L’Iraq comprerà armi dall’Iran?
C'è un accordo, dice Reuters, che se confermato sarebbe il primo di questo tipo tra i due paesi e sarebbe una grave violazione delle sanzioni imposte dall'ONU sull'Iran
Lunedì l’agenzia Reuters ha scritto che lo scorso novembre il governo iracheno ha firmato un accordo con l’Iran per l’acquisto di diversi tipi di armi: secondo Ahmed Rasheed, il giornalista di Reuters che ha visto il testo dell’accordo, l’Iran venderà all’Iraq munizioni per artiglieria e carri armati, occhiali per visione diurna e notturna, dispositivi di protezione contro gli agenti chimici, apparecchiature per le comunicazioni e anche munizioni per armi di fabbricazione americana, per un valore totale di 195 milioni di dollari. Se confermato, l’accordo sarebbe il primo riguardante la vendita di armi tra Iran e Iraq e avrebbe conseguenze significative sul rapporto di alleanza dell’Iraq con gli Stati Uniti: sarebbe infatti una violazione dell’embargo imposto dalle Nazioni Unite sull’Iran e un ulteriore segno dell’avvicinamento del governo iracheno a quello iraniano.
Rasheed sostiene che l’accordo è arrivato dopo il rifiuto degli Stati Uniti di inviare altre armi richieste dall’Iraq: il governo iracheno è impegnato dalla fine del 2013 in una battaglia molto dura contro i militanti di al Qaida e dello Stato Islamico dell’Iraq e del Levante (ISIS, organizzazione sunnita prima appartenente alla branca irachena di al Qaida ma recentemente disconosciuta dai vertici qaedisti), che ormai da diverse settimane mantengono il controllo di alcune parti del territorio occidentale del paese, tra cui la città di Fallujah, e minacciano la stabilità del governo centrale di Baghdad. Nella regione irachena occidentale di Anbar arrivano già armi leggere e munizioni mandate dagli Stati Uniti, ritenute però non sufficienti dal governo iracheno: nello specifico, l’amministrazione americana sta inviando missili Hellfire e droni per la sorveglianza di supporto alle forze irachene e ha inoltre messo pressione al Senato affinché approvi la vendita degli elicotteri Apache. Convincere il Congresso però non è semplice: l’ostacolo più grande è legato ai rapporti che il governo iracheno continua a tenere con quello iraniano. Per esempio, il Congresso chiede che l’Iraq adotti le misure necessarie per impedire all’Iran di utilizzare lo spazio aereo iracheno per mandare rifornimenti e assistenza militare al regime siriano di Bashar al Assad.
Un portavoce del primo ministro iracheno non ha confermato né negato l’accordo, ma ha detto che le condizioni attuali piuttosto complicate e difficili dell’Iraq lo giustificherebbero: «Stiamo lanciando una guerra contro il terrorismo e vogliamo vincere questa guerra. Niente ci impedisce di comprare armi e munizioni da qualsiasi parte e sono solo le munizioni che ci aiuteranno a combattere i terroristi». Il governo iraniano ha negato invece di avere concluso l’accordo. Un funzionario del governo americano ha detto a Reuters che l’accordo è una diretta violazione della risoluzione ONU che stabilisce il divieto di comprare armi dall’Iran, e non fa altro che complicare i negoziati tra Stati Uniti e Iran sul nucleare iraniano (negoziati che finora hanno portato faticosamente a modesti risultati, come l’allentamento delle sanzioni internazionali imposte sull’economia iraniana).
Secondo diversi esperti e osservatori del Medio Oriente, l’accordo sarebbe in realtà una mossa del primo ministro iracheno, lo sciita Nuri al-Maliki, per ottenere un più ampio appoggio politico da parte dell’Iran, che gli sarebbe utile in vista delle prossime elezioni parlamentari fissate per fine aprile. Una più forte alleanza tra Iran e Iraq – entrambi paesi a maggioranza sciita – è vista con timore dagli Stati Uniti, perché potrebbe significare un aumento dell’influenza iraniana nella politica irachena (e quindi una diminuzione dell’influenza americana nella regione mediorientale del Golfo). Di questo si parla da diversi anni, specialmente dopo il ritiro delle truppe americane dall’Iraq nel dicembre 2011, e un eventuale accordo sulla vendita di armi non farebbe altro che accelerare il processo.