La lettera di Benedetto XVI alla Stampa
«Non c'è il minimo dubbio circa la validità della mia rinuncia», ha scritto per smentire i retroscena secondo cui si dimise a causa di pressioni esterne
La Stampa di oggi ha pubblicato alcuni stralci di una lettera del papa emerito Benedetto XVI – che ha lasciato il papato circa un anno fa, il 28 febbraio 2013 – nella quale Ratzinger smentisce che sia stato costretto a “dimettersi” a causa di alcune pressioni riguardo la gestione dei casi di pedofilia nella Chiesa e della vicenda di alcuni documenti sottratti dal suo collaboratore Paolo Gabriele: e che quindi, secondo quanto scritto da alcuni, la sua scelta non sia avvenuta “liberamente”, una delle due condizioni previste dal diritto canonico per riconoscerne la validità (la seconda è che la rinuncia venga “debitamente manifestata”).
L’ipotesi, come spiega lo stesso articolo nel quale è contenuta la lettera, era circolata da giorni su alcuni giornali italiani: Antonio Socci, su Libero, aveva scritto che «per ottenere una decisione in tal senso [la rinuncia papale] si può premere in molti modi. Non necessariamente con un’imposizione diretta» e che «il problema della validità canonica delle sue dimissioni è enorme». Andrea Tornielli, uno dei vaticanisti della Stampa, ha quindi scritto a Ratzinger per chiedergli spiegazioni, ottenendo una risposta due giorni dopo, il 18 febbraio. Le presunte pressioni sul Papa erano già state smentite dall’arcivescovo Georg Gänswein, segretario di Benedetto XVI, nel corso di un’intervista a Famiglia Cristiana pubblicata il 10 febbraio 2014.
«Non c’è il minimo dubbio circa la validità della mia rinuncia al ministero petrino» e le «speculazioni» in proposito sono «semplicemente assurde». Joseph Ratzinger non è stato costretto a dimettersi, non l’ha fatto a seguito di pressioni o complotti: la sua rinuncia è valida e oggi nella Chiesa non esiste alcuna «diarchia», nessun doppio governo. C’è un Papa regnante nel pieno delle sue funzioni, Francesco, e un emerito che ha come «unico e ultimo scopo» delle sue giornate quello di pregare per il suo successore.
Dal monastero «Mater Ecclesiae» dentro le mura vaticane, il Papa emerito Benedetto XVI ha preso carta e penna per stroncare le interpretazioni sul suo storico gesto di un anno fa, rilanciate da diversi media e sul web in occasione del primo anniversario della rinuncia. Lo ha fatto rispondendo personalmente a una lettera con alcune domande che gli avevamo inviato nei giorni scorsi, dopo aver letto alcuni commenti sulla stampa italiana e internazionale riguardanti le sue dimissioni. In modo sintetico ma precisissimo, Ratzinger ha risposto, smentendo i presunti retroscena segreti della rinuncia e invitando a non caricare di significati impropri alcune scelte da lui compiute, come quella di mantenere l’abito bianco anche dopo aver lasciato il ministero di vescovo di Roma.
Come si ricorderà, con un clamoroso e inatteso annuncio, l’11 febbraio 2013 Benedetto XVI comunicava ai cardinali riuniti in concistoro la sua libera decisione di dimettersi «ingravescente aetate», per motivi di età: «Sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino». Annunciava anche che la sede apostolica sarebbe stata vacante a partire dalla sera del 28 febbraio: i cardinali si sarebbero riuniti per procedere con l’elezione del successore. Nei giorni successivi, Ratzinger faceva sapere che avrebbe mantenuto il nome di Benedetto XVI (che compare anche in calce alla fine della lettera), che si sarebbe definito d’ora in avanti «Papa emerito» (come risulta anche dall’intestazione a stampa della stessa lettera) e avrebbe continuato a indossare l’abito bianco, anche se semplificato rispetto a quello del Pontefice, vale a dire senza la mantelletta (chiamata «pellegrina») e senza la fascia.
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foto: AP Photo/Gregorio Borgia