Come va in Venezuela
Male: una deputata di opposizione è stata espulsa dal parlamento, Amnesty International denuncia torture e abusi, 39 persone sono morte nelle proteste, e il presidente Maduro si difende sul NYT
In Venezuela, negli ultimi due mesi di proteste contro il presidente Nicolás Maduro, sono morte per le violenze legate agli scontri tra manifestanti e polizia almeno 39 persone. Le manifestazioni – le più grandi nel paese dalla morte dell’ex presidente Hugo Chávez, il 5 marzo 2013 – sono iniziate a San Cristóbal, la capitale dello stato di Táchira, e si sono poi diffuse in tutto il paese, anche nella capitale Caracas. Il partito socialista venezuelano (PSUV), guidato da Maduro, è stato accusato dalle opposizioni di essere responsabile degli altissimi indici di violenza, della scarsità di beni di prima necessità, dei continui e prolungati blackout nel paese, e dell’estensione di politiche particolarmente illiberali. Da circa una settimana le opposizioni e alcune organizzazioni internazionali per la difesa dei diritti umani hanno parlato anche di torture, detenzioni arbitrarie e ulteriori restrizioni alle attività della stampa anti-governativa.
Gli avvenimenti più discussi sono stati due. Il primo è stato la rimozione dal suo incarico di deputata di una degli esponenti più conosciuti e apprezzati dell’opposizione venezuelana, María Corina Machado. La sua esclusione dal parlamento, confermata lunedì dal Tribunale di Giustizia del Venezuela, è stata decisa senza che ci fosse alcun procedimento giudiziario contro di lei e senza che le fosse stata formalmente rimossa l’immunità garantita ai parlamentari venezuelani. Il presidente del parlamento (che appartiene alla maggioranza che appoggia Maduro) ha attaccato Corina Machado per avere partecipato a una riunione dell’Organizzazione degli Stati Americani come membro della delegazione di Panama, e di avere fatto alcune critiche contro il governo venezuelano. Il parlamento ha giudicato a maggioranza il comportamento di Corina Machado “ostile” verso gli interessi del Venezuela e ha votato per la fine della sua attività da deputata.
La seconda questione di cui si sta discutendo molto è l’iniziativa di un’associazione di editori colombiani per fornire ai quotidiani venezuelani tonnellate di carta necessarie a stampare i giornali. Secondo Espacio Público, organizzazione non governativa venezuelana che si occupa della difesa dei diritti umani e della libertà di espressione, negli ultimi mesi almeno 13 giornali hanno chiuso la loro versione cartacea per le politiche restrittive del governo riguardanti l’importazione di carta, mentre altri 17 sarebbero stati costretti a ridurre il numero di pagine e la tiratura. Martedì sono partite dal porto di Cartagena de Indias, in Colombia, 52 tonnellate di carta dirette verso il Venezuela, che dovrebbero arrivare ai giornali anti-governativi Impulso (il più antico del Venezuela), El Nacional e El Nuevo Pais, i più danneggiati dalle restrizioni. Il governo colombiano, di orientamento conservatore e oppositore del socialismo adottato in Venezuela, è stato accusato da Maduro di sostenere le opposizioni venezuelane insieme agli Stati Uniti per appoggiare un colpo di stato contro il suo governo.
Martedì 1 aprile il New York Times ha pubblicato un editoriale di Maduro dal titolo “A Call for Peace” (“Una chiamata alla pace”): tra le altre cose, Maduro ha attaccato duramente la stampa internazionale – «la maggior parte della stampa straniera ha descritto in maniera distorta la realtà del mio paese e quello che si è sviluppato attorno agli eventi» – e le opposizioni – «quelli che protestano hanno un obiettivo chiaro: l’espulsione incostituzionale del governo democraticamente eletto». Maduro ha anche elencato tutti i provvedimenti adottati dal suo governo, e i risultati raggiunti: ha scritto che le azioni violente delle ultime settimane sono state portate avanti dai settori più privilegiati della società venezuelana, che avrebbero visto diminuire i loro privilegi a causa del «processo democratico di cui ha beneficiato la grande maggioranza della popolazione».
Maduro ha anche negato le accuse che gli sono state rivolte una settimana fa dal leader dell’opposizione venezuelana, Leopoldo López, sempre sul New York Times: López ha accusato il governo di avere soppresso molte libertà e di avere represso le proteste con metodi brutali. Secondo López le persone arrestate dall’inizio delle manifestazioni anti-governative (il 4 febbraio) sarebbero oltre 1500, di cui almeno 50 sarebbero state torturate mentre si trovavano in custodia della polizia. Episodi di torture, abusi, detenzioni arbitrarie e violazioni dei diritti umani sono stati denunciati anche da Amnesty International, in un rapporto diffuso il primo di aprile. Contestando Maduro, López ha elencato tutti i fallimenti delle politiche governative degli ultimi anni, che hanno portato il Venezuela ad avere uno dei più alti indici di omicidi per abitante di tutto l’emisfero occidentale, il 57 per cento di inflazione e una scarsità di beni di prima necessità senza precedenti, se non in tempo di guerra.
Martedì anche lo scrittore peruviano e premio Nobel Mario Vargas Llosa, 78 anni, si è schierato pubblicamente contro il presidente Maduro, accusandolo di volere instaurare in Venezuela una “dittatura ispirata al modello cubano”. Vargas Llosa, che sarà in Venezuela il 15 aprile per una conferenza organizzata dal think tank di opposizione Cedice, ha detto che tutti i paesi dell’America Latina saranno minacciati nel caso in cui Maduro dovesse prevalere sulle opposizioni.