Se l’aereo scomparso è stato davvero dirottato, chi è stato?
L'ipotesi considerata oggi più probabile manca ancora di una rivendicazione e di un sospettato: intanto si indaga sulle vite dei passeggeri e soprattutto dei piloti
Le ricerche del volo MH370 di Malaysia Airlines, scomparso l’8 marzo mentre stava sorvolando il Golfo di Thailandia in viaggio da Kuala Lumpur in Malesia a Pechino, in Cina, proseguono lungo la rotta che avrebbe potuto avere seguito l’aeroplano dopo avere smesso di comunicare con i centri di controllo del traffico aereo. Il possibile tragitto è stato identificato grazie ad alcuni dati captati da un satellite e corrisponde a due grandi archi, di migliaia di chilometri, che vanno rispettivamente verso nord fino quasi al Kazakistan e verso sud sull’oceano Indiano. È un’area di ricerca enorme e ne sono consapevoli le autorità malesi e dei paesi che stanno contribuendo alle ricognizioni, come gli Stati Uniti, che sperano di scoprire qualcosa di più delle 239 persone a bordo per trovare nuovi indizi sulla possibile rotta seguita e per capire se si sia trattato o meno di terrorismo.
Indagini
Come spiega il New York Times, negli ultimi giorni gli Stati Uniti hanno condotto diverse indagini e verifiche sui passeggeri e l’equipaggio del volo MH370, offrendo la loro collaborazione alle autorità della Malesia, che hanno però declinato l’offerta di avere più assistenza dagli investigatori statunitensi, a partire da quelli dell’FBI. In mancanza di richieste formali di aiuto, gli Stati Uniti possono fare poco per ottenere o condividere informazioni con il governo malese, ha spiegato una delle fonti del New York Times.
A distanza di dieci giorni dalla scomparsa del volo MH370, non ci sono ancora elementi per spiegare a che scopo qualcuno abbia potuto decidere di dirottare un Boeing 777 e di farlo volare per quasi sette ore senza rivendicare l’operazione e senza chiedere qualcosa in cambio, in quel lungo arco di tempo, per liberare gli ostaggi. Secondo le autorità malesi i due dispositivi principali per tenere traccia dell’aereo, il transponder e l’ACARS, sarebbero stati disattivati deliberatamente da qualcuno a bordo, rendendo praticamente impossibile qualsiasi comunicazione da terra con l’equipaggio e lo stesso tracciamento della rotta seguita. Basandosi su questi elementi, la polizia malese ha ufficialmente avviato un’indagine penale, ma non si sa chi tra le persone a bordo abbia disattivato le strumentazioni né con quale obiettivo.
Terrorismo
Nei giorni dopo la scomparsa del volo MH370, l’intelligence degli Stati Uniti ha realizzato un’ampia serie di controlli incrociati tra i suoi grandi database di informazioni, ricostruendo i profili e i legami delle 239 persone a bordo. Fino a ora non sono emersi dati che facciano pensare ad organizzazioni terroristiche di alcun tipo. Le indagini si sono concentrate su due cittadini iraniani, saliti a bordo con due passaporti rubati, che dopo l’arrivo a Pechino avrebbero dovuto proseguire il loro viaggio verso Amsterdam con l’obiettivo di chiedere asilo politico in Europa. Sono state sentite le famiglie e gli amici dei due iraniani, condotte indagini sul loro passato e non sono stati trovati indizi circa una loro vicinanza a gruppi terroristici, o a piani di spionaggio organizzati dal governo dell’Iran.
Circa due terzi dei passeggeri sul volo MH370 erano di origini cinesi e stavano facendo ritorno a casa. Sembra che uno di questi fosse uiguro, appartenente cioè alla minoranza islamica che vive nella Cina nord-occidentale e che da quasi un secolo si batte per l’indipendenza dal governo cinese. Oltre a ricorrenti scontri, spesso molto violenti, tra etnie rivali e con la polizia cinese, alcuni gruppi di uiguri sono stati accusati di avere organizzato attentati, come il massacro alla stazione ferroviaria di Kunning (Yunnan) in cui sono morte oltre 30 persone a inizio marzo. Le indagini fino a ora condotte sul passeggero non hanno però messo in evidenza possibili sue appartenenze a gruppi di militanti attivi per l’indipendentismo.
Al Qaida
Anche se per ora il coinvolgimento di al Qaida sembra essere poco probabile, gli investigatori stanno comunque valutando questa possibilità, basandosi sulla presenza ormai decennale dell’organizzazione terroristica nel sud-est asiatico. È noto che nel 2001 il gruppo terroristico Jemaah Islamiyah, con stretti legami con al Qaida, si attivò per assoldare un pilota di aerei di linea malese o indonesiano per compiere un attentato terroristico. Non è chiaro quale fosse l’obiettivo, ma si ipotizza che il piano fosse una sorta di progetto per realizzare una seconda ondata di attacchi contro gli Stati Uniti, dopo quelli dell’11 settembre.
Pilota
Se davvero l’aereo è rimasto in volo per altre sette ore dopo avere smesso di comunicare, come sostengono le autorità malesi e diverse agenzie di controllo del volo sulla base dei dati satellitari, significa che per tutto quel tempo l’aeroplano è stato condotto da qualcuno che sapeva pilotare un Boeing 777. Gli indiziati principali sono naturalmente il pilota della Malaysia Airlines, Zaharie Ahmad Shah, e il suo primo ufficiale, Fariq Abdul Hamid. Le autorità malesi hanno concentrato le loro indagini su queste due persone, ma per ora non sembra abbiano trovato molto.
Le loro case sono state ispezionate nel corso del fine settimana senza trovare particolari prove. In quella di Zaharie è stato trovato un simulatore di volo costruito dallo stesso pilota, probabilmente utilizzato per compiere esercitazioni e simulazioni sulla condotta di un Boeing 777. È stato sequestrato così come un computer e altri dispositivi, nelle cui memorie potrebbero esserci informazioni utili per capire che cosa sia accaduto sul Golfo di Thailandia. Gli amici e i parenti hanno descritto Zaharie come una persona tranquilla, molto appassionata al suo lavoro, e con oltre 30 anni di esperienza nell’aviazione civile.
Politica malese
Zaharie era un convinto sostenitore del partito di opposizione di Anwar Ibrahim, che da anni si batte contro la corruzione in Malesia e lo strapotere del Fronte Nazionale, che governa il paese senza interruzioni da quasi 57 anni. I media, non solo malesi, hanno descritto Zaharie come un fanatico interessato a sostenere in qualsiasi modo la causa di Anwar. In realtà, come spiega William J. Dobson su Slate, i pesanti sospetti contro Zaharie sembrano fare parte del classico schema utilizzato dal governo malese per screditare l’opposizione agli occhi della popolazione.
Anwar è alla guida di una coalizione di piccoli partiti da tempo impegnati contro la corruzione dilagante nel paese, resa in parte possibile proprio dal lungo e ininterrotto periodo di governo del Fronte Nazionale. Nel 2008 la sua coalizione è riuscita a fare eleggere circa un terzo del Parlamento, riuscendo per la prima volta a ridurre la maggioranza del Fronte Nazionale. Anwar ha pagato a caro prezzo il proprio successo politico, con un processo per “sodomia” iniziato proprio nel 2008 e che si è trascinato per anni, rendendolo una sorta di prigioniero politico spesso detenuto in isolamento. Alle elezioni parlamentari del 2013 il Fronte Nazionale ha vinto 133 dei 222 seggi parlamentari, il suo peggior risultato di sempre. Anwar ha contestato la vittoria del partito di governo, denunciando brogli ai seggi.
Dobson spiega che Anwar Ibrahim sta semplicemente cercando di sconfiggere il regime malese attraverso le elezioni, in modo pacifico e senza piani terroristici o violente rivoluzioni. “Quindi, per essere chiari: sappiamo che il pilota del volo MH370 è un fanatico sostenitore di un uomo non violento che vuole una Malesia pluralista e democratica”, scrive Dobson, ricordando che le accuse più o meno ventilate contro Zaharie potrebbero essere il tentativo delle autorità malesi di distogliere l’attenzione dalle dure critiche, ricevute da diversi paesi esteri Cina compresa, su come sono state condotte fino a ora le indagini per scoprire che fine abbia fatto il volo MH370.
La possibilità che Zaharie abbia comunque fatto di testa propria e abbia deciso di dirottare l’aereo per un qualche fine politico, e che poi le cose si siano messe male in volo, non può essere naturalmente esclusa. Ma per quanto se n’è saputo fino a ora, resta un’ipotesi poco convincente, tra le tante che sono state formulate per spiegare la sparizione del volo di Malaysia Airlines.
Primo ufficiale
Le informazioni su Fariq, il primo ufficiale, sono invece ancora parziali. Si sa che aveva 27 anni e che lavorava per Malaysia Airlines da quasi sette anni. Nel dicembre del 2011 subì un’indagine interna quando si scoprì che aveva permesso a due passeggere di entrare nella cabina di pilotaggio, e di rimanere con lui per tutto il tempo del volo.
Piloti e primi ufficiali che si conoscono da tempo chiedono spesso di poter volare insieme, facendo gli stessi turni. Zaharie e Fariq però non avevano chiesto di volare sullo stesso aeroplano, cosa che sembra escludere il fatto che avessero un piano per dirottare il volo MH370, o che si conoscessero in modo approfondito: sono finiti lì insieme per caso, stando a quel che ne sappiamo.
Altri a bordo
Nelle ultime ore, dice Reuters, le autorità malesi stanno indagando anche su un tecnico di volo, che viaggiava come semplice passeggero, di 29 anni. Considerata la sua professione, è molto probabile avesse le conoscenze necessarie per mantenere in volo un Boeing 777, o per disattivare le strumentazioni di bordo che consentono di seguire da terra la rotta dell’aeroplano. Le indagini riguardano comunque tutte le persone a bordo dell’aereo che avrebbero potuto avere qualche conoscenza su come far volare un aereo di linea.
Non è comunque esclusa l’ipotesi che il volo MH370 possa essere stato dirottato da una o più persone che abbiano costretto i piloti a seguire le loro indicazioni. Dopo ore di volo senza una rotta precisa ci potrebbe essere stata una sollevazione a bordo contro i dirottatori, con la conseguente perdita di controllo del volo. Per ora si tratta di una delle tante ipotesi intorno alla fine dell’aereo scomparso, che forse non avrà mai una spiegazione definitiva.