L’arresto di “El Chapo” Guzmán
È ritenuto il narcotrafficante più ricco del Messico e il leader del cartello di Sinaloa, una delle più importanti organizzazioni dei narcos: era latitante da 13 anni
Sabato 22 febbraio i soldati della marina messicana e gli agenti della DEA americana hanno arrestato Joaquín “El Chapo” Guzmán, leader del cartello di Sinaloa, una delle più importanti organizzazioni di narcotrafficanti messicani (i cosiddeti “narcos”). Guzmán era evaso da una prigione messicana nel 2001 e per 13 anni è riuscito a sfuggire alla cattura.
Guzmán è stato arrestato nella città di Mazatlan, nello stato di Sinaloa, sulla costa nord-occidentale del Messico. L’operazione è durata quattro settimane e l’arresto è avvenuto senza sparare un colpo. Guzmán è stato trovato in compagnia di una donna. Dopo l’arresto è stato trasportato a Città del Messico, dove è stato mostrato alla stampa prima di essere trasferito in prigione.
Il dipartimento di Stato americano aveva offerto 5 milioni di dollari (3,6 milioni di euro) per informazioni che portassero alla cattura di Guzmán. Nel 2013, la commissione anticrimine di Chicago, una dalle città degli Stati Uniti dove arriva gran parte del traffico di droga messicano, aveva dichiarato Guzmán “nemico pubblico numero uno”, il “titolo” che era stato inventato 80 anni fa per il mafioso italo-americano Al Capone.
Guzmán, che dovrebbe avere intorno ai 56 anni, è uno dei più famosi narcotrafficanti messicani. Il suo soprannome, “El Chapo”, significa “il piccolo” e deriva dalla sua altezza, un metro e 67 centimetri. Guzmán venne arrestato per la prima volta nel 1993 in Guatemala, ma nel 2001 riuscì a corrompere alcuni agenti della prigione messicana dove era detenuto e a fuggire nascosto in un carrello della lavanderia. Nel 2012, Patrick R. Keefe gli dedicò un lungo articolo sul New York Times in cui ricostruiva le sue attività e come avesse fatto a diventare uno dei narcotrafficanti più potenti del mondo, senza farsi catturare per molti anni.
È una figura quasi mitica in Messico, il protagonista di infinite canzoni popolari, che è sopravvissuto a nemici e complici, negando il patto implicito di una vita nel traffico della droga: che le carriere siano scintillanti ma brevi e che finiscano sempre in prigione o nella tomba.
Nel corso degli anni è sempre riuscito a sfuggire alla cattura grazia alla sua capacità di corrompere giudici, funzionari locali e agenti di polizia. I suoi rifugi, sparsi nello stato di Sinaloa, erano spesso collegati gli uni con gli altri da una rete di tunnel e protetti da porte d’acciaio in grado di rallentare gli agenti mentre Guzmán fuggiva nei sotterranei.
Guzmán è considerato il narcotrafficante più ricco del Messico e dal 2009 è inserito ogni anno nella lista della cento persone più potenti del mondo di Forbes. Secondo le stime il suo patrimonio si aggira intorno a un miliardo di dollari (circa 700 milioni di euro). Il cartello di Sinaloa è ritenuto il responsabile del 25 per cento di tutte le importazioni di marijuana, cocaina e metamfetamine che arrivano negli Stati Uniti.
Il presidente del Messico, Enrique Peña Nieto, eletto nel luglio del 2012, ha ringraziato su Twitter le diverse agenzie che hanno permesso l’arresto di Guzmán. Secondo Will Grant, corrispondente di BBC da Città del Messico, l’arresto è un successo molto importante per la sua amministrazione.
Reconozco la labor de las instituciones de seguridad del Estado mexicano, para lograr la aprehensión de Joaquín Guzmán Loera en Mazatlán.
— Enrique Peña Nieto (@EPN) February 22, 2014
Durante la campagna elettorale e nel corso del suo mandato, Nieto aveva promesso un cambio di strategia nella lotta al narcotraffico rispetto a quella adottata dal suo predecessore, Felipe Calderón. Nieto aveva criticato la cosiddetta “guerra totale ai cartelli”, una strategia che aveva come obbiettivo l’eliminazione dei leader dei cartelli tramite una risposta essenzialmente militare, attraverso l’uso massiccio dell’esercito.
Secondo Nieto, questa strategia otteneva l’effetto collaterale di generare vuoti di potere tra i cartelli e sanguinose guerre di successione per riempirli. L’approccio di Nieto, almeno nelle intenzioni, è più sociale e mira ad agire sulle cause del narcotraffico (ne avevamo parlato qui). In realtà, negli ultimi mesi, anche sotto la presidenza Nieto ci sono stati diversi arresti spettacolari di grandi narcotrafficanti, che hanno fatto dubitare della reale capacità del nuovo presidente di cambiare le modalità di contrasto ai narcos. Agli arresti sono seguite “parate” dei narcotrafficanti messi in mostra davanti alla stampa, esattamente come si faceva all’epoca di Calderón – un’abitudine che Nieto ha criticato diverse volte.