I 4 punti in ballo sulla legge elettorale
Le soglie di sbarramento e premio, le liste bloccate, le candidature multiple: chi vuole cambiare cosa e che aria tira
Da quando lo scorso 20 gennaio il segretario del PD, Matteo Renzi, ha illustrato l’accordo politico trovato dal Partito Democratico, da Forza Italia e da Nuovo Centrodestra sulla riforma elettorale, le proposte di eventuali modifiche alla legge sono il principale tema di discussione della politica italiana: e al centro dell’attenzione c’è la domanda “riuscirà Renzi a fare approvare una nuova legge elettorale? E con quali compromessi?”.
La legge elettorale proposta è un sistema proporzionale “corretto”, chiamato dalla stampa “Italicum”: è stata depositata alla commissione Affari Costituzionali della Camera e i deputati hanno presentato fin qui circa 320 emendamenti per modificare la bozza: una trentina di questi viene da deputati del PD, sebbene Renzi abbia detto più volte che cambiare la riforma metterebbe in discussione l’intero accordo politico (che prevede anche abolizione del Senato e riforma del Titolo V della Costituzione), ma ci sono emendamenti anche da deputati di Forza Italia e Nuovo Centrodestra, oltre che naturalmente dall’opposizione.
Questi sono i principali punti in discussione della legge, quelli con le maggiori richieste di modifica.
Le soglie di sbarramento
Fatta eccezione per le minoranze linguistiche, che rispondono a criteri diversi, ricevono seggi queste coalizioni:
– quelle che ottengono a livello nazionale almeno il 12 per cento e che contengano almeno una lista che abbia ottenuto a livello nazionale almeno il 5 per cento;
– le liste coalizzate che ottengono a livello nazionale almeno il 5 per cento;
– le liste non coalizzate che ottengono a livello nazionale almeno l’8 per cento.
La minoranza del PD chiede che siano abbassate le soglie di sbarramento per le liste coalizzate e per quelle non coalizzate. Un emendamento di NCD chiede di abbassare la soglia nazionale per le coalizioni dal 12 all’8 per cento. La richiesta è condivisa anche da alcuni partiti di opposizione, su tutti la Lega Nord e Sinistra Ecologia Libertà, che salvo grandi recuperi rispetto ai sondaggi di questi giorni sarebbero direttamente danneggiati dalla norma e resterebbero fuori dal Parlamento.
Né il PD né Forza Italia né NCD hanno proposto ufficialmente di cambiare gli sbarramenti e Renzi ne ha più volte difeso il principio, ricordando gli altri paesi in cui esistono e rivendicando di aver promesso di liberare i governi futuri dai ricatti dei piccoli partiti. Secondo alcune ipotesi dei giornali di lunedì esiste una piccola possibilità che gli sbarramenti per le liste coalizzate e per i partiti all’interno delle coalizioni vengano abbassati dal 5 al 4 per cento, per venire incontro alle richieste della minoranza del PD e dell’opposizione, ma al momento Forza Italia non sembra disponibile a discuterne.
La soglia per il ballottaggio
La legge prevede un ballottaggio tra le due coalizioni o i due partiti non coalizzati più votati, se nessuno supererà il 35 per cento dei voti. Questo vuol dire che se un solo partito/coalizione otterrà più del 35 per cento dei voti, otterrà un premio di maggioranza che lo porterà ad avere il 53-55 per cento dei seggi. La minoranza del PD sostiene che, a fronte del rilevante premio di maggioranza, la soglia per accedervi sia troppo bassa: e molti commentatori ed esperti hanno indicato questo come il punto più debole del progetto di legge, che potrebbe essere bocciato dalla Corte Costituzionale. Secondo le stesse ipotesi circolate oggi la soglia potrebbe essere alzata fino al 37 per cento: un intervento del genere, peraltro, renderebbe più complicato per un singolo partito vincere al primo turno e scoraggerebbe un po’ la costruzione di coalizioni grandi e frastagliate, cosa che potrebbe far piacere anche ai partiti più grandi.
Liste bloccate e preferenze
La legge prevede la suddivisione del territorio nazionale in 120 collegi e la presentazione di liste composte da un elenco di candidati, presentati secondo un ordine numerico. Ogni lista dovrà avere come minimo 3 e come massimo 6 candidati, i cui nomi e cognomi saranno indicati sulla scheda – ma l’elettore potrà votare solo il simbolo: il numero di deputati eletti dipenderà dai voti ottenuti dalla lista nel collegio, mentre sarà l’ordine in lista, stabilito dai partiti, a determinare chi sarà eletto e chi no. Alcuni nella minoranza del PD chiedono che si dia agli elettori la possibilità di esprimere sulla scheda una preferenza tra i candidati, come accadeva in Italia nel corso della Prima Repubblica: Renzi ha detto che in teoria sarebbe favorevole ma che Forza Italia non vuole saperne, e che nella trattativa ha dovuto fare questa concessione per ottenere altro.
Le possibilità che siano introdotte le preferenze al momento sembrano zero, dato che Forza Italia continua a ripetere di essere assolutamente contraria: e a differenza dalle modifiche alle soglie citate sopra, le preferenze hanno sostegni assai meno estesi tra giuristi e politologi (molti dei quali avrebbero preferito un approccio radicalmente diverso, quello dei collegi uninominali).
Candidature multiple
Stando a quanto si legge sui giornali, Nuovo Centrodestra chiederebbe invece di rimuovere il limite alle candidature multiple, che impedisce a un singolo candidato di essere incluso nelle liste di più di un collegio – come era avvenuto fino a oggi – e poi sceglierne uno. Ci sono maggiori possibilità che questo divieto sparisca, come chiede Alfano: lo stesso Renzi sabato ha scritto su Twitter che «non mi ci immolo» (facendo capire invece che si immolerebbe su «ballottaggio, premio, sbarramenti»). Un’altra modifica invece arriverà quasi certamente: il PD ha presentato un emendamento unitario che assegna al governo – cioè al ministro degli Interni, cioè ad Alfano – la delega a determinare i 120 collegi, una volta approvata la legge. Altre ipotesi di cui si è discusso, ma con poche possibilità di concretizzarsi: l’introduzione per legge – in una qualche forma – delle primarie di collegio, per affidare agli elettori la composizione delle liste.
foto: Mauro Scrobogna /LaPresse