90 anni di loghi olimpici
Cose belle ma anche cose orrende, nella collezione di loghi che storicamente suscitano più reazioni e coinvolgimento
La scelta del logo ufficiale è uno degli aspetti laterali delle Olimpiadi che suscita puntualmente un dibattito piuttosto coinvolgente sia tra gli addetti ai lavori sia tra gli osservatori di passaggio, anche quelli ai quali la manifestazione sportiva in sé magari neppure interessa più di tanto. Artisti e aziende di design si assumono tradizionalmente l’onore e la responsabilità della creazione del logo, ben consapevoli di esporsi anche alle possibili critiche di milioni di persone in tutto il mondo, dato che quel logo finisce poi in televisione, sui biglietti delle gare e in tutti gli oggetti di merchandising.
Il logo delle Olimpiadi invernali di Sochi 2014, per esempio, creato dall’artista svizzero Christoph Marti dell’azienda Interbrand, è stato apprezzato per lo stile “pulito” e minimalista. Guo Chunning, creatore del logo dei Giochi di Pechino 2008, ha osservato che quello di Sochi – insieme a quello di Città del Messico 1968 e Londra 2012 – è probabilmente l’unico a non avere elementi disegnati ma soltanto lettering.
Il logo di Sochi è stato anche apprezzato da chi – guardando alla lunga storia dei loghi delle Olimpiadi invernali, a partire da quelle di Parigi del 1924 – ricorda che sarebbe potuta andare molto peggio.