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  • Mercoledì 19 marzo 2014

Nate Silver, le notizie e le volpi

È online un nuovo e atteso giornale che vuole cambiare il giornalismo con dati, numeri, previsioni e articoli da nerd: il Post ha fatto due chiacchiere col suo inventore

di Luca Misculin – @LMisculin

Nate Silver è americano e ha 36 anni. Lunedì 17 marzo ha riaperto ufficialmente il suo sito di notizie: si chiama FiveThirtyEight, all’inizio era il suo blog personale, poi fu comprato e ospitato per tre anni dal sito del New York Times, adesso è stato rilanciato e molto allargato da ESPN. FiveThirtyEight si occupa di notizie di vario tipo, ma affrontate sempre attraverso analisi di dati e previsioni statistiche: ed era probabilmente il più atteso e discusso tra i nuovi siti di news internazionali che stanno nascendo e nasceranno nei prossimi mesi.

Silver si definisce innanzitutto uno statistico, ma il suo lavoro negli anni si è molto avvicinato a quello di un giornalista: divenne molto popolare negli Stati Uniti durante le elezioni presidenziali del 2008, quando riuscì a prevedere il risultato elettorale in 49 stati su 50 grazie a un complicato modello statistico da lui creato. Nel 2012, alle ultime presidenziali, fece ancora meglio: le sue previsioni si rivelarono corrette per tutti e 50 gli stati (più il distretto di Columbia), e riuscì inoltre a predire con esattezza cosa accadde nei 9 swing states, cioè quelli che i sondaggi raccontavamo come più combattuti e incerti. Nate Silver è tuttora molto noto nel giornalismo statunitense e le previsioni azzeccate gli hanno dato anche una qualche fama “popolare”, portandolo più volte in tv. Parla molto rapidamente, porta occhiali con la montatura pesante e la sua aria timida è spesso scambiata per arroganza. In tempi in cui si discute molto dell’affidabilità e della credibilità del giornalismo, l’approccio analitico di Nate Silver è stato indicato da molti come un modello, perché centrato sui dati – quindi su cose “certe” – invece che sulle libere valutazioni di esperti e opinionisti (che Silver critica spesso); altri invece ci vedono un approccio limitato e presuntuoso, che pensa di ridurre a numeri cose complicate da spiegare e raccontare.

FiveThirtyEight ha lasciato il sito del New York Times il 18 luglio 2013: quattro giorni dopo il gruppo editoriale ESPN (controllato dalla Disney) diffuse un comunicato in cui diceva di avere assunto Nate Silver al fine di ospitare il blog sul proprio sito. In questi mesi Silver non ha aggiornato il sito e si è dedicato esclusivamente alla costruzione del nuovo FiveThirtyEight, che aveva detto di volere “allargare”: secondo Jack Dickey di TIME, negli ultimi mesi Silver ha passato «il 90 per cento del suo tempo ad intervistare possibili collaboratori» (nello stesso articolo Dickey racconta che Silver ha creato una specie di modello statistico di valutazione dei candidati). Circa un mese fa, Silver aveva annunciato di avere assunto 18 persone che faranno parte della redazione, la quale farà capo a lui.

Il Post ha incontrato Nate Silver durante l’ultima edizione del festival della rivista Internazionale, organizzato come ogni anno a Ferrara durante il primo week end di ottobre. Silver era seduto su una sedia di legno in fondo alla sala stampa, all’angolo di una scrivania bianca, in mezzo al comprensibile trambusto di una sala stampa. Durante l’intervista, Silver ha parlato a voce piuttosto alta agitando moltissimo le braccia – ma non le mani, che rimanevano spesso come penzolanti, salvo quando si aggiustava gli occhiali con l’indice della mano destra. Nel complesso sembrava molto a suo agio (e anche piuttosto compiaciuto e divertito delle molte attenzioni: più tardi sarebbe stato intervisto dal direttore della Stampa Mario Calabresi).

Volpi e ricci: le basi
Nel 2012 Silver ha pubblicato il suo primo libro, The Signal and the Noise, presentato in Italia proprio al Festival di Internazionale. Ebbe un discreto successo e rimase per tre mesi nella classifica dei saggi più venduti del New York Times (in Italia è stato pubblicato da Fandango con il titolo Il segnale e il rumore). Nel libro, Silver si occupa di molti temi legati all’informazione, al giornalismo e all’accuratezza delle previsioni, ma anche di cose laterali a questi temi.

Il titolo del libro fa riferimento a una nota accusa di Silver nei confronti dell’informazione, in particolare di quella americana: lo scorso luglio aveva definito la maggior parte dei commentatori politici «completamente inutili». A suo parere, infatti, gran parte dei commenti e degli editoriali sulle vicende politiche vengono realizzati sulla base di sensazioni, senza che siano fondati su dati precisi e verificabili: e che, nel caso previsioni e opinioni si rivelino poi sbagliate, non vengano corrette. Racconta Silver al Post: «le previsioni che faccio sono basate sul metodo scientifico: hai una teoria, fai ipotesi ed esperimenti e sei responsabile di tutto questo processo. Uno dei problemi del giornalismo è che i giornalisti pretendono un alto grado di responsabilità da parte dei politici, ed è una cosa buona, ma spesso non pretendono da se stessi lo stesso standard. Si possono esprimere opinioni, fare discorsi, riportare pareri altrui, ma ci si chiede mai quanto queste siano verificabili e accurate?».

Secondo Silver una cosa del genere creò una grande distorsione durante le presidenziali americane del 2012: i giornali raccontarono per mesi che Mitt Romney e Barack Obama erano molto vicini nei consensi e continuarono a farlo anche durante la stessa giornata elettorale, il 6 novembre 2012. Quella mattina invece Silver – basandosi su un suo algoritmo che aggregava, pesandoli secondo molti criteri diversi, i risultati dei sondaggi stato per stato – predisse che Obama aveva il 90,9 per cento di possibilità di vincere, mentre molti davano Romney in rimonta: andò a finire che vinse Obama e in maniera piuttosto netta.

Ma Il segnale e il rumore non parla solo di politica e previsioni su base statistica: in un bel capitolo del libro Silver cita un verso attribuito al poeta greco Archiloco, diventato in seguito la base per un noto modello comportamentale teorizzato dal filosofo Isaiah Berlin: «la volpe sa molte cose, ma il riccio ne sa una grande». William Barrett, professore di Filosofia alla New York University, riassume così il significato del modello di Berlin: «Esistono persone che hanno occhi attenti, come la volpe, e altre che – come il riccio – dispongono di un’unica e centripeta idea, con la quale si difendono dalle cose».

Silver ha usato questo modello per spiegare perché, per esempio, nei talk show vengono spesso invitati dei “ricci”, cioè persone con poche certezze legate a un’unica teoria e molta combattività: dal punto di vista televisivo funzionano meglio (in una recente intervista al New York Magazine, Silver ha inoltre definito dei “ricci” anche «gli editorialisti di New York Times, Washington Post Wall Street Journal: nelle loro riflessioni non lasciano spazio a molta complessità»).

Le volpi, invece, vengono a volte percepite come persone deboli e insicure, sebbene il loro approccio alle cose sia in generale più efficace. Silver ha spiegato al Post: «un sacco di grandi teorie e convinzioni sembravano meravigliose, ma nel mondo reale hanno fallito: le persone in generale dovrebbero ragionare di più in termini scientifici, ma è una cosa che va imparata. Non tanto per mezzo di un libro, ma sperimentandolo in prima persona e imparando a diventare nel tempo “una volpe”: c’entra anche cercare di essere sempre umili, attenti, e maggiormente disposti ad ascoltare le persone che ti stanno accanto».

Per questo motivo, Silver ha scelto la volpe come simbolo del nuovo FiveThirtyEight, oltre a citarla nel “manifesto” scritto per la sua riapertura (ma ci arriviamo).

FiveThirtyEight
L’importanza dei modelli
Silver ha un curriculum molto vario e soprattutto diverso da quello canonico dei giornalisti. Laureato in Economia, grande appassionato di poker, nel 2003 aprì un blog dove incrociava dati sul campionato americano di baseball con l’obiettivo di prevedere il risultato delle partite, attraverso un modello statistico creato da lui chiamato PECOTA. Il blog gli diede molta notorietà, e gli procurò collaborazioni con altri blog e giornali sportivi americani scrivendo principalmente di baseball. Nel 2008 Silver aprì il blog FiveThirtyEight, dove cominciò ad occuparsi di economia e di sondaggi politici (538 è il numero dei cosiddetti grandi elettori che vengono assegnati dai singoli stati americani durante le elezioni presidenziali, e che eleggono in un secondo tempo il presidente degli Stati Uniti).

Alla base delle previsioni di Silver (che si fondano principalmente sulla cosiddetta statistica bayesiana) c’è l’idea che uno statistico – grazie al progresso tecnologico di questi ultimi anni – abbia oggi a disposizione una quantità immensa di dati anche molto diversi fra loro, e che il suo compito sia analizzarli e incrociarli nella maniera più accurata, per poi infine elaborare soluzioni, con un diverso grado di probabilità di avverarsi: più si ci si intende di un certo argomento, insomma, e meglio si può leggere e utilizzare nel giusto contesto l’enorme quantità di dati a disposizione (motivo per cui ancora oggi i giornalisti che si occupano di analisi dei dati autorevoli e popolari sono pochissimi: il “fattore umano” è fondamentale).

Secondo Silver il suo approccio può essere applicato in molti campi diversi, ed è forse questa la caratteristica che lo rende unico nel suo settore: cercare di avere una mentalità il più aperta ed elastica possibile – da “volpe” – di modo da poter applicare l’analisi dei dati a più situazioni, che siano tradizionali come la politica e lo sport oppure inconsuete.

Nel 2010, per esempio, Silver pubblicò un lunghissimo articolo intitolato “I quartieri più vivibili di New York”, dove argomentava la scelta del quartiere in cui vivere con modelli, calcoli e analisi statistiche simili a quelli usati per il baseball e i sondaggi. Negli anni in molti l’hanno accusato di essere arrogante, oppure hanno contestato l’efficacia dei suoi modelli. Nel gennaio del 2013 fu molto preso in giro per aver sbagliato a prevedere il risultato di alcune partite del Super Bowl. Giorni prima aveva twittato di non essere in grado di ottenere grandi risultati, con le sue previsioni, al fantasy football (una specie di fantacalcio basato sulle partite di football americano):

Per quanto riguarda in particolare le previsioni politiche, cioè quelle che hanno reso Silver famoso, i fattori da tenere in conto sono moltissimi – fra le cose più importanti il grado di “estremismo” politico del candidato, e la situazione economica e sociale del paese analizzato. Racconta Silver: «molto del comportamento elettorale di una persona dipende dal contesto economico in cui si trova a vivere, e dalla propria qualità della vita: in questo senso le elezioni sono probabilmente più razionali di quanto le rappresentino i media. Nella maggior parte dei casi quando l’economia è in espansione, i salari aumentano e l’inflazione cala, il partito al governo tende a essere rieletto, al contrario di quanto avviene quando le cose vanno male. Pensando agli Stati Uniti, poi, dove c’è un sistema bipartitico ormai stabile, fare analisi è più semplice: la decisione è binaria».

C’è una spiegazione
La maggior parte dei guai politici che gli Stati Uniti hanno affrontato negli ultimi anni sono attribuiti da molti all’irrigidimento delle posizioni dei repubblicani, iniziato più o meno da quando Obama è presidente, e all’incapacità di Obama di spaccare i repubblicani: basti pensare alla grandissima difficoltà e lentezza con la quale fu approvata la riforma sanitaria, che comunque non sarà applicata totalmente da molti stati controllati dai repubblicani. La conseguenza più visibile di questa situazione è stato probabilmente il cosiddetto “shutdown”, la chiusura delle attività “non essenziali” del governo durato dall’1 al 16 ottobre 2013. Una delle cose più notevoli dal punto di vista politico fu che fino a poche ore prima del raggiungimento di un compromesso i due partiti sembravano ancora molto distanti: nonostante le molte perplessità degli analisti, secondo Silver il comportamento dei repubblicani aveva «una spiegazione».

«Vedo accadere due cose: la prima è che la Camera ha 435 collegi elettorali piuttosto piccoli e fra i quali c’è un grande divario geografico. Le regione urbane e costiere tendono a essere vicine ai democratici, mentre quelle centrali ai repubblicani. In questi anni la distanza sta però crescendo: chi ha idee liberal sta diventando sempre più liberal, e lo stesso capita a chi è più conservatore». Parte della colpa, secondo Silver, è anche da attribuire all’informazione: citando Fox News, un canale televisivo di destra molto politicizzato, «esistono delle specie di bolle nelle quali un cittadino è abituato a seguire solo certi tipi di media e consumare solo una parte dell’informazione. I media di destra hanno un approccio sempre meno “scientifico” alle cose, ma non è sempre stato così: negli anni Ottanta il partito repubblicano era quello delle idee forti e dei think tank».

Silver spiega che «una certa divisione geografica ha sempre fatto parte della storia americana: gli Stati Uniti sono sempre stati un paese con aree dalle caratteristiche “agricole” e altre industrializzate: ma il divario si sta facendo più intenso. Un qualsiasi membro repubblicano del Congresso ha una probabilità molto bassa di perdere il proprio seggio: e se vieni eletto in un distretto in cui l’80 per cento degli abitanti ha idee conservatrici non avrai alcun interesse a fare compromessi con i democratici. Questo meccanismo può funzionare individualmente, ma alla lunga diventa parte del problema: nel partito non c’è un leader. John Boehner [l’attuale presidente della Camera, repubblicano], per esempio, credo abbia paura di mettersi contro i Tea Party, sebbene sia chiaro che i loro obiettivi politici non si realizzeranno mai».

«Non credo ci sia molto talento nella dirigenza del New York Times»
Nel 2010 FiveThirtyEight venne comprato dal New York Times e incluso nel sito del giornale, dando a Silver e ai suoi articoli una visibilità nazionale mai conosciuta prima: nel novembre del 2012 il direttore Jill Abramson disse che il blog stava «attirando un’enorme quantità di traffico online» e che «la cosa interessante è che molte persone arrivano solo per leggere Nate». È stato stimato che prima delle elezioni un lettore su cinque fra quelli che visitavano il sito del New York Times passava da FiveThirtyEight. Il 18 luglio 2013 il blog fu però aggiornato per l’ultima volta. Lo stesso giorno Margaret Sullivan, il public editor del New York Times, scrisse un famoso articolo in cui raccontava che Silver era stato una «entità distruttiva» all’interno della redazione del Times, paragonandolo al personaggio di Brad Pitt nel film Moneyball.

Silver ha negato di aver lasciato il New York Times a causa dei cattivi rapporti con i giornalisti più anziani. Ha detto al Post che «i miei anni al New York Times sono stati un periodo felice: ho deciso così per motivi legati al modello di business. Il giornale è diretto dalla stessa gente da molto tempo e non credo ci sia molto talento nella dirigenza, rispetto ad altri posti».

Altri modelli?
A proposito della collaborazione con ESPN, Silver ha detto che avrebbe potuto «certamente» scegliere di tornare a gestire FiveThirtyEight da solo, facendo pagare i lettori per i contenuti del blog: una scelta simile a quella che il blogger Andrew Sullivan ha fatto all’inizio del 2013 con il suo “The Dish”. «Ho conosciuto Andrew e credo che questo modello di business nel suo caso stia funzionando, ma io ho bisogno di uno staff di 15-20 persone che sia composto, fra gli altri, da programmatori, grafici e sviluppatori: questo tipo di cose ha un certo costo, e non credo che ciò che ho in mente possa stare in piedi con l’autofinanziamento».

Negli ultimi mesi anche l’ex blogger del Washington Post Ezra Klein e l’ex collaboratore del Guardian Glenn Greenwald hanno avviato progetti simili a quelli di Nate Silver, autonomi rispetto alle grandi testate per cui lavoravano.

Il nuovo FiveThirtyEight
Negli ultimi mesi Silver non aveva chiarito di cosa si sarebbe occupato di preciso il nuovo FiveThirtyEight: aveva solamente spiegato che avrebbe trattato a grandi linee per un terzo di sport, un terzo di politica e per il resto di vari argomenti, fra cui, per esempio, salute e viaggi. In una bella intervista al New York Magazine pubblicata il 16 marzo, Silver aveva aggiunto qualcosa in più riguardo alla direzione in cui andrà FiveThirtyEight.

Il punto riguardo agli altri temi [oltre allo sport e alla politica], è che ci sono moltissime cose da dire, fra le quali scegliere. Vogliamo mantenere un certo rigore in tutte le cose che faremo. Ma sappiamo bene che se faremo un pezzo su True Detective, quello potrà e anzi dovrà avere un tono più “giocoso” rispetto a un pezzo sulle elezioni politiche.

Ma non ci sarà solo cultura pop. Siamo interessati anche alle cose che non sono “popolari”. Cose come salute, istruzione, viaggi – ma non con cose tipo “le destinazioni migliori”, ma su come ciascuno possa risparmiare sui biglietti aerei, per esempio. Ci saranno anche pezzi in stile “giornalismo dalla parte del consumatore”, oppure cose economiche, o informatiche. Pezzi che parlino di come usare i dati per migliorare la propria vita di ogni giorno, oppure che aiutino a difendersi da chi usa i dati contro di noi.

Due giorni dopo la sua riapertura, su FiveThirtyEight si possono trovare articoli parecchio diversi fra loro per quanto riguarda il tema, ma simili nell’approccio e ricchi di dati e grafici. Qualche esempio: “Perchè solamente metà del Venezuela è per strada” è un’analisi della situazione politica in Venezuela sulla base di indici economici e sociali; “Molti segnali facevano pensare alla secessione della Crimea, ma non i sondaggi” racconta perché, negli ultimi anni, la credibilità dei sondaggi condotti in Ucraina è calata di molto; “Cosa mangiare da McDonald’s quando sei drammaticamente al verde” riporta quali piatti disponibili da McDonald’s sono più convenienti in base ai rapporti prezzo/quantità di cibo e prezzo/calorie contenute nel piatto; “Hai appena fatto sesso: quante calorie hai bruciato?”, affronta una vecchia e popolare questione citando qualche studio scientifico, ma senza dare risposte finali.

Il nuovo FiveThirtyEight, oltre a ricevere diversi apprezzamenti, è stato anche criticato da alcuni giornalisti piuttosto autorevoli. Su tutti l’economista ed editorialista del New York Times Paul Krugman – uno di quelli che Silver ha definito «inutili» – che ha scritto che «per un atteggiamento “da volpe” non basta lasciar parlare i dati da soli: non lo fanno mai. I dati non sono mai un buon sostituto per una riflessione complessa». Altri hanno criticato la superficialità di alcuni articoli.

Nel manifesto del nuovo FiveThirtyEight, pubblicato il giorno del lancio, vengono ripresi molti dei temi ricorrenti di Silver: la critica al giornalismo “tradizionale”, la prevalenza di un approccio “da ricci” nell’ambiente dei media e la sfida di applicare l’analisi dei dati e i modelli statistici – finora utilizzati prevalentemente per la politica e il baseball – nei confronti dei temi più disparati. Silver ha anche aggiunto che «in favore dell’accessibilità e dell’accuratezza abbiamo sacrificato qualcosa: la velocità. Raramente saremo i primi a dare una notizia o a commentarla». Ma spera che in questo modo il sito guadagnerà una certa solidità e affidabilità.

Certamente faremo degli errori. Speriamo che i nostri errori saranno comunque compiuti in buona fede. Speriamo che dal nostro approccio alle notizie impariate cose nuove e vi divertiate: e che verrete a visitarci, di tanto in tanto. Speriamo di dimostrare che il giornalismo basato sull’analisi dei dati è un’opzione solida e utile. È tempo di cominciare a dare le notizie con un approccio più nerd.

foto: utente Flickr JD Lasica