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  • Mercoledì 5 febbraio 2014

La Libia ha distrutto le sue armi chimiche

10 anni fa Gheddafi iniziò a eliminarle per farsi amico l'Occidente: il processo è finito solo oggi ma potrebbe essere un modello anche per la Siria

Tanks with unidentified chemicals are store at the entrance of an ammunition storage bunker in the southern Libyan town of Waddan in the oasis of Joffra on November 1, 2011. At least 150 ammunition storage bunkers have been located in the Rawaga valley of which two or three contain chemical mustard gas, according to media reports. AFP PHOTO/PHILIPPE DESMAZES (Photo credit should read PHILIPPE DESMAZES/AFP/Getty Images)
Tanks with unidentified chemicals are store at the entrance of an ammunition storage bunker in the southern Libyan town of Waddan in the oasis of Joffra on November 1, 2011. At least 150 ammunition storage bunkers have been located in the Rawaga valley of which two or three contain chemical mustard gas, according to media reports. AFP PHOTO/PHILIPPE DESMAZES (Photo credit should read PHILIPPE DESMAZES/AFP/Getty Images)

Il ministro degli Esteri libico, Mohamed Abdelaziz, ha annunciato che il 26 gennaio la Libia ha completato il processo di distruzione di tutte le sue armi chimiche, principalmente bombe e proiettili d’artiglieria riempiti con gas mostarda. Il processo era iniziato nel 2004, quando l’allora presidente libico Muammar Gheddafi aveva firmato la Convenzione per la proibizione delle armi chimiche per avvicinarsi all’Occidente dopo gli anni difficili delle sanzioni internazionali: gli sforzi per il disarmo si erano però interrotti durante la guerra che aveva portato alla caduta del regime di Gheddafi, ed erano poi ripresi recentemente tra le molte difficoltà provocate dall’instabilità politica interna del paese. Il traguardo raggiunto dalla Libia è considerato un successo molto importante per l’organizzazione dell’ONU che si occupa di armi chimiche, specialmente in vista del difficile disarmo intrapreso nelle ultime settimane dalla Siria di Bashar al Assad.

Il capo dell’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (OPAC) ha spiegato che la Libia ha ancora riserve di precursori chimici – cioè sostanze che se mescolate opportunamente tra loro e sottoposte a particolari reazioni chimiche possono diventare pericolose – che dovranno essere distrutte entro la fine del 2016. Il programma non ha invece riguardato le scorte di uranio concentrato, o yellowcake, sostanza che può essere utilizzata nella preparazione di combustibile per i reattori nucleari: tuttavia il grande magazzino di yellowcake scoperto alla fine del 2011 a Sebha, principale città meridionale della Libia, è stato messo in sicurezza in collaborazione con l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica. Il Centro di studi strategici di Tripoli ha chiesto alle autorità libiche di garantire che le scorte di uranio concentrato vengano usate a beneficio dei libici, nello “sviluppo industriale e agricolo e nella produzione dell’energia pulita”.

Quando nel 2004 la Libia firmò la Convenzione per la proibizione delle armi chimiche, Gheddafi dichiarò di possedere 13 tonnellate di gas mostarda ma di aver già distrutto le munizioni necessarie per trasportarlo. Prima di essere deposto nell’ottobre 2011, Gheddafi distrusse circa il 54 per cento delle sue scorte di gas mostarda e circa il 40 per cento delle sostanze chimiche usate per produrlo. Il processo di disarmo riprese nel 2012, diversi mesi dopo la fine della guerra, sotto la supervisione degli esperti dell’OPAC. Si è poi intensificato nel settembre 2013, quando la Libia ha firmato un accordo di cooperazione con il governo statunitense, preoccupato che le sostanze tossiche finissero nelle mani delle molte milizie che controllano ancora diverse parti del territorio libico.

Lo stesso ministro degli Esteri libico ha riconosciuto la fondamentale cooperazione del suo governo con alcuni stati stranieri, soprattutto per avere messo a disposizione delle autorità libiche una tecnologia molto avanzata che loro non possedevano: «Il raggiungimento di questo traguardo non sarebbe stato possibile in così poco tempo senza gli sforzi fatti dalla comunità internazionale, o senza il supporto logistico e l’assistenza tecnica di Canada, Germania e Stati Uniti, che ci hanno dato l’opportunità di usare una tecnologia avanzata, sicura e affidabile», ha detto il ministro.