I due capolavori scoperti nel soggiorno
L'intervista all'ex operaio che li comprò quarant'anni fa a un'asta di oggetti smarriti, senza conoscerne l'importanza
Repubblica ha intervistato il proprietario torinese di due quadri che si sono rivelati essere opera dei grandi pittori Paul Gauguin e Pierre Bonnard, preziosissimi e rubati negli anni Settanta, che lui aveva acquistato a un’asta di oggetti smarriti e ha tenuto appesi in casa per quarant’anni senza conoscerne l’importanza.
Il signor Nicolò si emoziona ancora quando ricorda quella mattina di primavera del 1975: «Torino era illuminata da un sole bellissimo. Avevo fatto il turno di notte in fabbrica, ero stanchissimo, ma ci tenevo tanto ad andare all’asta degli oggetti smarriti sui treni. Ci andavo sempre ogni anno in quella bella sala dietro alla stazione Porta Nuova. E quella volta mi innamorai subito di due quadri. Anche se il battitore diceva: “Questa è rumenta, spazzatura”. E in effetti nessuno si faceva avanti».
«Anch’io pensavo che sarebbe stato facile. Per cinquantamila lire, nessuno si era proposto. E io puntavo direttamente alla seconda tornata, col prezzo ribassato. Ma sulle quarantamila si scatenò un vero e proprio duello di rilanci a colpi di 500 lire. E alla fine la spuntai con quarantacinquemila lire. Non erano proprio quattro soldi per un operaio emigrato dalla Sicilia, che con i turni di notte alla Fiat guadagnava duecentomila lire al mese. Ma io ho sempre amato l’arte. Invece di andare al cinema o al bar, preferivo mettere da parte qualche risparmio e cercare oggetti curiosi nei mercatini o nelle piccole aste».
Quella sera, tornato a casa, dove mise i suoi nuovi quadri?
«Li appesi subito in salone. Perché mi riempivano il cuore, prima ancora che gli occhi. E da allora, hanno accompagnato la vita di tutti i giorni della mia famiglia. Ho 70 anni, vorrei mostrarle le foto che conservo negli album più cari: i compleanni dei ragazzi, gli anniversari, le feste, i pranzi di natale. Sullo sfondo ci sono sempre i due quadri. Ci hanno accompagnati anche nel nostro viaggio di ritorno in Sicilia, a metà degli anni Novanta. Li abbiamo sistemati nel soggiorno cucina e hanno continuato ad accompagnare la vita di tutti i giorni di una famiglia semplice».
Quando ha cominciato a sospettare che quelle opere non erano proprio rumenta?
Mio figlio mi ha sempre fatto tantissime domande, era affascinato da quei quadri. Fino a quando, a 15 anni, gli sembrò di vedere su una delle tele la firma di un tale pittore Bonnato. Comprò anche dei libri per capire chi fosse. Poi, un giorno, mio figlio comprò in una bancarella una biografia di Bonnard, ci sedemmo in salone e cominciammo a sfogliarla: una fotografia ritraeva il pittore mentre leggeva un libro in giardino. Mio figlio esclamò: “È il giardino del nostro quadro”. E così abbiamo iniziato a capire».
Come avete scoperto che l’altro quadro era di Gauguin?
«Mio figlio, poi diventato studente di architettura a Siracusa, ha confrontato la dedica del quadro, che non è firmato, con alcune lettere scritte dal pittore. Ed abbiamo capito. Mentre alcuni illustri critici continuavano a dirci: “Si tratta di opere di autori ignoti, di scarso valore”».
(l’intervista completa sulla rassegna stampa Treccani)