Cosa succede con la legge elettorale
Cosa è successo ieri, messo in ordine: oggi inizia la discussione alla Camera
Mercoledì 5 marzo, a partire dalle 10.30, la Camera dei deputati discuterà la riforma della legge elettorale, che oggi è sulle prime pagine di tutti i giornali dopo il raggiungimento di un nuovo accordo tra il Partito Democratico, Forza Italia e il Nuovo Centrodestra per modificare la legge solo riguardo alla Camera.
Un accordo tra PD, NCD e Forza Italia sulla legge elettorale era stato raggiunto in linea di massima già dopo un incontro tra Matteo Renzi e Silvio Berlusconi nella sede romana del PD, a gennaio, ma negli ultimi giorni c’erano stati alcuni rinvii nel percorso parlamentare dovuti a discussioni su punti particolari della legge. Martedì 4 marzo Silvio Berlusconi ha pubblicato un comunicato in cui dice che Forza Italia è disponibile ad accettare una delle proposte di emendamento che erano in discussione: quella che introdurrebbe il nuovo sistema elettorale, il cosiddetto “Italicum”, solo alla Camera, lasciando per il Senato la legge attualmente in vigore (cioè il Porcellum pesantemente modificato dalla sentenza della Corte Costituzionale del dicembre scorso).
L’emendamento che Berlusconi ha detto di accettare era stato presentato dal bersaniano Alfredo D’Attorre del PD e proponeva di eliminare dal testo dell’Italicum le norme che riguardano il Senato. In questo modo, dice, le due riforme potrebbero essere slegate e almeno in linea teorica ci potrebbero essere ugualmente elezioni anticipate con l’Italicum alla Camera e il porcellum modificato al Senato. Questa soluzione potrebbe piacere a Nuovo Centrodestra e secondo D’Attorre non avrebbe profili di incostituzionalità, perché di fatto già il porcellum prevedeva due sistemi diversi di elezione tra Camera e Senato. Ma non risolverebbe il problema della governabilità: anche in questa legislatura il centrosinistra ha una larga maggioranza alla Camera, ma la situazione al Senato lo ha costretto alle “larghe intese”.
La questione della legge elettorale si collega infatti a quella della riforma del Senato: Renzi e Berlusconi sono d’accordo sulla necessità di trasformarlo in una camera non elettiva. Ma quella è una riforma costituzionale, che quindi richiede molto tempo: la lettura che si fa dell’accordo di ieri è che permetta al governo di incassare un risultato politico nel breve periodo – la riforma della legge elettorale – senza per questo rischiare di accelerare il percorso verso le elezioni anticipate (visto che le elezioni con due modelli diversi per Camera e Senato rimangono una strada piuttosto complicata).
In un’intervista con Repubblica pubblicata mercoledì 5 marzo, Pippo Civati ha criticato la soluzione di separare la legge elettorale della Camera da quella del Senato, aggiungendo che così facendo non si tiene conto del parere della Corte Costituzionale che aveva bocciato il Porcellum. Ha detto anche che, con il nuovo accordo, non si potrà tornare a votare fino a quando non si sarà abolito il Senato e questo esporrà il governo a un «ricatto continuo» da parte degli alleati.
La base su cui si discute, il cosiddetto “Italicum”, è un sistema proporzionale valido solo per la Camera in cui i seggi sono attribuiti su base nazionale, senza preferenze, sulla base di oltre cento collegi, nei quali ogni partito o coalizione presenta una breve lista di candidati. La bozza originaria dell’Italicum prevede un premio di maggioranza, ma solo per la coalizione o il partito non coalizzato che ha ottenuto almeno il 35 per cento dei voti (la soglia dovrebbe essere innalzata al 37). Nel caso in cui nessun partito o coalizione arrivi oltre questa soglia, è previsto un ballottaggio tra i due partiti o coalizioni che hanno ottenuto la maggiore percentuale di voti su base nazionale. Chi vince il ballottaggio ottiene il 53 per cento dei seggi, mentre gli altri seggi sono attribuiti proporzionalmente alle restanti forze politiche (con un sistema di sbarramenti per tenere fuori le forze politiche più piccole). La versione originaria della nuova legge elettorale è nata in seguito all’accordo tra Partito Democratico e Forza Italia, con il discusso incontro a gennaio tra Matteo Renzi e Silvio Berlusconi nella sede romana del PD, ma diversi altri partiti più piccoli hanno richiesto nelle settimane seguenti numerose modifiche alle soglie previste e ai meccanismi di attribuzione dei seggi.
Foto: ANDREAS SOLARO/AFP/Getty Images