Il ritorno di Jason Collins
Il primo giocatore di basket americano a dire di essere gay ha trovato una squadra e domenica è stato molto festeggiato dai suoi tifosi
Domenica 23 febbraio Jason Collins, 35enne giocatore di pallacanestro nato a Northridge, in California, ha giocato la sua prima partita casalinga della stagione di NBA. Collins gioca per i Brooklyn Nets: è entrato contro i Chicago Bulls quando mancavano 2 minuti e 41 secondi alla fine della partita, e da un minuto i tifosi cantavano il suo nome. Quando Collins è entrato in campo, moltissimi spettatori del Barclays Center di Brooklyn si sono alzati in piedi per applaudirlo: e questo non perché sia un giocatore fenomenale ma perché questa è stata la sua prima partita in casa da quando – con una lunga e bella lettera pubblicata su Sports Illustrated nel maggio del 2013 – Collins è diventato il primo giocatore professionista statunitense in attività (non solo di basket, ma anche di baseball, football americano e hockey) a dire pubblicamente di essere gay.
Collins in carriera ha giocato a buoni livelli per i Nets fra il 2001 e il 2008, e in seguito con varie squadre fra cui Memphis Grizzlies, Atlanta Hawks e Boston Celtics. È stato assunto dai Nets con un contratto da dieci giorni, quando era fermo ormai da un anno, e ha disputato fin qui cinque partite. Negli ultimi minuti giocati contro i Bulls, Collins è riuscito a prendere un rimbalzo – cioè ha recuperato una palla dopo un tiro sbagliato degli avversari – e ha rubato una palla durante un’azione degli avversari. La partita è finita 96-80 per i Nets.
Da buon giocatore discretamente popolare, dopo il coming out Collins è diventato famosissimo: a causa della sua lettera ricevette i complimenti, fra gli altri, del presidente statunitense Barack Obama e dalla celebre guardia dei Lakers Kobe Bryant. Dopo che è tornato a giocare, la sua maglia col numero 98 è diventata la più venduta sul sito della NBA (Collins ha reso noto che i soldi ricavati con le sue magliette verrano dati ad associazioni a favore dei diritti degli omosessuali). Nella lettera scritta a Sports Illustrated, Collins raccontava perché scelse il numero 98 già nel 2012, quando giocava per i Celtics:
Quel numero ha un significato molto importante per la comunità gay. Uno dei più famigerati crimini dettati dall’odio contro i gay si verificò nel 1998. Matthew Shepard, uno studente dell’Università del Wyoming, venne rapito, torturato e frustato mentre era legato a una staccionata. Morì cinque giorni dopo essere stato ritrovato. Lo stesso anno fu fondato il Trevor Project. Questa fantastica organizzazione garantisce interventi in situazioni di crisi e cerca di prevenire i suicidi di ragazzi alle prese con i problemi legati alla loro identità sessuale. Credetemi, io la conosco quella fatica. Ho combattuto contro pensieri insani. Quando ho scelto quella maglia, la numero 98, stavo facendo una dichiarazione a me stesso, alla mia famiglia e ai miei amici.
Alla fine della scorsa stagione Collins era diventato un free agent – cioè un giocatore svincolato – ma nessuna squadra lo contattò. In questi mesi ha continuato ad allenarsi, e ha firmato il primo (e finora unico) contratto dopo la lettera il 23 febbraio 2014: il giorno stesso è sceso in campo per 11 minuti contro i Lakers. In cinque partite ha giocato un totale di circa 37 minuti, ha preso cinque rimbalzi e segnato tre punti (ha messo una tripla contro i Denver Nuggets).
In un’intervista a CNN, Collins ha detto che tornare a giocare «è stata una gran cosa» e che i compagni di squadra lo trattano come lo trattavano prima. Secondo il New York Times Collins ha detto di «sperare di continuare la stagione coi Nets»: secondo molti media sportivi americani il suo contratto verrà rinnovato per altri dieci giorni, periodo dopo il quale – secondo le regole della NBA – per continuare a farlo giocare i Nets saranno costretti ad assumerlo per il resto della stagione.