Sorgenia sarà salvata dallo stato?
Il Corriere della Sera mette in ordine i sospetti e le accuse su un presunto aiuto in discussione nel governo Renzi per un'azienda dell'editore di Repubblica
In un articolo pubblicato domenica 2 marzo sul Corriere della Sera, Fabrizio Massaro e Sergio Rizzo mettono in ordine i sospetti e le accuse, circolate nei giorni scorsi su diversi giornali, secondo cui il governo di Matteo Renzi stia discutendo la possibilità di approvare una norma che salverebbe dalla crisi Sorgenia, un’azienda che produce energia elettrica. Sorgenia è controllata dalla CIR, la holding di Carlo De Benedetti, editore di Repubblica e del Gruppo l’Espresso. Secondo l’articolo del Corriere, Sorgenia è vicina al fallimento e avrebbe liquidità soltanto per altre tre settimane. Oltre al fallimento e alla cessione, le sue possibilità di salvezza sono in mano al governo, che potrebbe approvare una norma con la quale lo stato pagherebbe per il salvataggio dell’azienda.
In realtà, non c’è ancora nulla di deciso e, pubblicamente, non risultano discussioni sul tema del capacity payment, il principio già presente in Italia e che, se modificato dal governo, darebbe molti soldi a Sorgenia e ad altre società. Massaro e Rizzo sul Corriere inseriscono però questa storia in una trama che parte dal famoso scherzo telefonico a Fabrizio Barca – nel quale sembrava che l’ex ministro parlasse di pressione proprio da parte di De Benedetti per accettare un posto nel governo Renzi – arriva fino al Monte dei Paschi di Siena e coinvolge anche il ministro allo Sviluppo economico Federica Guidi, considerata vicina a Silvio Berlusconi. Secondo questa ricostruzione, Guidi sarebbe stata attaccata da Repubblica, il giornale di De Benedetti, proprio per spingerla alle dimissioni e far in modo che fosse un altro ministro a gestire la questione Sorgenia (che è di competenza primaria proprio del ministero per lo Sviluppo economico).
Si chiama in gergo tecnico capacity payment, ed è un salvagente formidabile per quanti oggi producono ancora energia elettrica con il gas: a causa del boom delle energie rinnovabili e della crisi economica che ha affossato i consumi di energia le loro centrali restano spente la maggior parte del tempo. E i bilanci vanno a picco. Ecco allora spuntare quella miracolosa formula inglese, che si può tradurre così: i proprietari degli impianti termoelettrici vengono pagati lo stesso anche se le turbine non girano, semplicemente perché potrebbero produrre. Una specie di imposta sulla riserva di capacità produttiva che entrerebbe in azione quando ce ne fosse la necessità, in grado di dare un bel sollievo ai conti malandati di alcuni produttori. Quella tassa esiste già, ma i produttori vogliono molto più dei 150 milioni del vecchio capacity payment. Secondo Assoelettrica ed Energia concorrente, per tenerli a galla servono almeno 600 milioni l’anno fino al 2017. L’hanno scritto in un dossier di una decina di pagine spedito nelle stanze che contano con la dicitura «Riservato».
Chi sta peggio di tutti è Sorgenia, gruppo che fa capo alla Cir di Carlo De Benedetti, editore di Repubblica e del gruppo L’Espresso. Si trova a un passo dall’avvitamento finanziario: fra tre settimane finirà i soldi in cassa. Il debito sfiora quota 1,9 miliardi. A metà degli anni Duemila le banche le avevano concesso generosi finanziamenti per realizzare centrali a turbogas. Ma allora il mercato tirava. Poi, in soli cinque anni, è cambiato tutto. Alla crisi economica e al boom delle rinnovabili si è aggiunto l’alto costo dei contratti di acquisto del gas a lungo termine, i cosiddetti take or pay. Risultato: con una produzione ridotta al 20 per cento e un debito diventato insostenibile per almeno 600 milioni, nel solo terzo trimestre 2013 Sorgenia ha messo a bilancio una perdita di 434 milioni: cento in più di quanti De Benedetti ne abbia incassati da Silvio Berlusconi dopo la sentenza sul caso Mondadori.
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