C’è un accordo su Homs
Permetterà a donne e bambini di lasciare la città siriana devastata e assediata da 18 mesi: è il primo raggiunto da governo e opposizione ai colloqui di pace di Ginevra
Domenica 26 gennaio, nel secondo giorno di colloqui alla conferenza di pace sulla Siria, a Ginevra, governo e opposizione siriani si sono accordati su qualcosa per la prima volta dall’inizio dei negoziati: il governo ha accettato che le donne e i bambini rimasti bloccati a Homs – città della Siria occidentale vicino al confine con il Libano, assediata da 18 mesi – lascino immediatamente la città e ha concesso a un convoglio umanitario delle Nazioni Unite e della Croce Rossa di raggiungere Homs nei prossimi giorni. L’opposizione ha accettato invece di consegnare al governo siriano una lista di detenuti nelle mani dei ribelli.
L’accordo raggiunto non è particolarmente significativo di una maggiore collaborazione tra governo e opposizione siriani – prima dell’inizio della conferenza di Ginevra la possibilità di stabilire un corridoio umanitario verso Homs era considerato una specie di obiettivo minimo – ma coinvolgerà centinaia di siriani intrappolati in diverse parti della città, di cui molti in condizioni di salute precarie e vulnerabili. Sull’accordo comunque rimangono parecchie diffidenze reciproche: il governo siriano ha chiesto alle opposizioni che gli venga consegnata la lista di nomi degli uomini che vogliono lasciare Homs – condizione che viene vista dalla Coalizione Nazionale Siriana come un sistema che il governo potrebbe potenzialmente usare in futuro per arrestare e torturare i ribelli.
Homs è stato uno dei centri delle protesta nei primi mesi della rivolta contro il regime di Bashar al Assad, nella primavera del 2011. Le manifestazioni iniziarono in forma pacifica, ma molto presto si trasformarono in scontri con le forze di sicurezza siriane. Secondo le opposizioni oggi a Homs ci sarebbero circa 500 famiglie costrette a vivere in una situazione di estrema necessità, con una grave carenza di cibo e medicine. Negli ultimi mesi diversi giornalisti hanno definito Homs una “città fantasma”: le fotografie scattate da lì mostrano interi edifici crollati e quartieri che sembrano disabitati.
La scelta di parlare degli aiuti umanitari nei primi colloqui tra governo e opposizione siriani è stata fatta dal mediatore delle Nazioni Unite, l’algerino Lakhdar Brahimi, per cercare di avvicinare le posizioni delle due delegazioni. Le vere e proprie questioni politiche – come quella della creazione di un governo di transizione che gestisca una eventuale tregua tra le parti – saranno trattate da oggi, ma secondo molti osservatori le possibilità che si possa trovare un accordo significativo sono quasi pari a zero. Il problema più grande è la decisione da parte del governo siriano di non accettare i termini stabiliti dal comunicato finale della conferenza di pace Ginevra I (giugno 2012), frutto di un accordo tra Lega Araba, Stati Uniti e Russia, tra gli altri.
Secondo il governo siriano le condizioni oggi sono molto diverse da quelle di allora. Come ha spiegato a Reuters Bouthaina Shaaban, membro della delegazione governativa siriana a Ginevra, nell’estate del 2012 l’Esercito Libero Siriano – la più grande organizzazione militare di ribelli in Siria riconosciuta come legittima dall’Occidente – prese il controllo di buona parte di Aleppo, la città più grande e centro industriale della Siria, e la caduta di Assad sembrava imminente. Nel giro di un anno, però, il regime riportò equilibrio nella guerra, riconquistando la città di Qusayr e assediando zone in mano ai ribelli a Homs e Damasco. Oggi poi c’è un altro elemento che indebolisce la posizione dei ribelli: le opposizioni siriane non solo sono divise, ma alcuni gruppi sono arrivati a combattersi tra loro, aprendo un nuovo fronte nella guerra siriana.