Le famose prime pagine del Manifesto
Il quotidiano ha raccolto le migliori del 2013 in un libro, pieno dei calembour e sarcasmi familiari ai lettori
Il quotidiano Il Manifesto ha raccolto in un libro di grande formato (in vendita a 18 euro in edicola e online) una scelta di 113 prime pagine del giornale pubblicate nel 2013, intitolata “Buona la prima“. La raccolta è anche un’applicazione per iPad.
Le prime pagine del Manifesto, quasi sempre composte intorno a una grande foto centrale e a una titolazione creativa basata su un gioco di parole, sono diventate popolari e particolarmente riconoscibili da diversi anni. Ne scrive nella postfazione del libro Alberto Piccinini:
Sappiamo com’è andata: il solitario sberleffo quotidiano dei nostri titoli di prima è stato per anni un esorcismo liberatorio contro le finzioni ideologiche mascherate da obbiettività. Prima, almeno, che i social network cambiassero le regole dei media. Oggi il calembour è regola, non l’eccezione.
Prendete un titolo come «Caccia i bombardieri». Anzi, più slogan che titolo. Uno sberleffo, divertente. Come se una mano anonima avesse aggiunto a penna quella «i», dentro uno qualsiasi dei discorsi che vogliono convincerci dell’ineluttabilità dell’acquisto multimiliardario dei dannati F35. Scrivo queste righe proprio il giorno in cui al ministro della difesa Mauro si imputa la gaffe di comparire in uno spot pubblicitario dell’azienda Lockheed, vecchia conoscenza della nostra storia politica nazionale, che gli F35 li costruisce proprio. Si arrabbia il ministro: nello spot c’è finito a sua insaputa, dice. L’azienda conferma (ma è possibile?). Però le circostanze sono interessanti. Si cita una frase di Mauro che dice: amare la pace vuol dire aRmare la pace. Bum. Non che il ministro ci rubi il mestiere, sapremmo fare di meglio. Ma nulla di nulla è più osceno di un calembour del Potere.
Questo dicevano i testi sacri: ogni gioco verbale — com’è la semplice aggiunta di una lettera o di una sillaba a una parola consumata dall’uso — apre al lettore un campo intero di significati che le stesse parole in gioco, prese singolarmente, neppure sanno di poter contenere. La comprensione di un calembour attiva perciò un meccanismo di piacere. Estetico (Jacobson). Libidinale (Freud). Sociale e politico, se il gioco è collettivo come nel caso di un titolo di giornale specie quando mira ai bersagli grossi: i tabù della guerra, della religione, del sesso, del pensiero unico.
E a quelli piccoli. Venendo al nostro teatrino politico Grillo è la «forza nuova», ma Andreotti «omissis est». Al pd c’erano un sacco di «amici del giaguaro», che fine avranno fatto? Letta è a «tre piazze» e la casa (di Arcore) «è chiusa». «L’Irto Colle», nei giorni della rielezione di Napolitano aveva il retrogusto scolastico e d’altri tempi che al personaggio si addice. «Col de sac», quel tanto di demodé che non guasta. Gli andrà aggiunto certamente quel «Napolitanistan» più sbarazzino e cinematografico, di tanta poca fiducia per le sorti della nostra democrazia, tanto che il suffisso minaccia di diventare seriale dopo un «Valsusistan» speso a proposito delle vicende dei No Tav. «Preso per il Colle», a proposito del cupo tramonto della stella di Bersani, è vignettismo politico. «No grazia», che illustra una foto di Berlusconi e Napolitano, una piccola crudeltà.
E aggiunge il testo in quarta di copertina:
Dietro la prima pagina di un giornale, e soprattutto dietro la prima pagina del manifesto, c’è un misto di incoscienza, genialità, raffinatezza, sintesi e humour in proporzioni del tutto variabili e opinabili, che dipendono dalla fatica di quel particolare giorno e dal privilegio di «dire» e «dover dire» qualcosa ogni volta che si va in stampa. C’è il lavoro di ordinare i fatti uno sopra l’altro e di sovvertirli se è giusto.
Di sicuro la prima pagina del manifesto è un prodotto artigianale e non seriale. Se le guardate tutte quante, le potete vedere come un’icona schiacciata su un titolo grande e una foto ma in realtà in ciascuno di quei rettangoli colorati troverete un dettaglio, uno spicchio di realtà che non ricordavate, un tocco particolare o anche una sbavatura che sicuramente non c’è su nessun altro quotidiano italiano.