Il discorso di Obama in 8 punti
Il presidente degli Stati Uniti ha promesso di usare i suoi poteri per aggirare l'immobilità del Congresso (e non ha aumentato il salario minimo: è più complicata di così)
di Francesco Costa – @francescocosta
Martedì 28 gennaio alle 21, mentre in Italia erano le tre del mattino di mercoledì 29, Barack Obama ha rivolto al Congresso il discorso sullo stato dell’Unione: l’annuale discorso in cui il presidente degli Stati Uniti rende conto delle condizioni della nazione e descrive le sue priorità per l’anno a venire: visto da qui, è una cosa a metà tra il discorso di insediamento con cui un presidente del Consiglio chiede la fiducia e il discorso di fine anno del presidente della Repubblica.
Obama è arrivato a questo discorso in una situazione paradossale: nel miglior momento per l’economia degli Stati Uniti da quasi dieci anni e nel peggior momento per la sua personale popolarità, dopo un anno in cui la sua agenda legislativa si è scontrata con l’ostruzionismo dei repubblicani al Congresso. I repubblicani controllano la maggioranza dei seggi alla Camera e, benché siano minoranza al Senato, hanno la possibilità di fermare l’approvazione di gran parte delle leggi. Obama ha parlato soprattutto di misure economiche, dedicando meno spazio a temi come i cambiamenti climatici o le armi, puntando sulle questioni su cui può essere più facile trovare un compromesso con i repubblicani in un anno elettorale: a novembre si vota per le elezioni di metà mandato. Ma anche le misure economiche di cui ha parlato sono soprattutto aggiustamenti, niente di epocale: un po’ perché nelle condizioni attuali i piani epocali sarebbero un bersaglio gradito dai repubblicani, un po’ perché l’economia statunitense non sta così bene dal 2005.
1. Salario minimo
Obama ha detto di voler fare del 2014 «un anno di azione», nel passaggio centrale del suo discorso, promettendo di utilizzare gli ordini esecutivi per aggirare l’immobilità del Congresso.
«L’America non sta ferma – e non starò fermo nemmeno io. Ogni volta che potrò fare qualcosa, anche in assenza di azioni legislative, per estendere le opportunità a disposizione delle famiglie americane, lo farò.»
L’ordine esecutivo è un decreto emanato dal presidente: ha forza di legge ma anche conseguenze limitate, senza un voto del Congresso. La modifica principale che Obama intende proporre con un ordine esecutivo è l’aumento del salario minimo da 7,25 a 10,10 dollari l’ora, ma un ordine esecutivo può farlo soltanto per i nuovi contratti dei dipendenti del governo – neanche per tutti i dipendenti del governo, e certo non per tutti i lavoratori americani. Per estendere a tutti l’aumento servirà il voto del Congresso – «Date un aumento all’America», ha chiesto Obama ai parlamentari – ma lo speaker della Camera John Boehner ha già ribadito l’opinione contraria del partito repubblicano. La proposta di aumentare il salario minimo è popolare tra gli americani: la gran parte degli analisti concorda sul fatto che i democratici la useranno molto in campagna elettorale.
2. Altre cose che passeranno con gli ordini esecutivi
Altre cose che Obama introdurrà via ordine esecutivo: offrire ai lavoratori i cui datori di lavoro non offrono i contributi pensionistici la possibilità di aprire un conto corrente per i propri risparmi a condizioni vantaggiose; imporre nuovi standard di efficienza ecologica per automobili e camion; aprire nuovi istituti di formazione professionale e rinnovare quelli esistenti, per permettere con più facilità la riqualificazione della forza lavoro.
3. Altre cose per cui non basteranno gli ordini esecutivi
Obama ha chiesto al Congresso di rinnovare i sussidi di disoccupazione che sono appena scaduti per 1,6 milioni di persone e ha invitato i repubblicani a interrompere i loro tentativi di abolire la riforma sanitaria approvata nel marzo del 2011. Ha chiesto nuove e più efficaci norme per l’uguaglianza tra uomini e donne sul posto di lavoro – «è tempo di liberarci di politiche e comportamenti che sembrano usciti da un episodio di Mad Men» – e, scegliendo le parole particolarmente con cura, ha ricordato ai repubblicani della Camera che un loro voto può far entrare in vigore l’importante riforma dell’immigrazione già approvata dal Senato, che permetterebbe a 11 milioni di persone irregolari – ma in America da tanto tempo, spesso con famiglie e professioni – di ottenere la cittadinanza, a certe condizioni.
4. Sul resto del mondo
Obama non ha dedicato molto spazio alla politica estera, ma ha promesso che sosterrà l’opposizione siriana che non è compromessa col terrorismo, che metterà il veto su qualsiasi tentativo legislativo metta a rischio i colloqui con l’Iran (i repubblicani minacciano spesso di approvare sanzioni economiche) e ha detto, poi: «questo dev’essere l’anno» in cui si chiude la prigione di Guantanamo, a Cuba. Obama ha firmato due ordini esecutivi per chiudere Guantanamo, il primo appena due giorni dopo il suo primo insediamento, ma il Congresso si è sempre opposto sostenendo che i suoi detenuti sono impossibili da condannare in un tribunale ordinario e impossibili da rilasciare perché potenziali terroristi.
5. La storia di Cory Remsburg
Il momento più intenso del discorso è stato il saluto di Obama al sergente Cory Remsburg, che Obama conobbe nel 2009 e che pochi mesi dopo fu gravemente ferito da una bomba in Afghanistan. Remsburg restò a lungo in coma farmacologico, a causa dei danni al cervello, e anche dopo il suo risveglio non era in grado di muoversi né di parlare: oggi, dopo molta riabilitazione e nuovi interventi chirurgici, è ancora cieco da un occhio ma è in grado di parlare e stare in piedi. Quando Obama ha raccontato la sua storia, tutti i parlamentari si sono alzati in piedi per applaudirlo: si è alzato anche Remsburg, che ha salutato e fatto “OK” con la mano verso la platea.
6. Cosa se ne dice?
La stampa e gli analisti concordano su alcune cose, riguardo questo discorso. Innanzitutto sul fatto che è stato in qualche modo una presa d’atto del brutto anno trascorso dall’amministrazione Obama, e mostra quanto meno un tentativo di tirarsi fuori dai guai degli ultimi mesi. Quando un presidente annuncia che farà ricorso con più frequenza agli ordini esecutivi è perché non riesce a fare avanzare “normalmente” la sua agenda legislativa. «La frustrazione del presidente verso i repubblicani al Congresso non è un segreto», scrive il blog politico di NBC News, «e quell’esasperazione è stata evidente in alcuni passaggi del discorso».
Secondo il Wall Street Journal il discorso di Obama è stato «essenzialmente un manifesto, volto a dare nuovo vigore a un’agenda che langue e guidare la sua presidenza nelle forti divisioni ideologiche di Washington. L’obiettivo era mostrarlo come il difensore degli americani in difficoltà». Il New York Times la mette praticamente allo stesso modo: «il discorso ha preso atto dell’ovvio: il Congresso è diventato una strada senza sbocco per qualsiasi forte e ambiziosa iniziativa legislativa». Nessuno pensa però che il discorso di Obama cambierà significativamente qualcosa, e ne sono prova le reazioni dei repubblicani.
7. Le risposte
È tradizione che il partito di opposizione tenga una “risposta” al discorso del presidente, trasmessa dai network televisivi poco dopo la fine del discorso al Congresso. Stanotte il discorso “ufficiale” di risposta è stato tenuto dalla deputata Cathy McMorris Rodgers, eletta dal 2004 a Washington, capogruppo dei repubblicani alla Camera e donna repubblicana di più alto rango al Congresso. Ma hanno fatto discorsi “non ufficiali” anche i senatori repubblicani Rand Paul e Mike Lee. Dicendo più o meno tutti la stessa cosa, che poi è la stessa che dicono da anni: bisogna tagliare le tasse, invece che «rendere difficile la vita degli americani con la spesa pubblica».
8. Testo, video
Qui il testo integrale del discorso, di seguito il video.