Le ultime incredibili 72 ore in Ucraina
Yanukovych è stato rimosso dalla presidenza e ora è ricercato per strage, ma è successo anche altro: dalla liberazione di Tymoshenko alle ipotesi di secessione della Crimea
Nelle ultime 72 ore in Ucraina sono successe moltissime cose, alcune inaspettate e improvvise, che hanno cambiato radicalmente la politica del paese. Dopo l’accordo firmato venerdì tra l’ormai ex presidente Viktor Yanukovych e le opposizioni, il parlamento ucraino ha riadottato la Costituzione del 2004 riappropriandosi così di molti dei poteri che erano nelle mani del presidente: nelle successive 48 ore, tra le altre cose, il parlamento ha rimosso dal suo incarico Yanukovych e diversi membri del precedente governo, ha indetto elezioni anticipate per il 25 maggio, ha depenalizzato il reato per cui era in carcere l’ex primo ministro Yulia Tymoshenko permettendone la liberazione e ha nominato un nuovo presidente ad interim, Oleksander Turchinov, molto vicino a Tymoshenko e di orientamento filo-europeo. Nel frattempo si sono perse le tracce di Yanukovych (è stato visto l’ultima volta in Crimea) e il suo partito, il Partito delle Regioni di orientamento filo-russo, lo ha “scaricato” attribuendogli tutte le responsabilità della dura repressione della scorsa settimana contro i manifestanti anti-governativi di piazza Indipendenza a Kiev, chiamandolo “traditore”: ora Yanukovych è ricercato per strage.
Il mandato di arresto per Yanukovych e la reazione della Russia
Lunedì mattina la politica ucraina è tornata a correre come nei tre giorni precedenti: il ministro degli Interni ha detto che è stato emesso un mandato d’arresto per Yanukovych, con l’accusa di strage, e ha fatto sapere che verrà portata avanti un’indagine sulla presenza di cecchini della polizia durante gli scontri della scorsa settimana (qui un video molto crudo e impressionante di cecchini che sparano sui manifestanti). Domenica è arrivata anche la risposta “diplomatica” della Russia: dopo le condanne dei giorni scorsi nei confronti delle opposizioni ucraine – tra cui l’accusa di non avere rispettato l’accordo di venerdì “licenziando” Yanukovych – il governo russo ha richiamato il suo ambasciatore a Kiev, Mikhail Zurabov, per svolgere delle consultazioni.
Negli ultimi giorni è diventata sempre più urgente anche la questione economica: come ha detto il parlamentare Arseniy Yatseniuk, l’Ucraina si trova in «bancarotta». Secondo il nuovo ministro delle Finanze ucraino, Yuriy Kolobov, al paese servirebbero urgentemente circa 25 miliardi di dollari in aiuti esteri, che fino a pochi giorni fa sembravano poter essere in parte coperti dalla Russia: secondo un accordo firmato tra i due paesi, il governo russo avrebbe investito 15 miliardi di dollari in titoli di stato ucraini e avrebbe ridotto il prezzo del gas che fornisce all’Ucraina di circa un terzo. Dopo l’allontanamento di Yanukovych, il ministro delle Finanze russo Anton Siluanov non ha ancora chiarito se il suo governo è disposto ad avviare la prossima tranche di investimenti, pari a 2 miliardi di dollari. L’Unione Europea è comunque disposta a sostenere l’economia dell’Ucraina con un prestito da 20 miliardi di euro, ha detto il presidente della commissione Affari esteri del Parlamento europeo, Elmar Brok.
Il vecchio e il nuovo presidente
Di Viktor Yanukovych non si sa praticamente nulla da venerdì sera, quando l’ex presidente ha lasciato Kiev per andare nella città di Kharkiv, vicino al confine con la Russia, dove nella mattinata di sabato c’è stata una riunione del suo partito. Sabato è stato diffuso dalla televisione ICT un messaggio preregistrato in cui Yanukovych ha fatto sapere di non riconoscere le decisioni del Parlamento ucraino, che ritiene illegittime, e di considerarsi ancora il presidente dell’Ucraina. Yanukovych è stato visto l’ultima volta in Crimea, ha scritto Associated Press, la regione dell’Ucraina che ha i legami più forti con la Russia.
Nel frattempo si è insediato alla presidenza Oleksandr Turchynov, che manterrà quel ruolo fino alle elezioni presidenziali del 25 maggio. Turchynov è uno stretto alleato di Yulia Tymoshenko, e ha già detto che d’ora in avanti l’Ucraina si concentrerà su una più stretta integrazione con l’Unione Europea. In un discorso alla nazione trasmesso dalla televisione ucraina, Turchynov ha parlato di «governo del popolo» e della necessità di «tornare a far parte della famiglia dei paesi europei», e ha aggiunto che il Parlamento ucraino ha tempo fino a martedì per formare un nuovo governo di unità nazionale. Per quanto riguarda le elezioni presidenziali di maggio, una delle candidate dovrebbe essere proprio Tymoshenko, che ha rinunciato alla possibilità di ricoprire di nuovo la carica di primo ministro per provare a diventare presidente. Un altro candidato potrebbe essere Vitali Klitschko – ex campione di boxe, capo del partito liberale di centrodestra Udar e uno dei leader più importanti delle proteste.
Perché si parla di Crimea?
Negli ultimi giorni diversi giornalisti hanno cominciato a occuparsi della Crimea, penisola sulla costa settentrionale del Mar Nero amministrata dalla Repubblica autonoma di Crimea, e della possibilità di una sua secessione dall’Ucraina per unirsi alla Russia. La Crimea, come ha scritto Simon Shuster su Time, è «l’unico pezzo di Ucraina dove la rivoluzione non è riuscita a prendere piede»: qui il nazionalismo russo è fortissimo e Sebastopoli, una delle città più grandi della Crimea dove i cittadini si sentono più russi che ucraini, è sede di una base navale russa che ospita circa 25mila soldati. Quando venerdì le opposizioni hanno preso il controllo del parlamento, in Crimea «si è diffuso il panico»: in alcune città, come Simferopoli, i cittadini hanno iniziato a firmare petizioni per creare delle brigate di difesa della Crimea da usare in caso di necessità, e diverse autorità locali hanno chiesto aiuto al governo russo.
La Crimea è stata anche una delle poche regioni dell’Ucraina ad accogliere come degli eroi i Berkut, la divisione della polizia in tenuta anti-sommossa considerata la principale responsabile dei massacri di giovedì e venerdì della scorsa settimana a Kiev. È anche tra le poche regioni del paese che il parlamento di Kiev sembra non riuscire proprio a controllare: Vadim Kolesnichenko, un membro del parlamento proveniente dalla Crimea e di orientamento fortemente filo-russo, ha parlato alla riunione del Partito delle Regioni che si è tenuta sabato a Kharkiv, definendo i manifestanti anti-governativi di Kiev dei “terroristi”. Kolesnichenko ha detto: «La coesione e la sicurezza dell’Ucraina sono minacciate. Cinque centrali nucleari sono sotto la minaccia di estremisti e terroristi. Fintanto che i rivoluzionari si rifiuteranno di deporre le armi e di lasciare gli edifici governativi, le autorità locali della Crimea e dell’Ucraina orientale ignoreranno tutte le loro decisioni e si prenderanno la responsabilità di mantenere da soli l’ordine costituzionale».