Il referendum sulla Crimea è “legale”?
Secondo l'Ucraina e l'Occidente no, secondo la Russia sì: ma il diritto internazionale e il buon senso danno torto ai russi
Domenica 16 marzo gli abitanti della Crimea hanno votato per decidere se annettersi o meno alla Russia: il 97 per cento dei votanti, ha detto il responsabile delle operazioni elettorali, si è espresso per il sì e quindi da oggi il governo locale della Crimea e il governo russo stabiliranno tempi e modi per la formale annessione. L’affluenza è stata dell’82,71 per cento. Molti abitanti filo-ucraini della Crimea non sono andati a votare, perché considerano il referendum “illegale”: la stessa posizione è stata espressa negli ultimi giorni dal governo di Kiev, che come Stati Uniti e Unione Europea ha ribadito in più occasioni che non avrebbe riconosciuto il risultato del referendum.
Per stabilire la legalità o meno del voto di domenica, in molti hanno paragonato la situazione della Crimea a quella della Scozia, dove il 18 settembre 2014 si deciderà tramite referendum l’indipendenza dal Regno Unito. Come ha fatto notare lo stesso Foreign Commonwealth Office britannico, ci sono delle sostanziali e importanti differenze tra il caso del referendum sulla Crimea e quello che si terrà sull’indipendenza della Scozia, che riguardano, tra le altre cose, l’atteggiamento del governo centrale e la garanzia per gli abitanti locali di esercitare il proprio diritto di voto in modo libero e indipendente. Ed è interessante porsi queste domande – le domande generali utili a verificare il grado di correttezza e regolarità di un’elezione – e vedere quali risposte si trovano in Crimea.
– Il referendum è appoggiato da tutte le parti coinvolte?
No. Il nuovo governo di Kiev lo considera illegale perché secondo la Costituzione dell’Ucraina un’eventuale secessione di una parte del territorio nazionale dovrebbe essere votata da tutti i cittadini ucraini, e non solo da coloro che abitano la regione interessata. In pratica, dice il governo, il referendum è frutto di un’occupazione militare da parte di forze filo-russe e non può essere riconosciuto valido senza l’approvazione di Kiev. Secondo la Russia, al contrario, il referendum è lo strumento con cui gli abitanti della Crimea decidono legittimamente del loro futuro: il governo russo sostiene inoltre che il nuovo governo di Kiev non ha l’autorità di dichiarare illegale il referendum, visto che è insediato a seguito di un “colpo di stato” e per questo è lui stesso un governo illegale (la Russia riconosce ancora Viktor Yanukovych come presidente legittimo dell’Ucraina).
In Scozia il referendum sarà votato solo dagli scozzesi, ma la differenza fondamentale con il caso della Crimea è che il governo britannico ha concordato il voto con le autorità scozzesi. Si tratta quindi di un processo condiviso, il cui risultato sarà riconosciuto da entrambe le parti.
– Che tipo di supervisione è garantita durante la votazione?
Per la Crimea solo quella delle forze militari o paramilitari filo-russe che hanno occupato il territorio da settimane. Si tratta di migliaia di uomini armati senza chiari segni di riconoscimento, che il governo russo definisce “milizie di auto-difesa”, mentre il governo ucraino considera militari russi. Al voto di domenica non ci sono stati osservatori internazionali: nella settimana precedente al referendum una squadra di osservatori internazionali dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE) ha tentato di entrare più volte in Crimea, ma è sempre stata bloccata al confine con l’Ucraina da forze filo-russe. Alla mancanza di supervisione internazionale va aggiunto anche che il voto si è tenuto con urne trasparenti – dove era abbastanza facile vedere dove veniva messo il voto – facendo venire meno la garanzia del voto segreto.
In Scozia le votazioni saranno monitorate da un gruppo di osservatori elettorali indipendenti, che ne garantiranno lo svolgimento secondo le regole democratiche.
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– Il referendum è stato organizzato in maniera appropriata?
No: in Crimea sono passate tre settimane da quando è stato annunciato a quando si è tenuto. Inoltre è stato indetto per confermare una decisione già adottata dal parlamento della Crimea e sostenuta dal primo ministro Sergei Akysyonov. Peraltro Akysyonov alle ultime elezioni parlamentari aveva ottenuto solo il 4 per cento dei voti: si è autodichiarato leader della Crimea alla fine di febbraio, dopo che le forze filo-russe erano già entrate in Crimea e avevano preso il controllo del parlamento locale a Simferopoli. Oltretutto, come hanno raccontato i molti giornalisti stranieri presenti in Crimea, non c’è stata alcuna campagna informativa a riguardo, ma solo un’intensa propaganda che descriveva come “nazisti” i membri del nuovo governo di Kiev. I media non filo-russi da qualche settimana in Crimea hanno smesso di trasmettere.
In Scozia il referendum è stato organizzato in un periodo di due anni, e attorno al voto si è sviluppata un’ampia – e a volte anche accesa – discussione tra tutte le forze politiche locali.
– La comunità internazionale riconosce il risultato del referendum?
No. Sia l’OSCE che il G7 – cioè i sette paesi con le economie più sviluppate del mondo: dal 1997 al G7 è stato affiancato il G8, con l’inclusione per motivi politici della Russia – hanno già chiarito che considerano il referendum illegale e che non riconoscono il risultato. Stati Uniti e Unione Europea si accingono inoltre ad imporre delle dure sanzioni nei confronti di importanti funzionari del governo e dell’apparato economico-finanziario della Russia, ritenuti responsabili della crisi in Crimea.
In Scozia il referendum è riconosciuto dalla comunità internazionale come legittimo e legale: i suoi risultati saranno ritenuti validi sia dai governi interessati sia dagli altri stati.
Vale la pena fare un’ulteriore precisazione. Il diritto internazionale è piuttosto ambiguo di fronte alla possibilità per uno stato di acquisire un territorio non suo, ma in generale l’annessione può avvenire in tre modi diversi: incorporando un territorio “nuovo”, quindi appena scoperto e disabitato; firmando un trattato di “cessione”, come per esempio fece l’allora segretario del partito comunista sovietico Nikita Krusciov quando cedette la Crimea all’Ucraina; oppure occupando pacificamente un’area per un lungo periodo di tempo. Nessuno di questi, comunque, prevede l’organizzazione di un semplice referendum in un territorio contestato, senza l’accordo del governo centrale.