I numeri della disoccupazione in Italia
Li ha pubblicati ieri l'ISTAT, sono decisamente brutti, ma ci sono un po' di cose da spiegare su quello che dicono
Venerdì 28 febbraio l’ISTAT ha diffuso i dati su occupazione e disoccupazione in Italia. Il tasso di disoccupazione è aumentato dello 0,2 per cento rispetto a dicembre, raggiungendo il 12,9 per cento. In numeri assoluti, significa che ci sono 60 mila disoccupati in più rispetto a dicembre e 260 mila in più rispetto al gennaio 2013: in totale, 3.293.000 persone. Il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) è aumentato dello 0,3 per cento rispetto a dicembre e dello 0,8 rispetto a un anno fa e ha raggiunto il 42,24 per cento.
La stampa si è occupata molto di questi numeri, che venerdì sera hanno aperto le edizioni dei principali telegiornali e sabato mattina erano sulle prime pagine diversi quotidiani. Il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ha dedicato un tweet a questi nuovi dati.
La disoccupazione è al 12,9%. Cifra allucinante, la più alta da 35 anni. Ecco perché il primo provvedimento sarà il JobsAct #lavoltabuona
— Matteo Renzi (@matteorenzi) February 28, 2014
Ci sono un paio di cose da dire per contestualizzare questi numeri. Come hanno scritto correttamente diversi giornali, 12,9 per cento è il tasso di disoccupazione più alto mai registrato dall’ISTAT (le serie storiche, che potete consultare qui, partono dal 1977). Non è esattamente una novità, però, visto che anche il tasso di disoccupazione (annuale) del 2013 – diffuso qualche settimana fa – mostrava un valore record: 12,2 per cento, superiore al precedente record dell’11,3 raggiunto nel 1998.
Mentre la stampa ha parlato molto dei dati sulla disoccupazione, si è parlato meno di un altro dato diffuso dall’ISTAT, quello sull’occupazione. Ricordiamo brevemente la differenza tra i due dati: quello di disoccupazione si ottiene calcolando il numero di persone che cercano attivamente un lavoro, senza trovarlo, sul totale della popolazione attiva (cioè quelli che lavorano più quelli che cercano lavoro). Il tasso di occupazione invece misura chi ha un lavoro sul totale della popolazione considerata in età lavorativa (in genere 15-64 anni). Tenete a mente questa differenza che tra poco tornerà utile.
Tra dicembre 2013 e gennaio 2014 il tasso di occupazione è rimasto stabile al 55,3 per cento, il più basso degli ultimi 14 anni, ma il più alto dal 1977 al 2000 (qui trovate tutti i dati). Inoltre, il numero di occupati, scrive l’ISTAT alla prima riga del suo comunicato stampa, è rimasto sostanzialmente invariato tra dicembre e gennaio (e in diminuzione dell’1,5 per cento rispetto al gennaio 2013). Questo significa che tra dicembre e gennaio le persone che hanno un lavoro sono rimaste costanti: il saldo tra licenziati e nuovi assunti quindi è pari a zero.
Come si spiega allora l’aumento della disoccupazione? Vista la definizione di disoccupazione di poco fa è abbastanza semplice da spiegare. I disoccupati sono coloro che cercano attivamente lavoro e non “coloro che hanno perso il lavoro”. Se d’improvviso aumenta il numero di persone senza lavoro che iniziano a cercarne attivamente uno nuovo, allora il tasso di disoccupazione aumenta anche se il tasso di occupazione rimane costante. Questo accade spesso nei periodi di uscita dalla recessione.
Si tratta di un fenomeno molto conosciuto dagli economisti. Quando un paese esce dalla recessione può capitare che un certo numero di persone che prima non cercavano lavoro (i cosiddetti “scoraggiati”) faccia ritorno sul mercato del lavoro. Difficilmente queste persone troveranno immediatamente una nuova occupazione e quindi, per i primi tempi, andranno ad aumentare il numero dei disoccupati.
Sulla definizione di disoccupazione, e di quella giovanile in particolare, c’è ancora qualcosa da dire. Anche ieri, come succede quasi ogni volta che l’ISTAT diffonde i dati sulle forze lavoro, alcune testate hanno dato la notizia del tasso del 42,24 per cento sostenendo che “quasi un giovane su due è disoccupato”. Se ricordate la definizione di tasso di disoccupazione avete già capito che cosa c’è che non va.
Il tasso di disoccupazione non si calcola sul totale dei giovani (cioè di chi ha tra i 15 e i 24 anni), ma soltanto sui giovani attivi, cioè la somma dei giovani con un lavoro e dei giovani che lo cercano attivamente. I giovani attivi però sono piuttosto pochi: la scuola dell’obbligo in Italia dura fino al sedicesimo anno (compreso). Questo significa che tutti i giovani fino a 17 anni sono automaticamente fuori dal conteggio. A questi vanno aggiunti tutti quelli che completano il liceo, quelli che proseguono gli studi all’università e tutti quelli che per qualsiasi motivo non cercano attivamente un lavoro. Quindi sul totale dei giovani quanti sono i disoccupati? L’11,5 per cento, dice l’ISTAT. Cioè uno su dieci e non uno su due.
Lavoce.info ha notato un altro fenomeno abbastanza preoccupante nella disoccupazione giovanile italiana (oltre al fatto che continua ad aumentare ed è tra le più alte d’Europa). Fino all’inizio del 2012, all’aumento della disoccupazione giovanile si è accompagnata la diminuzione del tasso di inattività (cioè il numero di giovani che non lavorano e non cercano lavoro sul totale della popolazione giovanile). Questo significava che la disoccupazione giovanile aumentava perché una percentuale sempre maggiore di giovani decideva di iniziare a cercare lavoro. Negli ultimi due anni, invece, il tasso di inattività è aumentato insieme a quello di disoccupazione. In altre parole, da due anni a questa parte la disoccupazione giovanile è aumentata perché numerosi giovani hanno perso il loro posto di lavoro, andando ad aumentare il numero degli inattivi e dei disoccupati.