opzione possibile per la prima volta.
Vista la complessa suddivisione amministrativa del territorio e le difficoltà legate al mantenimento dell’ordine pubblico, nei 28 stati e nei 7 territori del paese gli elettori e le elettrici andranno alle urne in 9 giorni diversi. Le elezioni si concluderanno dunque il prossimo 13 maggio. Il voto avviene secondo il sistema del conteggio elettronico: per la prima volta sarà possibile votare una sorta di scheda bianca: “None of the above”, introdotta recentemente per spingere i partiti a selezionare con più attenzione i propri candidati locali. Sarà dunque interessante, alla fine del conteggio previsto per il 16 maggio, vedere che percentuale avrà ottenuto questa alternativa.
L’Economist, tra gli altri, fa notare che le elezioni in India saranno, come in passato, sostanzialmente “pulite”: con ogni probabilità non ci saranno brogli elettorali né violenze, anche nelle zone dove sono più accesi i conflitti etnici. «Il contrasto con le elezioni sanguinose vissute dai paesi vicini – Pakistan, Bangladesh, Sri Lanka, Nepal e persino le Maldive – non potrebbe essere più netto», scrive. Per quanto riguarda i numeri dell’affluenza alle urne, ci si attende un dato vicino a quello solito delle democrazie occidentali in queste circostanze, intorno al 60-70 per cento.
I principali partiti e i candidati
I partiti politici che si presentano alle elezioni sono più di 1.300: la maggioranza sono forze politiche locali, che riflettono le grandi divisioni etniche e religiose dell’India. Secondo gli ultimi sondaggi, il BJP e la coalizione che si è formata intorno ad esso potrebbe ottenere 246 seggi nel prossimo Parlamento, non lontano dunque dalla maggioranza assoluta (272 seggi). L’INC rischia invece di dimezzare il proprio risultato ottenendo meno di 100 seggi (attualmente ne ha 206). Altri partiti importanti che si presentano alle elezioni sono l’Aam Aadmi Party, il Partito dell’Uomo Qualunque, che in Italia è stato paragonato molto al Movimento 5 Stelle, e soprattutto il Third Front, unione di diversi partiti regionali che ha molte esponenti donne e il cui risultato potrebbe essere fondamentale per garantire a uno dei grandi partiti la possibilità di vincere le elezioni e governare stabilmente. La camera bassa del parlamento indiano è composta da 543 seggi: la coalizione vincente dovrà controllarne quindi almeno 272, risultato che ora sembra lontano sia per il BJP che per l’INC. D’altra parte nessun partito in India negli ultimi trent’anni ha ottenuto la maggioranza assoluta, e quindi dopo le elezioni si stringeranno delle alleanze.
Indian National Congress e Rahul Gandhi
Rahul Gandhi è il figlio di Sonia Gandhi, presidente dell’INC, e dell’ex primo ministro Rajiv. Ha 43 anni e dal gennaio del 2013 è ufficialmente vicepresidente del Congresso Nazionale Indiano. La sua nomina come candidato dell’INC rappresenta anche l’investitura ufficiale della quinta generazione di leader indiani che provengono dalla famiglia Nehru-Gandhi, “dinastia” che va avanti da quasi 100 anni e ha sempre espresso i massimi ruoli politici del paese (e che non ha legami di parentela col Gandhi più noto, il cosiddetto “Mahatma”).
La sconfitta dll’INC alle ultime elezioni locali è dipesa dal malcontento crescente verso l’aumento dei prezzi dei beni alimentari e la corruzione, entrambi risultati che in molti legano proprio alle politiche fallimentari del Partito del Congresso. La campagna elettorale di Rahul Gandhi è stata basata su promesse di ricrescita, ricambio generazionale, sviluppo e soprattutto sul potenziamento del programma alimentare negli stati più poveri. Ma molti hanno dubitato del suo carisma e della sua capacità di essere davvero pronto per raccogliere l’eredità di sua madre e della sua famiglia.
Bharatiya Janata Party e Narendra Modi
Modi, leader del Bharatiya Janata Party (BJP) e principale oppositore di Rahul Gandhi, è attualmente chief minister – cioè il capo del governo nazionale – dell’importante stato nordoccidentale del Gujarat. Ha 63 anni ed è molto popolare tra i giovani: è un oratore molto carismatico ed è considerato un abile comunicatore. Modi è figlio di un negoziante di tè e ha cominciato la propria carriera politica nel Rashtriya Swayamsevak Sangh (RSS), un’organizzazione indù di estrema destra vicina al BJP: fu un ex membro di RSS ad assassinare Mahatma Gandhi, nel 1948.
Modi deve il suo iniziale successo politico a una serie di campagne elettorali costruite su misura dell’elettorato indù e sulla demonizzazione della minoranza musulmana (in India gli indù costituiscono circa l’80 per cento della popolazione, contro il 13 per cento dei musulmani). Modi è anche ritenuto il principale responsabile delle crescenti violenze tra indù e musulmani in Gujarat, avvenute durante la sua campagna elettorale e subito dopo la sua nomina nel 2002. L’episodio più grave risale al 27 febbraio di quell’anno e causò la morte di quasi mille persone: le violenze iniziarono con l’assalto di un gruppo di musulmani armati al treno Sabarmati Express, che trasportava pellegrini indù di ritorno dalla città santa di Ayodhya. Nell’attacco furono uccise 58 persone, incluse 25 donne e 15 bambini. La rappresaglia indù fu immediata e coinvolse tutti i centri più importanti del Gujarat, con massacri e violenze che la stampa indiana definì “genocidio”. Negli scontri furono uccisi 790 musulmani, 254 indù, centinaia di persone furono ferite e centinaia di moschee e templi vennero distrutti. Modi non si scusò mai per quanto avvenuto e non fornì alcuna posizione ufficiale di condanna.
Nel tempo Modi ha saputo abilmente far dimenticare il suo passato controverso, concentrando la propria attenzione ai temi dello sviluppo e della crescita economica, e diventando in breve l’esponente principale della classe media, degli industriali e degli uomini d’affari indiani. Molti investitori, sia indiani che stranieri, hanno trasferito nel Gujarat le proprie attività: sebbene nello stato viva solo il 5 per cento della popolazione indiana, esso fornisce il 16 per cento della produzione industriale nazionale e il 22 per cento delle esportazioni. Questo modello di efficienza economica è oggettivamente in forte contrasto con la situazione presente nel resto dell’India. C’è un’ultima ragione della popolarità di Modi: il fatto di avere origini popolari e di non avere legami familiari “importanti”. Molti indiani lo considerano infatti lontano dai meccanismi di corruzione e di salvaguardia di determinati interessi che sono invece all’ordine del giorno nella politica indiana.
Gli altri
Arvind Kejriwal è il candidato dell’Aam Aadmi Party (APP), partito nato ufficialmente il 26 novembre 2012 da una scissione interna al movimento India Against Corruption, che nel corso del 2011 guidò una serie di proteste contro la corruzione del governo del primo ministro Manmohan Singh. Uno degli esponenti più importanti del movimento, Arvind Kejriwal, pensava che l’unico modo per dare concretezza alle proposte del movimento fosse fondare un partito e iniziare a competere proprio per il parlamento a Delhi. Si staccò così dal movimento, dove rimase la componente vicina a Anna Hazare, e fondò l’AAP.
L’APP si presenta come una forza politica molto diversa da quelle tradizionali indiane. Per prima cosa non è nato in una specifica regione dell’India e non si è sviluppato su rivendicazioni legate a questioni etniche. È il primo partito a essere emerso interamente nelle aree urbane e guidato da leader provenienti per la maggior parte dalla classe media. È stato anche il primo a fare politica in maniera innovativa: ha puntato molto sulla trasparenza nelle spese pubbliche come modello di responsabilità verso i cittadini e sul lavoro volontario di molte persone disposte anche a prendersi del tempo libero dal lavoro per fare attività nel partito. Il partito è fortemente radicato a Delhi, ma quasi inesistente nel resto del paese.
Il Third Front è un’unione di diversi partiti regionali che ha come principali esponenti alcune donne (fattore che in India non è però considerato positivo) e il cui consenso potrebbe essere fondamentale quando arriverà il momento di formare un governo di coalizione. Tra i principali leader politici regionali ci sono Akhilesh Yadav, Jayalalithaa Jayaram e Nitish Kumar. Akhilesh Yadav è un socialdemocratico a Capo del Governo dell’Uttar Pradesh, lo Stato da cui proviene la maggior parte dei membri della Camera Alta; Jayaram è un’ex attrice e attuale governatrice dello Stato del Tamil Nadu, uno dei più prosperosi del paese: è anche leader del partito dell’India Anna Dravinian Federation (AIADMK) e promotrice di un programma di welfare per i poveri; Nitish Kumar, è membro del Janata Party, la quinta forza politica dell’attuale camera bassa.